Avincola presenta il nuovo album: «Siamo tutti “Turisti”, perché siamo di passaggio»
Il cantautore romano è in gara fra le Nuove Proposte di Sanremo 2021 con il brano Goal!. L’abbiamo intervistato in occasione dell’uscita dell’album che lo contiene
Sta per cominciare l’avventura sanremese di Avincola. Il cantautore romano partecipa al Festival fra le Nuove Proposte con il brano Goal!, già disponibile sulle piattaforme di streaming. Venerdì 26 febbraio è uscito anche l’album che lo contiene: si intitola Turisti, fuori per Leave Music. Undici tracce che raffigurano una bella rappresentazione della sensibilità musicale di Avincola, un po’ Ivan Graziani e un po’ Calcutta: con il primo ha in comune una curiosa somiglianza timbrica, con il secondo la narrazione della post-adolescenza al tempo della crisi. Malinconia e positività, voglia di scappare e volontà di restare trovano nel disco una compiuta sintesi artistica. Lo abbiamo intervistato poco prima della sua partenza per Sanremo.
Nella tracklist di Turisti c’è una canzone, già uscita come singolo, che si intitola Un Rider, che racconta un amore dal punto di vista di un ragazzo che pedala. Come ti è venuto questo spunto?
Quel pezzo è nato con molta naturalezza. Io peraltro ho fatto davvero il rider, quindi ho sentito l’esigenza di dare il mio piccolo contributo, anche semplicemente mettendo la parola nel titolo, per dare luce a un mestiere che viene considerato un “lavoretto” mentre è un lavoro a tutti gli effetti. Nel breve periodo in cui l’ho fatto sono stato colpito da alcune cose: fra di noi spesso non ci conosciamo, ma il primo giorno stavo fermo a un semaforo e ho visto un collega che mi ha salutato. Questa piccola cosa ti fa sentire parte di una comunità. E poi la cosa particolare di questo lavoro è che in certi momenti in cui non consegni nulla sei obbligato a stare fermo, e quindi a riconoscere tutte quelle cose che magari ti perdi nella quotidianità: piccoli gesti, persone…
In modo analogo, Roma Est racconta la vigilia di Natale di un commesso di un centro commerciale. Da dove nasce questo pezzo? Da un’esperienza vissuta?
Questo no. La maggior parte delle volte io uso la fantasia, la finzione, trasformo la realtà. Ma tutto passa sempre da qualcosa di autobiografico. Invece in questo caso mi sono voluto mettere nei panni di un ragazzo che sta alla cassa. Mi incuriosiva il fatto che uno si potesse sentire solo in mezzo a un caos di gente. Mi piaceva raccontare questo contrasto.
Visto che porti a Sanremo un brano che si intitola Goal!, e visto che siamo in Italia, ti chiedo: sei anche tifoso di calcio?
Non sono tifoso, ma simpatizzo per la Roma, perché essendo nato e cresciuto alla Garbatella non si può essere romanisti, se no ti cacciano! Sono affezionato al calcio perché si collega ai miei ricordi da bambino. Il mio è un quartiere popolare, mi ricordo che giocavamo spesso nei campetti che ricavavamo noi disegnando i pali delle porte col gesso per terra. Anche quella cosa, forse, è rientrata nell’idea di scrivere un pezzo che si intitolasse così.
Qual è il tuo rapporto con i turisti, che descrivi in maniera così piacevolmente ironica nella title track dell’album?
È un rapporto di amore-odio, come forse è per tutti, però poi ci dimentichiamo che anche noi siamo turisti agli occhi degli altri. La canzone è un po’ surreale, ma dare quel titolo all’album per me ha un concetto più ampio: siamo tutti turisti, non solo quando viaggiamo ma anche nella vita, perché siamo di passaggio, perché cerchiamo qualcuno che ci accompagni in qualche posto nuovo, che può essere anche dentro di noi. L’album ha dentro molto presente questo contrasto fra il desiderio di volersi buttare al centro di una piazza metaforica e al tempo stesso quello di allontanarsi per poter guardare tutto meglio da lontano.
“Miami-Fregene è quasi lo stesso”: una frase come questa cosa vuole trasmettere, più voglia di restare o più voglia di scappare? Sembra quasi un sentimento bifronte.
Esatto. Nel contesto di quella canzone, i personaggi non hanno la possibilità di fare quel viaggio magico, cinematografico verso Miami. Però riescono a ritrovare la stessa magia nelle piccole cose di tutti i giorni. Quindi si catapultano in un loro personale film e riescono a stare bene lo stesso.
In Ti Fidi? dici: “La gente che dice che non ascolta musica non si diverte”. È davvero possibile vivere “schivando” la musica?
Probabilmente no. Quella frase è nata perché ho conosciuto una persona che l’ha detta. La frase è alla fine del pezzo, ma quando ci sono arrivato ho capito che avevo iniziato a scrivere quella canzone per quel motivo. La cosa bella della musica è che anche chi non capisce perfettamente, da un punto di vista tecnico, perché una cosa ti piace, comunque ti piace. La cosa che mi ha spinto a scrivere canzoni è proprio questa: riuscire a comunicare anche con chi magari non ha le mie stesse passioni o le stesse idee.
Com’è nato il tuo percorso di avvicinamento a Sanremo? Quando hai deciso di provarci?
Io ci ho provato perché Sanremo mi piace, ma non riesco a scrivere una canzone a tavolino. Per cui è capitato questo pezzo, con queste frasi che mi ronzavano in testa. Non sapevo dove andasse a finire, ma la canzone si è sviluppata con grande naturalezza in un paio di giorni. Ho pensato di provare con questa, perché anche per il periodo storico che stiamo vivendo mi piaceva quest’idea di ottimismo, anche se nella canzone c’è una velata malinconia, che ho immaginato come il pallone da calcio da buttare via lontano.
Tu hai nel tuo “curriculum” una collaborazione con il compianto Freak Antoni degli Skiantos. Era il 2014 e il brano era Così Canterò fra Vent’Anni. Come vi conosceste? E cosa ti è rimasto di quel sodalizio?
Ci siamo conosciuti a Roma, a un concerto. Gli ho fatto sentire una mia vecchia canzone su cui poi lui ha messo delle parole. Siamo diventati amici: ci chiamavamo spesso, lui mi diceva “ti voglio bene Simone, spero che tu possa godere di insuccesso per tutta la vita” (ride, ndr)… Sono anche andato a Bologna da lui una volta. Era un personaggio incredibile: faceva collezione di cose inutili. Scriveva poesie sui pezzi di carta, sugli scontrini, e le teneva nel portafogli. Ed erano bellissime. Era una persona molto profonda.