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Cosa fa una società di distribuzione? Intervista a Claudio Ferrante di Artist First

In cosa si distingue una società di distribuzione rispetto all’etichetta discografica? Claudio Ferrante, fondatore e presidente di Artist First, spiega le specificità di un tipo di azienda di cui sempre più gli artisti hanno bisogno

Autore Billboard IT
  • Il15 Aprile 2018
Cosa fa una società di distribuzione? Intervista a Claudio Ferrante di Artist First

Fra gli operatori del mercato che gestiscono più da vicino i prodotti musicali ci sono da un lato le etichette discografiche e dall’altro le società di distribuzione, due mondi che si toccano e si intersecano spesso ma con una differenza di fondo: le prime sono società editoriali, le seconde sono società di servizi. Artist First appartiene alla seconda categoria – anche se, come vedremo, non rinuncia a qualche “incursione” nella prima. Suo fondatore e presidente è Claudio Ferrante, che nel 2009, dopo una lunga esperienza alla Carosello che ricorda con grande piacere, ha dato vita a una realtà che oltre ai grandi successi (svariati dischi multiplatino e un Disco di Diamante, Viva i Romantici dei Modà) intende mettere al centro l’artista per accompagnarlo nel suo percorso di crescita con un ventaglio di iniziative personalizzate. L’indie italiano? Non esiste: è solo il nuovo pop.

Le Vibrazioni

Partiamo con una domanda di carattere generale per i non addetti ai lavori: cosa fa una società di distribuzione e in che modo si differenzia dall’etichetta discografica?

La società di distribuzione è fondamentalmente una società di servizi. Fornisce la distribuzione al trade fisico e alle piattaforme digitali e insieme a ciò tutta un’altra serie di servizi: l’e-commerce, la piattaforma informativa per la rendicontazione digitale, gli instore che si fanno nei negozi, la possibilità di personalizzazione della distribuzione in punti vendita anche non strettamente correlati al contesto discografico. La differenza rispetto all’etichetta è che una società di servizi è uno specchio dei tempi. La figura del direttore artistico ha forse più senso nelle società editoriali, in cui si cerca di capire qual è il miglior songwriter. E si fa ancora nelle società di edizione una grossa fase di talent scouting.

Ma le case discografiche con i direttori artistici secondo me arrivano in una fase successiva a successi che sono già in qualche modo “focolai” espressi dal parere positivo della gente. Non a caso ci troviamo oggi di fronte a quello che tutti definiscono “fenomeno indie” – termine che mi fa abbastanza rabbrividire, nel senso che il nuovo indie non è altro che il nuovo pop. Questi artisti che si sono affacciati sul mercato non hanno avuto dietro il filtro di selezione di una casa discografica e sono nati spontaneamente: Canova, Gazzelle, Galeffi o anche Calcutta e Motta sono tutte realtà che oggi stanno crescendo in contesti assolutamente indipendenti. Oggi gli artisti medi o piccoli riescono comunque a riempire l’Alcatraz di Milano o l’Atlantico di Roma, a fare un tour serio. Una società di distribuzione si innesta perfettamente nell’esigenza di incontrare i bisogni di chi sta facendo da solo.

Già il nome Artist First è abbastanza significativo. Ci spieghi qual è la filosofia della società di cui sei presidente?

La nostra filosofia mette l’artista al centro. Gli costruisce intorno un polo d’attenzione, di cura e di strategia – oggi comunque già assolte parzialmente dall’artista: oggi con i social riesce a parlare tranquillamente al fan. Quello strumento della comunicazione che era prima mediato da una casa discografica, da un ufficio stampa, oggi è affidato ai social. A questo aggiungi il fatto di poter contare su una rete distributiva come la nostra, la possibilità di lavorare sulle playlist con i nostri partner (Spotify, Tim, Apple Music), la possibilità di incontrare tutta una serie di strategie volte direttamente al fan. Per esempio le copie autografate: noi siamo stati fra i primi a realizzare gli instore, all’inizio facevano un po’ ridere questi “tour nei negozi” ma hanno rivitalizzato enormemente il concetto del supporto fisico. Siamo anche stati fra i primi che hanno lavorato sulle confezioni deluxe.

Vedevamo che c’era la possibilità di mettere fuori un prodotto a un prezzo più elevato dei 15 euro dell’album. Per poi arrivare al vinile: un grande capitolo che mette mai come oggi l’artista al centro.

La vostra distribuzione fisica copre oltre 3000 punti vendita sul territorio italiano. Cosa rappresentano oggi i supporti fisici? Quali sono secondo te le loro prospettive nel medio termine?

Io sono convinto che il vinile, le confezioni deluxe e tutto ciò che fa parte del mondo fisico dell’artista continuerà ad esistere, è inevitabile. Non può esserci soltanto la smaterializzazione della musica. Se pensi a uno Sfera Ebbasta che ha un successo incredibile di copie vendute e che c’è una grande attesa sugli artisti di quella generazione, capisci che il nostro paese ha salvato quella parte positivamente tradizionale e saremo forse l’ultimo paese d’Europa che abbandonerà il CD. Ci sarà una contrazione ma non dimentichiamoci che l’Italia ha ancora una predominanza del prodotto fisico.

I Canova

E invece per quanto riguarda il digitale ci sono secondo te delle possibilità di sviluppo ancora inesplorate?

Sicuramente sì. Il link tra le piattaforme di streaming e il merchandising è una cosa che si farà. Ecco perché c’è ancora bisogno delle piattaforme logistiche e della parte distributiva della musica. Artist First sta anche iniziando a lavorare discograficamente come etichetta per alcuni artisti. A chi magari non sa fare da solo, Artist First può fornire tutti gli strumenti, come l’ufficio stampa, la promozione radio, la promozione social, il fan engagement. Abbiamo iniziato questa parentesi con le Vibrazioni a Sanremo. È un progetto di Artist First e di Alessandro, il manager del gruppo. Non bisogna parlare soltanto dei giovani ma vorrei parlare anche di progetti adult: nel corso degli anni ci siamo occupati dei Pooh, di Mina, di Massimo Ranieri, di Alda Merini e ci occuperemo a fine marzo dell’uscita di un progetto straordinario che vede produttore Ivano Fossati di un grande Giorgio Gaber.

Fra gli artisti che seguite ci sono quelli che come Levante hanno compiuto il salto dalla nicchia al mainstream. Se dovessi scommettere su un nuovo talento, su chi punteresti?

Punterei sui Canova. È un gruppo estremamente interessante, con canzoni forti e un mood molto definito. E per dire anche un artista solista scommetterei su Motta.

Ci dici tre progetti a cui avete lavorato ultimamente che secondo te dovremmo seguire con attenzione?

Il progetto di Mezzosangue merita moltissimo nell’ambito dell’hip hop – che non è la solita trap ma un concetto completamente diverso. Un altro progetto da seguire sarà Gazzelle. Sono contento del ritorno dei Ministri, che non sono propriamente un gruppo nuovo. Sono quelli che io chiamo “nuovi esordi”, quelle band che tornano dopo un po’ di tempo con idee molto mature.

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