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I Fontaines D.C. scatenano emozioni viscerali: cronaca di un concerto milanese

In un Alcatraz in modalità “tutti seduti” si è compiuta la liturgia indie rock che fa felici grandi e piccini. In attesa di ascoltare per intero il nuovo album, “Skinty Fia”

Autore Tommaso Toma
  • Il24 Marzo 2022
I Fontaines D.C. scatenano emozioni viscerali: cronaca di un concerto milanese

Fontaines D.C., foto ufficio stampa

“Ricordati che sarete seduti!”. Questo è il messaggio ricevuto da un amico mezz’ora prima dell’inizio del concerto dei Fontaines D.C. Mi pare assurdo. A dicembre sempre nello stesso luogo, l’Alcatraz, eravamo tutti in piedi per i Jesus And Mary Chain mentre oggi a un passo dal quasi “liberi tutti”, dovrei vedere un live di una delle band più viscerali e frenetiche della scena indie UK seduto in uno “sky box” con una vetrata ad altezza orbite degli occhi e, ovvio, mascherinato.

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Il cantante Grian Chatten (foto di Stefano Masselli)

Il concerto sta per partire. Tutti sembrano abbastanza disciplinati (ma almeno un terzo se ne sta senza mascherina). Guardo attentamente il pubblico che si divide tra ultra quarantenni e ventenni. Gli spettatori perfetti per i concerti indie rock: chi come me è lì perché “almeno c’è in circolazione una band che mi fa ricordare i tempi belli” e chi – come mia figlia – che seppur 15enne ascolta, oltre al magma trap/hip hop/PC music, anche un sacco di musica indie “perché in famiglia piacciono i Nirvana e i Radiohead”.

Grian Chatten inizia il suo solito rituale: sbatte con forza compulsiva l’asta del microfono sulle assi del palco. L’elettrico suono sordo che scatena è il preambolo di un’ora e venti di concerto magnifico nella sua solida compattezza sonica. Ancora più bello del precedente che ho visto al teatro Regio di Parma a inizio novembre dello scorso anno.

Dopo quel concerto avevo avuto il piacere di fare un DJ set per un private party post performance e con Grian abbiamo avuto il tempo di due fulminei scambi di battute: «Ma ce l’hai qualche canzone dei Whipping Boy? E degli Undertones?», mi chiede lui con un cocktail in mano e prima di salire in consolle lo rassicuro: «Certo Grian! Non ho neanche bisogno di cercarli su Spotify, ecco guarda…». Lui incredulo: «Ma hai il CD dei Whipping Boy! Ma non ci credo, alla tua salute!», e felice con quel viso ancora da ragazzino mi lancia un sorriso sincero prima di finire inghiottito dai selfie con le groupie sgattaiolate senza invito dentro al party.

Questa è la piccola magia degli appassionati di musica. Penso di intuire, guardando le persone che si avvicinano al palco mentre la band attacca Televised Mind, o che rimangono disciplinatamente in piedi accanto al loro posto assegnato, che anche loro sono un po’ fatti così come noi, che ci emozioniamo nel citare le band del passato e nel guardare le edizioni in vinile o in CD. Certo, si ascolta la musica liquida ma quanto è più bello avere un disco in mano. Lo pensano certamente gli ultraquarantenni, ci credono convintamente i ventenni, anche se consapevoli che un disco costa tanti soldi. Magari è meglio prendersi stasera la t-shirt della band (con un accostamento di rosso e giallo poco attraente ma anche questo aspetto non è importante. Conta la sostanza, ovvero avere la scritta davanti al petto della band che si ama).

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Il chitarrista Carlos O’Connell (foto di Stefano Masselli)

I Fontaines D.C. ci ricordano il rock epico di trent’anni fa (ed è un bene)

Intravedo giornalisti ballicchiare durante tutto il live, fanno bene, è tempo di tornare a scatenarsi, anche se la situazione è paradossale e permettetemi di dire, esagerata. Anche Grian compie dei lunghi girotondi planando intorno ai suoi compagni di band. C’è un qualcosa di scomposto e incontrollato nei suoi movimenti che mi fanno pensare a uno strano incrocio tra il bullismo del primo Liam Gallagher e i movimenti epilettici di Ian Curtis.

I Fontaines D.C. snocciolano il loro miglior repertorio, dalla epica Boys in The Better Land (verso il finale) alla sommessa I Don’t Belong. Poi le magnifiche, ancor meglio che su disco, Jackie down The Line e la potentissima I Love You che preludono al nuovo album Skinty Fia (presto in uscita per la Partisan Records).

Non sono più nella posizione assegnata, sono più vicino al palco, zona bar. Un ragazzo vicino a me sussurra alla sua ragazza o amica “Ma ti immagini di vedere un concerto così a Cork in mezzo a tutti quei pazzi irlandesi che cantano a squarciagola! Dovrebbe essere incredibile. Pensa che mio papà ha visto una volta Bono cantare in un pub di Londonderry, non credeva ai suoi occhi!”. I Fontaines D.C oltre ad essere una bella realtà sono anche un bel modo per ricordare un rock epico, affascinante di trenta, quarantanni fa. Il testimone ancora non è per fortuna scivolato nella lunga staffetta nella gara, disciplina “retromania”.

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