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Blixa Bargeld (Einstürzende Neubauten) torna in Italia: «Il silenzio può salvarci, è presa di coscienza da parte della mente e del corpo»

Il tour che celebra “Alles In Allem” – e 40 anni di carriera – arriva finalmente in Italia per 4 date da stasera al 29 maggio. Il nostro incontro con il frontman della band di culto tedesca

Autore Piergiorgio Pardo
  • Il25 Maggio 2022
Blixa Bargeld (Einstürzende Neubauten) torna in Italia: «Il silenzio può salvarci, è presa di coscienza da parte della mente e del corpo»

Einstürzende Neubauten, foto ufficio stampa

Doveva accadere nell’anno del Topo. La pandemia ha fatto slittare tutto dapprima all’anno del Bue. Poi all’anno della Tigre. Gli Einstürzende Neubauten hanno sempre identificato l’annata in cui celebrare il loro quarantesimo di attività mediante la simbologia dell’Oroscopo Cinese. Dopo questi due tentativi a vuoto, finalmente il sogno di Brixa Bargeld ha potuto realizzarsi.

Il tour destinato a proporre l’esecuzione integrale di Alles In Allem, intensa ultima prova del glorioso combo tedesco, ha felicemente debuttato a Copenhagen il 13 maggio. Lo spettacolo approda ora in Italia per 4 date fra stasera, 25 maggio, e il 29 maggio. Torino, Milano, Bologna, Roma, in rapida successione.

Abbiamo raggiunto un Blixa Bargeld dapprima più distante, poi sempre più cordiale, scherzoso e desideroso di raccontarsi. Ne è nata una lunga e piacevole chiacchierata che troverete integralmente sul prossimo numero del magazine e di cui potete leggere adesso uno stralcio. Giusto per arrivare preparati al live.

La nostra intervista a Blixa Bargeld dei Einstürzende Neubauten

Blixa quello che stiamo per vedere qui in Italia è lo spettacolo che celebra i 40 anni di carriera e che era stato programmato per il 2020…

Infatti, scusa se ti interrompo, non è più lo spettacolo celebrativo dei 40 anni di carriera, ma quello che celebra la fine di due anni e mezzo senza poter fare il concerto dei 40 anni di carriera.

Certo, ma l’urgenza e il piacere di farlo saranno rimasti i medesimi, giusto?

Ho realizzato che se non fossimo andati in tour con questo spettacolo nel 2022, non lo avremmo più fatto. Siamo una quindicina di persone a muoverci, senza contare il merchandising, e la maggioranza degli spostamenti sono fatti in autobus, salvo 3 o 4 tratte, perché è difficile andare su un’isola con l’autobus. Era da fare adesso o mai più.

Allora sarai contento di tornare on the road, no?

Ti saprò dire. Non sono più così abituato a viaggiare. Fai conto che ho vissuto un anno intero in Portogallo, dall’estate 2020 a quella 2021. Sono andato via da Berlino e sono andato a nascondermi letteralmente lì. È stato il periodo più lungo che abbia trascorso di seguito nello stesso posto da quando avevo 20 anni.

In più di una intervista tu hai dichiarato che incidere un disco è una cosa che va fatta solo se ne avverti l’esigenza assoluta. Visto che in questo tour proporrete per la prima volta dal vivo l’album Alles In Allem, ti va di tornare con la mente all’urgenza che ha generato l’album ai tempi della sua incisione?

Fu come una folgorazione. È un disco nato di notte, in un momento di insonnia, coi pensieri che andavano e venivano per la testa. Sentii con nettezza che quello che dovevo fare assolutamente era un disco degli Einstürzende Neubauten. Per diverso tempo non avevo avvertito una sensazione del genere e per altrettanto tempo non c’era stato un disco degli Einstürzende. È un album fortemente voluto, che percepisco ancora attuale, anzi in anticipo sui tempi nonostante i due anni e più che sono trascorsi dai suoi 100 giorni di lavorazione.

Dunque, al di là degli anni di carriera e di quelli di lockdown, è almeno il tempo di celebrare la musica che esso contiene, giusto?

Si! Assolutamente! Anzi, ci tengo a dire che questo sarà il primo disco in tutta la carriera degli Einstürzende ad essere suonato interamente. In passato c’era sempre uno strumento che era impossibile portare in giro, dunque un pezzo o più di uno da eliminare dalla scaletta. Questa volta no. Faremo tutti i brani.

Come sono andate le prove?

All’inizio è stato faticoso. Due anni e mezzo senza andare su un palco arrugginiscono chiunque. Tendi a perdere la voce, la concentrazione, percepisci la stanchezza. E poi c’era tutta la faccenda dei controlli sanitari continui, la necessità di rimanere chiusi nella propria bolla per salvaguardarsi dai contagi. Sembrava una cosa surreale. Poi però la musica ha preso il sopravvento e i problemi non pesavano più.

Il disco precedente a questo, Lament, è dedicato alla fase di passaggio tra Grande Guerra e Seconda guerra mondiale. Che effetto ti fanno quei pezzi oggi, vista la situazione geopolitica venutasi a creare?

Sento una continuità in genere fra tutti i miei pezzi e il presente. Non fosse altro che per il mio latente pessimismo. La distopia di ieri è diventata normalità di oggi e quelli che apparivano pessimisti ieri, oggi appaiono semplicemente realisti. Suonerei i pezzi di Lament fino alla morte, ma con altrettanta certezza ti dico che non avrei mai voluto scriverli.

Blixa Bargeld: «Il silenzio può salvarci»

Tu sei un fautore della poetica del silenzio. Addirittura, al silenzio avete dedicato un intero album Silence is Sexy. Cosa pensi di quel messaggio, se riferito alla sovrabbondanza di informazioni più o meno vere cui siamo ormai costantemente esposti dalla pandemia e dalla guerra?

Il silenzio può salvarci, perché è presa di coscienza da parte della mente e del corpo.

E dopo il silenzio cosa c’è?

Nel brano Möbliertes Lied, che è il primo che abbiamo composto per il disco, diciamo per questa nostra quarta fase, a un certo punto c’è un verso dedicato all’imperatore cinese Ming. Questi voleva conoscere le ragioni della diffusione del buddismo e inviò degli emissari a raccogliere informazioni. Ritornati a corte pronunciarono queste parole: Offene Reite, nichts von eilig Um Himmelswillen keinen Gott (Tutto è aperto, ma non c’è alcuna fretta/ Per amore del cielo, un dio non c’è). Dopo il silenzio, se sai cercare bene, c’è ancora silenzio e la ricerca è di per sé un modo per trovarlo sempre.

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