Film

PJ Harvey: domani online il potente docu-film “A Dog Called Money”

Per giovedì 21 maggio, alle 19.30, si può acquistare il biglietto sulla piattaforma Wanted Zone per vedere l’intimo e umano docu-viaggio di PJ Harvey

Autore Tommaso Toma
  • Il20 Maggio 2020
PJ Harvey: domani online il potente docu-film “A Dog Called Money”

PJ Harvey sul set del docu-film di Seamus Murphy, A Dog Called Money

Finalmente da domani è possibile vedere A Dog Called Money di PJ Harvey e Seamus Murphy, il potente docu-viaggio tra Kosovo, Afghanistan e Washington D.C.

Ci si potrà collegare domani, giovedì 21 maggio, alle 19.30, sulla piattaforma Wanted Cinema e comprare il biglietto per assistere alla proiezione virtuale.

PJ Harvey è una delle rockstar più autentiche e genuine in circolazione. Definita la Patti Smith degli anni ’90, in A Dog Called Money si è esposta totalmente, grazie anche alla complicità del regista e fotografo Seamus Murphy.

Assieme hanno viaggiato tra le rovine del Kosovo, le strade con le fogne a cielo aperto dell’Afghanistan e i ghetti di Washington D.C.

Ed è proprio quest’ultima tappa che ha suggerito il titolo di quello che è ancora il suo ultimo album, il nono in studio, The Hope Six Demolition Project, uscito nel 2016. E infatti le immagini si soffermano spesso nei quartieri più poveri della capitale USA, che tramite il progetto Hope VI, il governo degli Stati Uniti ha demolito per far spazio a nuovi insediamenti abitativi.

Mentre lei raccoglieva le parole, lui imprimeva le immagini, in un’azione di produzione creativa on the road diventata occasione per la ri-costruzione.

Quando vedrete A Dog Called Money capirete subito che è l’umanità al centro dell’opera. È impossibile non riflettere sulla responsabilità pubblica di un’artista come PJ Harvey di fronte a un progetto così profondamente intriso di povertà e sofferenza colta nei Paesi visitati.

L’intimità dei pensieri dell’artista che diventano pubblici insieme a doverosi racconti di cronaca degli orrori quotidiani sono stati parte di un accurato processo che PJ Harvey adottò – sempre con la complicità di Seamus Murphy – anche per la realizzazione del disco.

E questo grazie a un esperimento artistico senza precedenti, intitolato Recording Process, alla Somerset House di Londra. In una stanza appositamente costruita dietro un vetro unidirezionale, il pubblico veniva invitato a osservare il processo di lavorazione di cinque settimane come fosse una scultura sonora dal vivo.

Lo studio fu costruito in modo da consentire al pubblico di vedere e ascoltare la realizzazione dell’album senza che i musicisti fossero disturbati.

Gli artisti indossavano microfoni da bavero, per permettere al pubblico all’esterno di sentire ogni parola, ogni battuta e ogni nota che vibrava nella stanza. Tutto questo lo potete vedere nel docufilm, un’occasione peraltro ghiotta per tutti gli appassionati della brava PJ Harvey.

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