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Bono al San Carlo di Napoli: un racconto intimo unico tra cori da stadio e smoking

Sabato sera il cantante degli U2 ha messo in scena un evento memorabile anche per le reazioni del pubblico, ancora in clima scudetto. Tra parrucche seicentesche, tiare, cilindri o semplici t-shirt nere. “Come as you aren’t”, aveva scritto Bono per il Teatro San Carlo

Autore Silvia Danielli
  • Il15 Maggio 2023
Bono al San Carlo di Napoli: un racconto intimo unico tra cori da stadio e smoking

Bono al Teatro San Carlo di Napoli il 13 maggio 2023 (foto di Kevin Mazur / Getty Images)

Bono al Teatro San Carlo di Napoli sabato 13 maggio poteva non essere una data storica da imprimere nella memoria? Forse. Ma gli elementi perché fosse un evento unico erano tutti presenti. Da ricordare senza bisogno dell’aiuto di video, stories o reel, perché i cellulari sono stati bloccati con il sistema Yondr. E ciò non è stato affatto un male. Anzi. Una serata con cori da stadio, lacrime e risate, riflessioni e riconoscenza da cui nascerà un film. E ovviamente le canzoni iconiche.

Come si sa, quella di Napoli era l’ultima tappa della seconda tranche del “Songs of Surrender Tour”, ispirato al libro Surrender. 40 Songs, One Story, dove il frontman degli U2 aveva deciso di raccontare la sua storia attraverso le canzoni / pietre miliari della band.

Così questa era anche la traccia prevista per la serata: racconto ed esibizione di una canzone riarrangiata, con l’accompagnamento insolito soltanto di Gemma Doherty (arpa, tastiere e coro), di Kate Ellis (violoncello, tastiere, coro) e del produttore Jacknife Lee (percussioni elettroniche, anche direttore musicale).

Ma è ovvio che c’è stato molto di più. Innanzitutto, un cantante che, a 63 anni, in completo nero, i suoi soliti occhiali sfumati e gilet gessato, dopo aver ottenuto tutto nella sua carriera, ha deciso di mettersi completamente in gioco. Sicuramente anche per coronare un sogno suo e del padre tenore. Poi un teatro bomboniera con tutto lo charme dei suoi 286 anni e il titolo di teatro d’opera più antico del mondo, che è parso tremare per l’entusiasmo del pubblico. Per uno spettacolo rock, peraltro, non così abituale per questo luogo. E per il coro da stadio partito dai palchetti: “Alè alè alè aleee, Bono Bonooo”, cantavano ancora post-effetto scudetto. Quello stesso effetto che ha spinto uomini in abito scuro o addirittura in smoking (alcuni anche con parrucca in stile Luigi XIV, altri con cilindro: Bono aveva espressamente chiesto di vestirsi nel modo più elegante e bizzarro possibile) a sventolare la sciarpa del Napoli e a tirar fuori qualche striscione.

Bono - Napoli - Stories of Surrender - foto di Kevin Mazur - Getty Images
Foto di Kevin Mazur / Getty Images

Lacrime sincere

Poi al teatro San Carlo di Napoli ci sono state le lacrime. A volte trattenute a malapena e poi sfociate in singhiozzi, come quelle della mia vicina di poltroncina, e anche di una dietro qualche fila, quando Sir Paul Hewson ha raccontato il momento in cui ha perso il padre a causa di un tumore. Ma era solo la fine, appunto, perché prima Bono aveva già raccontato tutta una vita caratterizzata da un rapporto difficile con l’unico genitore che l’aveva cresciuto per la difficoltà di dialogare in profondità.

Bono e le risate

Molto rilassato sul palco, Bono ha mostrato le sue doti attoriali. Spesso è stata proprio la mancanza di empatia col padre e la sua tendenza a non dare troppa importanza a quello che faceva il figlio a diventare il motivo di maggiore ilarità.

È in un angolo del palco che Bono mette in scena il Sorrento Lounge (ilvero Finnegan’s Pub) dove imita il padre, il tenore Brendan Robert Hewson. Divertente soprattutto quando gli aveva raccontato della telefonata di Luciano Pavarotti, davanti a un whiskey e a una Guinness. “Ma perché avrebbe dovuto chiamare proprio te?”, così lo aveva preso in giro Robert prima di quella che sarebbe diventata la loro collaborazione per Miss Sarajevo nel 1995.

Le canzoni al San Carlo di Napoli

E poi ci sono le canzoni ovviamente. (Quasi) tutte le più famose e conosciute degli U2, ma riarrangiate per la inusuale formula di presentazione. Nemmeno uguali a quelle dell’ultimo album Songs of Surrender, quindi, perché non c’è la chitarra.

Dalla prima, City of Blinding Lights, alla penultima, Desire, Bono sembra dare attenzione a ogni parola. Sembra recuperarla dal testo che tutti i presenti (o quasi) conoscono a memoria e darle nuova vita e consapevolezza. Complice l’acustica del teatro che lo supporta senza bisogno del microfono, la voce di Bono risulta più che cristallina. Complice anche il racconto che precede l’esibizione live, Bono sembra invitare il suo pubblico a rileggere con lui la sua stessa storia.

Un esempio su tutti: With or Without You. Prima Bono ha recitato il passaggio del libro che racconta del primo turbolento periodo vissuto in un faro in Irlanda con colei che sarebbe diventata sua moglie, Alison Hewson. Ovviamente presente in sala. E vera protagonista della serata, insieme al citato papà.

La riconoscenza

Perché anche questo è stato un altro tema importante della serata, come sicuramente di tutto il tour. Quello della riconoscenza. Anche verso i suoi inseparabili (perché questa è solo una parentesi) band mates The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen. Ricordati con affettuoso divertimento. E poi anche per tutto il lavoro portato a termine in questi anni come attivista politico per campagne e eventi, soprattutto in favore dei Paesi africani, come il Live Aid, con Bob Geldoff. Campagne che hanno dato il senso alla sua stessa vita. Proprio come il viaggio che Bono fece con sua moglie in una tenda in Etiopia nel 1985. E quindi, ovviamente, ha ringraziato Ali.

Non la perfezione assoluta

Per fortuna, non c’è stata la perfezione sabato 13 maggio. Se per perfezione intendiamo il susseguirsi ordinato dei pezzi senza interruzioni. Perché Bono alla fine ha voluto cantare Torna a Surriento di Ernesto de Curtis (certo proprio a Napoli ma come in tutte le date del tour). Probabilmente per coronare davvero il sogno del padre tenore. Ma la prima volta non lo ha soddisfatto abbastanza e così ha voluto rifarla di nuovo. Con il teatro che la cantava con lui.

È qui che sono partiti i cori, che Bono ha interagito ancora di più con il teatro e ha davvero omaggiato Napoli, facendo finta di tirare un pallone e con il suo “ciao città campione”. Chissà se è vera la storia che avesse scelto la città dopo che gli era stata suggerita dagli spettatori che lo aspettavano in coda dopo che aveva registrato Che tempo che fa, o lo avesse già in mente da prima. Di sicuro il suo racconto molto intimo ha scritto una pagina indelebile di storia della musica.

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