Dante: Aldo Cazzullo e Piero Pelù insieme per riscoprire l’attualità della Divina Commedia
Lo scrittore e giornalista e il rocker fiorentino porteranno in tour lo spettacolo A Riveder le Stelle, fra parole e musica, in occasione dei 700 anni dalla morte del sommo poeta
Uno spettacolo che «metterà insieme musica, racconti, parole, versi e immagini». Si intitola A riveder le stelle, come il celebre verso che chiude la cantica dell’Inferno nella Divina Commedia e come l’omonimo libro pubblicato l’anno scorso dal celebre giornalista e scrittore Aldo Cazzullo. Nell’anno delle iniziative per i sette secoli esatti dalla morte di Dante, Cazzullo porterà in tour uno show teatrale per riscoprire la tremenda attualità dei versi del sommo poeta. Perché in fin dei conti i vizi e le virtù degli italiani non sono cambiati così tanto rispetto all’epoca dei Guelfi e dei Ghibellini. Lo farà insieme a Piero Pelù, che lo arricchirà con delle sue “incursioni” musicali. Perché chi meglio di un rocker fiorentino può interpretare lo spirito anticonvenzionale della Commedia? Abbiamo colto l’occasione per conversare con Aldo Cazzullo sul progetto (tutte le date del tour sono alla fine dell’articolo).
Il titolo dello spettacolo ricalca quello del libro omonimo, che portava come sottotitolo: “Dante, il poeta che inventò l’Italia”. Sotto quali aspetti, secondo te, Dante ha trasformato l’Italia da espressione meramente geografica a idea nazionale?
L’Italia, a differenza di altri paesi, non è nata dalla diplomazia, dalla guerra o dalla politica, ma dalla bellezza e dalla cultura. Ed è nata nei versi di Dante: lui è il primo a parlare di Italia, anche inventando l’espressione “bel Paese”. Dante ci ha dato una lingua – l’italiano – e un’idea di noi stessi. Per Dante l’Italia non era uno stato: era un patrimonio di bellezza e cultura. Per lui l’Italia aveva conquistato il mondo due volte: con l’impero romano e con la fede cristiana. Quindi l’Italia aveva una missione: conciliare la classicità e la cristianità, la Roma dei Cesari e la Roma dei papi.
Ma per il resto Dante era incazzatissimo con l’Italia, “non donna di province ma bordello”. Ce l’ha con tutti: con i romani e con i bolognesi, con i fiorentini che l’hanno esiliato e anche indignato, perché i vizi di allora sono gli stessi di adesso – siamo troppo divisi, bianchi e neri, Montecchi e Capuleti. Parlando di Firenze scrive che solo i mediocri fanno politica, i capi e i governi cambiano di continuo e una legge decisa a ottobre non arriva a metà novembre: sembra il ritratto dell’Italia di oggi.
Piero Pelù canterà Povera Patria di Franco Battiato collegata alla famosa invettiva del sesto canto del Purgatorio. L’avevamo già deciso prima della scomparsa di Battiato e adesso, a maggior ragione, avrà un significato particolare.
Lo spettacolo rievoca gli incontri più noti dell’Inferno dantesco tracciando anche parallelismi con la storia successiva e con l’attualità. Mi puoi fare qualche esempio?
Io racconto i grandi italiani che hanno trovato in lui l’idea di Italia: Petrarca, Boccaccio, Raffaello, Leopardi, Alfieri, Foscolo, Manzoni… Poi racconto Paolo e Francesca, Ulisse (e lì Piero canterà L’isola Che Non C’è di Bennato), i diavoli (c’è un passaggio pazzesco in cui Dante inventa i nomi dei diavoli: Cagnazzo, Barbariccia, Draghignazzo, Graffiacane…). Il diavolo può essere raffigurato in molti modi. Può essere affascinante, come Mefistofele, o terrificante, come quello dell’Esorcista. Oppure buffo, grottesco: quello dei burattini e della commedia dell’arte, e così era quello dantesco. Perché in realtà il male è dentro di noi.
Dante si confronta con il mistero del male: il conte Ugolino, Farinata degli Uberti, Bocca degli Abati “il traditore di Montaperti”. Per i fiorentini, Montaperti era come per noi Caporetto: la grande sconfitta. Ma quando Dante incontra il vincitore di Montaperti, il capo dei fuoriusciti ghibellini di Firenze, cioè Farinata, rende omaggio alla sua grandezza, perché comunque salvò la città dalla distruzione.
Come vi siete conosciuti tu e Piero Pelù? È stata una tua idea quella di coinvolgerlo nel progetto?
È un’idea venuta a tutti e due. Ci siamo conosciuti una volta in treno e siamo diventati amici. Presentai il libro A riveder le stelle a Palazzo Vecchio a Firenze poco prima dell’inizio del secondo lockdown. Piero venne e mi disse: “Se hai bisogno di un rocker che legga Dante, io ci sono”. Ho pensato che nessuno meglio di un rocker potesse leggere Dante e che quel rocker dovesse essere Pierò Pelù. Prima di tutto perché è fiorentino, ma soprattutto perché è un artista libero che non ha paura di andare contro il potere e le convenienze. Quindi penso che i versi di Dante gli si confacciano.
Una volta, in un’intervista televisiva, Pasolini osservava come ormai ai suoi tempi la lingua che univa gli italiani non era più quella letteraria con centro a Firenze (a partire da Dante, Petrarca e Boccaccio), bensì quella tecnologica con centro a Milano. E oggi queste coordinate dove si sono spostate?
L’industria dello spettacolo è molto romano-centrica, per esempio. Sono riusciti a far parlare romanesco persino Fabrizio De André e il Comandante Nord di Una questione privata di Beppe Fenoglio. È vero che oggi abbiamo una lingua molto contaminata prima dalla TV e poi dalla rete, quindi da questo “inglesorum” delle business school. È vero che l’italiano è cambiato molto in questi decenni perché abbiamo iniziato a usarlo davvero: a lungo si è parlato dialetto.
L’italiano della Divina Commedia è molto vivo perché Dante veramente l’aveva preso dai mercati di Firenze, era la lingua dei suoi concittadini. Machiavelli non amava Dante perché diceva che, oltre ad aver parlato male di Firenze, aveva usato troppe parolacce, fra cui la parola “merda”. Ma Dante voleva raccontare l’uomo per intero, anche le cose negative.
Poi la lingua di Dante è proprio viva: io amo Leopardi, per esempio, ma la sua è una lingua tutta letteraria. Pensiamo a quante espressioni coniate da Dante noi usiamo ancora oggi: stare fresco, stare solo soletto, siamo a buon punto, avere un piede nella fossa, senza infamia e senza lode, non mi tange…
Qual è la funzione che può avere oggi la riattualizzazione di questi classici del nostro patrimonio letterario? Penso anche, per citare un altro sommo scrittore, a certe pagine di Manzoni sulla Colonna Infame, che sono impressionanti per le somiglianze con il periodo che stiamo attraversando.
Vedi, il nostro carattere nazionale non è molto cambiato. Noi italiani abbiamo un forte senso della patria, non è vero che non ce ne frega niente. Ci piace parlarne male, ma se lo fanno gli altri… L’Italia è come la mamma, insomma. Il senso dello stato non ce l’abbiamo, ma non ce l’ha nessuno. E a volte lo stato si comporta in modo tale da confermare i pregiudizi negativi che abbiamo nei suoi confronti.
L’idea che solo i mediocri facciano politica – come diceva Dante – è perché facciamo fatica a concepire che una persona possa fare qualcosa nell’interesse di qualcuno che non sia lui stesso o un suo famigliare. Queste sono cose che possono valere nel Trecento come adesso. I peccati sono universali e noi non siamo cambiati così tanto dai tempi di Dante.
Le date del tour di A riveder le stelle
7 giugno – Firenze, Piazza S. Croce
10 giugno – Trento, Teatro Sociale (Trento Film Festival)
17 giugno – Montecchio (VI), Castello di Romeo
18 giugno – Pavia, Castello Visconteo
23 giugno – Caorle (VE), Piazza Vescovado
24 giugno – Cervia (RA), Arena dello Stadio dei Pini (Ravenna Festival)
26 giugno – Alba (CN), PalaAlbaCapitale
29 giugno – Caprarola (VT), Palazzo Farnese (Caffeina Festival)
1 luglio – Nora Pula (CA), Teatro Romano (Festival La Notte dei Poeti)
2 luglio – Pratovecchio (AR), Piazza Landino
3 luglio – Urbisaglia (MC), Anfiteatro Romano
4 luglio – Pesaro, Anfiteatro del parco Miralfiore