Interviste

chiamamifaro: «Non so se posso parlare per la Gen Z ma sento spesso di vivere in “DEFAULT”»

Domani esce il suo nuovo EP, la giovane cantautrice ci ha raccontato in esclusiva la genesi del progetto e come nascono le sue canzoni. A marzo il primo tour nei club

Autore Samuele Valori
  • Il11 Gennaio 2024
chiamamifaro: «Non so se posso parlare per la Gen Z ma sento spesso di vivere in “DEFAULT”»

Foto di Silvia Violante Rouge

Entrare in modalità default significa in un certo senso rigenerarsi, tornare alla radice e spesso è l’unico modo per ripartire: le nuove generazioni, in cui rientra anche chiamamifaro, sentono talvolta il bisogno di ritornare all’essenza delle piccole cose. D’altronde è lo stesso meccanismo che si adotta per i computer e i cellulari. Se c’è un errore, o come le definisce Angelica, delle «mancanze», potrebbe essere necessario tornare alle impostazioni di fabbrica. Il nuovo EP di Angelica Gori, in arte chiamamifaro, è un piccolo album che attraverso una scrittura a immagini, figlia di suggestioni e frasi piovute dal cielo nell’abitacolo della sua auto, racconta uno spaccato dell’esistenza dei ventenni di oggi.

La carriera di chiamamifaro è iniziata durante la pandemia con la pubblicazione del primo EP Macchie, seguito poi dal suo primo album Post Nostalgia (2022). Angelica, nonostante sia in rampa di lancio, rimane coi piedi per terra e non vuole sprecare quel fuoco che l’ha spinta a buttarsi nell’unica cosa che la fa stare veramente bene. La musica è un rifugio e un faro, come suggerisce il suo nome d’arte, e non bisogna adagiarsi: «A livello personale non voglio mai sentirmi arrivata, voglio imparare a suonare altri strumenti, provare a produrre». Dalla sua, chiamamifaro ha anche il supporto dei genitori (per chi non lo sapesse Cristina Parodi e Giorgio Gori) che, nel loro essere «normali», pur essendo due personaggi noti, sono un’arma in più.

A pochi giorni dall’uscita di DEFAULT, chiamamifaro ci ha raccontato in anteprima la genesi del progetto, l’inizio del suo sogno e quanto può essere complicato lasciar andare una canzone che hai dentro da tanto tempo. L’abbiamo sentita in macchina che, a quanto pare è il suo secondo habitat naturale. Il primo è il palco che Angelica non vede l’ora di tornare a calcare nel mese di marzo durante il suo primo tour nei club.

Foto di Silvia Violante Rouge

L’intervista a chiamamifaro

Perché hai scelto come titolo DEFAULT?
Il titolo è stata la cosa più difficile da trovare, nonostante avessi bene in mente di cosa parlassero tutte le canzoni. Avevo il concept dell’EP in testa prima ancora di finire di scrivere tutti i pezzi. Ho scelto DEFAULT perché credo che racchiuda tutto. Significa mancanza. Si agisce in default quando sei in mancanza di un comando. E si finisce in default quando si fallisce. Io sento di vivere ogni tanto la mia vita in modalità default, non so se sia una cosa che posso definire generazionale. Non mi sento di parlare per tutti.

La cosa che ho cercato di fare con questo disco è andare a ritrovare la bellezza delle piccole cose della vita ordinaria. Vivendo in questo mare di trend tweet, canzoni nuove, meme, ci perdiamo. Ci viene buttata addosso talmente tanta roba, tutti i giorni, che alla fine è come se nulla riuscisse più a stupirci. Come se vivessimo la nostra vita di tutti i giorni fluttuando.

La canzone centrale è Monete, dove utilizzi questi oggetti piccoli, ma di valore, come metafora delle prospettive che cambiano, dei sogni che col tempo possono realizzarsi, cambiare o morire. Il tuo immagino sia più vivo che mai.
Sì, è vivo dai primi anni di liceo credo. Forse, proprio dalla prima superiore, quando ho iniziato a suonare la chitarra. In realtà, ho sempre avuto un amore particolare per la musica, fin da piccolissima, quando cantavo anche solo per il gusto di imitare mia sorella, senza la consapevolezza che ho acquisito poi da musicista. Durante il liceo ci credevo da morire, ho viaggiato molto, sono andata in Inghilterra e ho ascoltato tanti generi diversi di musica. Mi ardeva letteralmente un fuoco dentro. Un fuoco che possiedi solo appena cominci a fare musica. È la cosa più importante, forse di tutta la carriera, perché fare il primo passo è un po’ buttarsi nel vuoto e senza quel fuoco è impossibile spingersi oltre.

Ora che la musica è diventata un vero lavoro per te, senza quel fuoco inziale, ti viene mai il  timore che, da faro e rifugio, possa cambiare natura?
Sicuramente quello di oggi è un fuoco diverso, privo di quell’incoscienza dei sedici anni in cui non sai a cosa stai andando incontro. Ormai mi sento una musicista e la musica è il mio mestiere almeno dal 2020. Quindi ci sono anche le responsabilità, gli sbattimenti e le porte in faccia, ma fa tutto parte del pacchetto. Alla fine, sto facendo quello che sognavo di fare da ragazzina. Non ho perso la scintilla e per il momento non ho paura di perderla. Sono molto orgogliosa della mia carriera fino a questo punto.

E i tuoi come la pensano? Non sei figlia d’arte, ma i tuoi genitori sono entrambi personaggi noti. Come vivono la tua passione per la musica?
I miei mi hanno sempre appoggiato. Volevano solo che loro figlia fosse felice, quindi il loro è stato il supporto tipico di due genitori normali. Io anche li ho sempre considerati come genitori “normali” cercando di evitare che influissero sulla mia carriera. Non ho mai sentito nessuna pressione da parte loro e mi reputo molto fortunata. 

C’è da dire poi che la tua carriera è iniziata in piena pandemia.
Sì, ricordo che quando ho pubblicato la prima canzone ero a casa, faceva un caldo torrido e con i miei genitori stavamo lì a guardare questa nuova app Spotify Per Artists che avevo scaricato tipo il giorno. Eravamo lì a guardare questi numerini che salivano salivano, salivano… L’unico modo che avevo di interfacciarmi col pubblico erano i social.

DEFAULT, le canzoni e la varietà stilistica di chiamamifaro

Quando hai iniziato a scrivere queste nuove canzoni?
Dopo Post nostalgia, mi sono presa un attimo di pausa. Avevamo scritto tanto e anche abbastanza in fretta, quindi ero un po’ spompata. Poi c’è stato anche il tour estivo in mezzo, due mesi in cui mi sono concentrata su quello. Solo nell’autunno dell’anno scorso mi sono rimessa a scrivere e sono partita da quello che poi è stato il primo singolo estratto dall’EP, MA MA MA. In quel momento ero ancora in mood concerto e credo si percepisca dallo stile molto up del brano. Infatti, non vedo l’ora di portarlo dal vivo nei club. All’inizio non l’ho rilasciato con l’idea che poi avrebbe fatto parte di un progetto discografico ben definito. Poi, invece, da lì è partito tutto. 

Come mai la scelta di pubblicare un EP? Nella prima traccia Rumore bianco, sembri quasi rimpiangere la vecchia forma album.
Sì, è vero la rimpiango.Ma alla fine un EP è un album un po’ più piccolo, no? (ride n.d.r). Ho voluto fare una cosa un po’ più contenuta proprio per il fatto che oggi vengono pubblicate ogni giorno una marea di canzoni e volevo che potesse essere più apprezzabile. Avevo anche altre canzoni pronte, ma mi dispiaceva bruciarle dopo tanto lavoro. Oggi la soglia dell’attenzione è bassa. Quindi il formato un pochino più leggero mi intrigava e, forse un po’ schiava del mercato, non lo nego, mi è servito anche per dare più importanza a ogni singolo, pubblicandoli a distanza di tempo l’uno dall’altro.

C’è molta varietà stilistica in DEFAULT. Si passa dal pop cantautorale del duetto Santa Subito con Asteria, al pop rock da pogo di Rumore Bianco, fino al funky di Labbra blu. In quale veste ti senti più a tuo agio?
La cosa bella di fare pop, o indie Pop, chiamiamolo come vogliamo, è che negli arrangiamenti si può spaziare. Ancor di più dal momento che credo che il filo conduttore della mia musica non sia sempre dato dal sound, ma dalla scrittura. Quindi non ti so dire esattamente in che veste mi sento più me stessa. Ho solo 22 anni e ogni giorno mi sento un’Angelica un po’ diversa.

A proposito di pop rock e pop punk, anche MA MA MA ricalca quegli stilemi. Adesso stiamo vivendo un revival anche a livello nazionale. Che ne pensi?
Sono molto contenta di questa cosa. È un’attitudine che io sento in parte di possedere, oltre al fatto che mi piace ascoltarlo. Ogni tanto mi diverto a spingermi in quei territori anche se non mi voglio costringere solo in quel genere. Per il mio tipo di scrittura probabilmente sarebbe un po’ limitante, però è sicuramente un colore che sfrutterò ancora. Lo apprezzano pure i fan.

Foto di Silvia Violante Rouge

L’importanza della scrittura

Una delle canzoni più emozionanti dell’EP è Se parlo di te che hai pubblicato pochi giorni dopo la tragedia di Giulia Cecchettin. Come è nato quel brano?
Questa canzone ce l’ho sempre avuta in testa. Io faccio musica leggera, musica pop, ma ho sempre pensato che la musica leggera possa anche parlare di temi pesanti e che la chiave sia nel linguaggio e nelle parole. Ci vuole molta maestria ed è questo il motivo per cui io ho sempre voluto scrivere questa canzone, ma non l’ho fatto subito.

Avevo paura di non essere in grado e che le cose venissero fuori non nel modo in cui avrei voluto. E quindi è stata lì un po’ a maturare nella mia immaginazione, prima che, quest’estate, non so esattamente per quale motivo, mi sono messa al pianoforte e ho scritto la prima strofa. Mi è capito di emozionarmi per una mia canzone e lì ho capito che potevo scriverla e che possedevo le giuste dosi di sensibilità e freddezza, perché ci vuole anche quella per mettersi nei panni degli altri. Oggi sono molto fiera di quel pezzo e me lo tengo stretto.

L’EP si chiude con La poesia. Parli delle piccole cose, del ritrovare il bello anche nella normalità. La tua scrittura funziona molto a immagini, parti da quelle suggestioni per scrivere un pezzo?
Mi piace avere un’idea di fondo prima di cominciare a scrivere. Per esempio, per Rumore Bianco era il fatto di continuare a pubblicare canzoni su canzoni. Tutti che vogliono suonare sopra il rumore degli altri e alla fine non fanno altro che alimentarlo. Per La poesia era esattamente il titolo, cioè la poesia. Quindi diciamo che, finché non ho un’idea più o meno precisa del macro-tema di cui voglio parlare, magari anche con degli strati di lettura diversi, non comincio a scrivere. Non amo le canzoni fine a se stesse e ne ho scritte anche quando ero più piccola. Poi è ovvio ci sono anche quelle cose che arrivano dall’alto e funzionano, come il verso «La poesia che danza ai matrimoni dei contabili». Generalmente queste ispirazioni mi vengono in macchina mentre guido, il che non è comodo (ride n.d.r.). Cerco di fare degli audio.

Monete, che ha uno stile acustico chitarra e voce che ricalca i tuoi primi brani, non è stata una scelta pensata quindi?
In parte sì e in parte no. Inizialmente è stato istinto, poi riascoltandola, soprattutto il ritornello, mi sono resa conto che si avvicinava allo stile delle canzoni del primo EP Macchie (2021). A quel punto abbiamo deciso in modo consapevole di proseguire su quella strada. Quindi è una canzone nata in modo casuale, chitarra e voce, e poi completata in modo pensato.

Tra poco inizierà la settimana santa di Sanremo, ti piacerebbe partecipare un giorno?
Beh, è un sogno nel cassetto. Ci proverò, non ti so dire quando, perché deve arrivare al momento giusto. Spero prima o poi di arrivarci, ma non voglio prefissare nulla. Adesso mi concentro sul presente e sul tour nei club.

Ti porti dietro un bel bagaglio di esperienza, non solo col tuo tour estivo del 2022, ma anche avendo aperto i concerti dei Pinguini Tattici Nucleari.
Sicuramente dall’esperienza con i Pinguini ho imparato che durante il live bisogna cercare di creare dei momenti, di capire il pubblico. Sul palco mi sento sempre a casa e non vedo l’ora, anche perché ho tante canzoni nuove da suonare dal vivo. I miei concerti sono delle feste.

Il tour nei club

Il primo tour nei club di chiamamifaro inizierà a marzo, i biglietti sono già disponibili qui.

  • 13 marzo – Milano – Apollo
  • 14 marzo – Bologna – Locomotiv
  • 21 marzo – Roma – Alcazar
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