Interviste

Cyrus Yung: «Quella notte a Roma con Post Malone a parlare di alieni…»

L’artista classe ’97 ha appena pubblicato il secondo singolo in italiano, Cartier: un’occasione per conoscere meglio il suo stile musicale a cavallo fra i generi e farci raccontare qualche aneddoto particolare sul suo passato

Autore Federico Durante
  • Il5 Marzo 2022
Cyrus Yung: «Quella notte a Roma con Post Malone a parlare di alieni…»

Cyrus Yung (fonte: ufficio stampa)

Cyrus Yung ha all’attivo appena due singoli in italiano, De-Generazione e Cartier, ma ha tante storie da raccontare. Da un lato la sua formazione multiculturale (papà italiano, mamma angloiraniana), dall’altro l’attività musicale ormai decennale (militò nella crew Young Minds, di cui fece parte un giovanissimo tha Supreme): Orlando De Geronimo – questo il suo vero nome – mette insieme tutte le esperienze e infatti propone uno stile difficilmente catalogabile, fluido, che parte dall’hip hop per aprirsi a tante possibilità sonore. Proprio come fa un suo grande mito, Post Malone, con cui lui Cyrus Yung trascorso due assurde notti romane parlando di musica, gladiatori e alieni…

In che modo il tuo background multiculturale ha influito sulla tua personalità e sulla tua esperienza artistica come Cyrus Yung?

I miei due “role model” – mamma e papà – sono completamente diversi. Mia mamma è cresciuta in Inghilterra dopo essere scappata dalla rivoluzione iraniana, ha avuto una vita travagliata. Lei è del ’67, quindi ha vissuto in pieno l’Inghilterra degli anni ’80. Ed è rimasta così: alle feste balla sui tavoli. Mio padre è l’opposto, è un italiano del sud che non beve e non fuma (a differenza di mia madre).

Questa diversità si è rispecchiata anche a livello di ascolti musicali. Mio padre ascoltava le cose che gli ricordavano l’adolescenza: Pino Daniele, Rino Gaetano… Mia madre invece ha sempre ascoltato musica attivamente, anche adesso. Sin da bambino mi ha educato all’ascolto dei gruppi rock anni ’70 e ’80: Queen, Genesis, Police… Lei mi ha sempre incoraggiato a fare musica.

Nel 2018 sei andato negli USA per fare musica ma poi sei stato dichiarato “persona non grata” per aver semplicemente dichiarato di aver fatto uso di marijuana. Puoi raccontarmi meglio?

Venivo dal gruppo Young Minds, in cui c’era anche tha Supreme. Quando lui ebbe successo, ci fu un’attenzione mediatica sul nostro gruppo. Lo stesso Sfera Ebbasta ci fece aprire il suo concerto al Brixton Jamm di Londra. Quel giorno mi arrivò un primo messaggio di Salmo in cui mi chiedeva una cartella di beat perché “spaccavo”. Ma poi non l’ho più sentito. Così io e il mio producer abbiamo deciso di andare in America.

Abbiamo fatto tre mesi di fuoco, producendo tanta musica. C’era anche interessamento da parte di alcuni addetti ai lavori. Eravamo andati con l’ESTA (pratica che consente di andare negli USA senza bisogno del visto, ndr) e avevo dichiarato di non aver mai fatto uso di sostanze stupefacenti, il che era vero all’epoca. Poi a Los Angeles ci siamo divertiti, sono diventato meno “innocente”. Poi però sono tornato con lo stesso ESTA, perché è valido per due anni, per cui quando mi hanno fatto domande alla frontiera era come se avessi dichiarato il falso. Avrei dovuto fare un altro ESTA.

Il punto è che all’epoca c’era la presidenza Trump, e quindi un’attenzione diversa sull’immigrazione. Io, cittadino europeo, mi sono fatto una notte in cella in aeroporto, chiuso a chiave. Dopodiché sono stato dichiarato “persona non grata”. La procedura che dovrei fare è: pagare il governo per avere i documenti del mio colloquio, fare con l’avvocato fare una lettera di scuse in cui dichiaro di essere “pulito”, e se mi accettano posso rientrare. Altrimenti non posso più tornarci. Ma durante quel periodo sono successe cose del genere a tante persone.

È appena uscito il video del tuo nuovo singolo Cartier. Dove è stato girato?
Cyrus Yung - intervista - 2

Quel teatro è a Monte Castello di Vibio, in provincia di Perugia, ed è il teatro più piccolo del mondo. La mia ragazza è umbra. Per il videoclip volevo un teatro in stile liberty e lei mi ha suggerito questo Teatro della Concordia, vicino a casa sua. Volevo un’atmosfera intima (del resto è lei la ragazza che si vede nel video), e quando ho scoperto questa cosa ho pensato che fosse perfetto per inscenare l’amore della mia vita.

Come e quando hai conosciuto Post Malone?

È successo nel 2017. Ero con tha Supreme e gli altri a Roma. Mi arriva una notifica di Twitter in cui Post Malone diceva di essere a Roma, con una foto con dietro il Colosseo. All’epoca lui non era così grosso in Italia: era un artista bravo che ci piaceva. Così ho detto: “Andiamo a beccarlo!”.

L’abbiamo trovato mentre cantava “tanti auguri” ubriaco a una pischella che aveva fatto lo sboccio lì. Ci siamo presentati, gli abbiamo fatto i complimenti e gli abbiamo fatto sentire alcune produzioni di tha Supreme, che gli sono piaciute molto. Poi ci ha invitato a casa sua, che dava direttamente sul Colosseo…

Abbiamo parlato a lungo e ci ha chiesto consigli per delle serate fighe a Roma. Ha detto: “Conosco lo Shari Vari”, che è la discoteca dove vanno i turisti. E poi: “Allora a che ora ci passate a prendere domani?”. Siamo tornati il giorno dopo e siamo andati allo Shari Vari.

Lì ho capito quello che stava succedendo: essendo tutti americani, vedendolo la gente si strappava i capelli! La serata è diventata una vip night… Poi siamo andati verso il Circo Massimo e mi ha chiesto di raccontargli la storia di quel posto. Io andavo al liceo e qualcosa gli ho raccontato… Lui si è preso bene e mi ha detto: “No, adesso tu mi racconti la storia di Roma”…

Poi abbiamo parlato di alieni, di teorie cospirative, fino alle 8 di mattina. L’anno dopo è tornato e l’abbiamo beccato di nuovo. Ogni volta che veniva ci sentivamo e andavamo a pranzo insieme. Una volta si sono avvicinati Sick Luke e Tony Effe per chiedere una foto…

In effetti nella tua musica si sente molto l’influenza di Post Malone. Lui è un grande amante del rock, in particolare dei Nirvana. Tu che rapporto hai con quel mondo musicale?

Il mio rock è più UK e più anni ‘80, i Queen su tutti. Comunque, come “role model”, Kurt Cobain ha rappresentato tante persone: quel tipo di malessere oggi ce l’hanno tutti i giovani. Ma musicalmente parlando, per me Freddie Mercury è un dio sceso in terra.

Tu come vedi il recente revival pop punk? È un mondo che può incrociare le produzioni di Cyrus Yung in futuro?

È una cosa che, presa a gocce, mi piace. Non amo fossilizzarmi su un genere solo, sarebbe limitante. Ho apprezzato tante cose pop punk recenti – Yungblud, Machine Gun Kelly – mentre altre le ho odiate proprio. Essendo io del ’97, non sono della generazione Blink-182. La mia attitudine verso la musica parte dal rap: è quello che mi ha portato a scrivere e fare musica. Poi il rap è cambiato, ma per me tutto nasce da quello.

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