Interviste

Carl Craig torna con il suo Versus Synthesizer Ensemble: leggi l’intervista

Un ambizioso progetto di Carl Craig, il grande maestro della techno di Detroit: trasformare la sua musica da club in un affascinante linguaggio sinfonico con l’aiuto del pianista Francesco Tristano e un ensemble di quattro musicisti

Autore Tommaso Toma
  • Il15 Marzo 2018
Carl Craig torna con il suo Versus Synthesizer Ensemble: leggi l’intervista

Un ambizioso progetto di Carl Craig, il grande maestro della techno di Detroit, la cui gestazione è stata lunghissima (ben 10 anni): trasformare la sua musica da club in un affascinante linguaggio sinfonico con l’aiuto del pianista Francesco Tristano e un ensemble di quattro musicisti. L’esperimento era già riuscito al Sónar dello scorso anno (potete ammirare lo show integralmente su YouTube) e adesso Carl Craig ci riprova in luoghi magnifici, fra cui il Barbican di Londra.

Carl Craig (foto di Pierre Emmanuel Rastoin)

Una provocazione: se ti trovassi in una stanza senza un computer o un synth e dovessi scegliere uno strumento da suonare per comporre, quale sarebbe?

Direi che prenderei in mano la chitarra elettrica. La suonavo da ragazzo e cercavo di ricreare gli assoli dei Funkadelic!

È giusto pensare che la forza della dance sia la voglia di “libertà” che si porta appresso?

Sono d’accordo con questa affermazione ma onestamente oggi non vedo tanto la ricerca della libertà nella dance. Per esempio nei festival noti voglia di evasione e magari curiosità per un set, assisti a una trasgressione direi “ritualizzata”, non spontanea. A New York come a Detroit la musica dance aveva quel significato di fondo perché era un mezzo d’espressione efficace per le comunità più emarginate come quella gay e dei neri. Non per niente nei gay club si ballava veramente bene e tutti i DJ bravi desideravano esserci. Poi sono arrivati il jet set, le star come Madonna, i soldi… ed è diventato tutto un circo preconfezionato. Qui a Detroit abbiamo avuto un DJ che davvero ha rappresentato il meglio dell’espressione di libertà che poteva esserci nei club: Ken Collier (ricordato anche da Simon Reynolds nel suo Generation Ecstasy, ndr) e i club dove suonava a Detroit come Heaven o Bookie’s. Erano incredibili e autentici.

Alcuni sostengono che l’ultima grande “invenzione” musicale degli USA sia stata la musica minimalista. Sei d’accordo? Peraltro i principi del minimalismo si ritrovano nella techno.

Stai parlando di compositori bianchi e molto importanti! (ride, ndr) Certamente artisti come Steve Reich hanno dato idee al Krautrock e a un qualsiasi artista che faccia techno. Ma se parliamo di tutta la musica, direi che il rap e l’hip hop sono state delle “invenzioni” che hanno avuto ripercussioni su ogni genere musicale preesistente. L’hip hop coinvolge l’intero pianeta, viene ascoltato ovunque: non accadeva dai tempi della nascita del rock and roll.

Che cosa stai ascoltando di nuovo a casa?

Black Origami
di Jlin per la Planet Mu è davvero interessante, ci ritrovo caratteristiche espressive che mi appartengono.

E invece due vecchi album magari in vinile mentre cucini – visto che sappiamo che ami cucinare?

Mi piace cucinare e devo dire che la preparazione, ovvero il taglio sia delle carni che delle verdure, è un momento importantissimo. Ho rimesso sul piatto In a Silent Way di Miles Davis ed E2- E4 di Manuel Göttsching.

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PAOLOOO