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Florence + the Machine al Milano Rocks: cosa può fare il carisma di una dea

15mila persone per la prima data del Milano Rocks con il live esplosivo di Florence + the Machine. Il racconto di un concerto memorabile

Autore Giovanni Ferrari
  • Il31 Agosto 2019
Florence + the Machine al Milano Rocks: cosa può fare il carisma di una dea

Milano Rocks

Alle 21.15 in punto si spengono le luci. Gli opening act di Pvris e The 1975 hanno già scaldato le 15mila persone della prima giornata del Milano Rocks, al Milano Innovation District di Rho. Sale sul palco la band, ognuno è al proprio posto. Ma è solo quando arriva lei, Florence Welch, che si inizia a percepire che sta per iniziare qualcosa di epico. A piedi nudi, con un elegante abito da sera che le permette di rendere magnetico ogni suo movimento. E con l’asta del microfono ricoperta da una corda. A Florence basta questo per rendere unico il suo concerto.

Questa non è la prima volta che Florence + the Machine arrivano nel nostro Paese con il tour di supporto dell’ultimo disco High As Hope (erano già passati da Casalecchio di Reno e Torino a marzo di quest’anno). La scaletta, in effetti, comprende molti brani del loro quarto album in studio. Ma chiaramente non lascia fuori le hit che in questi anni ci hanno fatto innamorare del loro sound. E del carisma di Florence. Perché, diciamocelo: sta tutto qui.

In ogni esibizione, Florence Welch sembra volerci trasportare in un mondo a parte. Con i suoi movimenti angelici, delicati ma anche, a tratti, nevrotici, è calamitante. Il carisma è tutto in un artista e il concerto di ieri al Milano Rocks ne è stata una prova evidentissima. L’apertura è con June e l’amatissima Hunger. Poi, la celebre You’ve Got The Love che ha fatto letteralmente impazzire i presenti.



Ogni tanto, tra un brano e l’altro, Florence parla con il pubblico. Racconta della genesi di alcuni brani («Ho scritto Cosmic Love mentre ero ubriaca»), invita tutti – non senza una buona dose di ironia – a mettere in tasca i telefonini per un momento di vera condivisione durante il brano Dog Days Are Over. E racconta al pubblico del proprio legame con l’Italia: «Mia madre è una studiosa del Rinascimento e io ho preso tanto da lei, credo ve ne siate accorti nei miei lavori. Abbiamo vissuto per un po’ a Firenze».

Insomma: Florence è umana. È così come noi. Dice parolacce, è timida e si commuove come tutti noi (come quando i fan, approfittando di un istante di silenzio tra un brano e l’altro, le hanno cantato Happy Birthday: lo scorso 28 agosto ha compiuto trentatré anni). Ma allo stesso tempo Florence Leontine Mary Welch è una dea. La sua voce angelica (a parte per alcuni brani a inizio setlist, non precisissimi) è un dono della natura e tutto il suo personaggio è costruito intorno a questo.

Non ha bisogno di videowall o di effetti speciali, lei: le basta una luce puntata addosso, un abito elegante e un semplice movimento delle mani. Tutti i nostri occhi erano puntati verso di lei. La chiusura con Shake It Out è energica. E ci fa tornare a casa contenti, perché di artiste così non ce ne sono così tante. E perché da oggi abbiamo una nuova sacerdotessa del rock.



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