Darin, il cantante svedese di “Can’t Stay Away”, torna con “Superstar” e racconta il suo Eurovision 2013
Per molte settimane è stato fra i più trasmessi dalle radio italiane. Adesso ci riprova con il nuovo singolo (ancora più ballabile). La nostra intervista
La sua Can’t Stay Away aveva conquistato le radio italiane con le sue feel good vibes e il godibile revival disco music. Il brano infatti è stato per svariate settimane fra i più trasmessi in airplay, secondo EarOne. Adesso Darin ci riprova: esce oggi il nuovo singolo Superstar, canzone – se possibile – ancora più spensierata e ballabile della precedente.
Occorre ricordare che il cantante svedese è già una star in patria, con una lunga carriera alle spalle: sette album arrivati al primo posto della classifica nazionale, 30 singoli tra oro e platino, 400 milioni di stream su Spotify. E ancora: vittorie ai Grammy svedesi, tour nelle arene e anche un film-concerto. Peraltro – visto che siamo in periodo Eurovision – Darin rappresentò la Svezia nell’edizione del 2013, che si tenne proprio a Malmö.
L’abbiamo intercettato durante una sua discesa a Milano per la promozione di Superstar. Nel rispondere alle nostre domande, Darin si rivela anche un discreto conoscitore della musica italiana contemporanea.
Nel tuo nuovo singolo Superstar ti butti a capofitto nelle sonorità disco, forse anche di più che in Can’t Stay Away. Dimmi di più sulla vibe e sull’attitudine “sfacciata” di questa nuova canzone.
Quando scrivo una canzone – e anche questa l’ho fatta con Jamie Hartman – cerco di fare ciò che è meglio per essa. All’inizio la topline della strofa suonava un po’ in stile Pharrell, poi il ritornello si è evoluto più in senso disco pop. Ammiro molto le cose che ha fatto in passato Stuart Price (produttore già al lavoro con Dua Lipa e Madonna, fra gli altri, ndr), sono felice che si sia unito al progetto. Quel sound, che adoro, è opera sua. È stato l’abbinamento perfetto.
Storicamente le tue produzioni sono state piuttosto variegate: sei passato dal pop mainstream al pop acustico cantato in svedese fino al revival disco dei tuoi ultimi singoli. Cosa ti ha spinto in questa direzione?
Mi piace spostarmi sempre da una cosa all’altra. E quando scelgo una direzione mi ci butto fino in fondo. A volte il cambiamento è molto forte. Il più grande probabilmente fu quando iniziai a scrivere in svedese. E il secondo è forse adesso, con il ritorno all’inglese. È come se ci fossero in me cose sempre nuove che vogliono venire fuori. Questo è semplicemente il punto in cui mi trovo adesso: quando sono sul palco voglio avere canzoni energiche su cui la gente possa ballare. Mi piace anche mescolare produzione digitale e strumenti analogici.
Faresti un intero album così?
Sicuro. In questo periodo sto scrivendo nuove canzoni ed è senz’altro nei miei piani.
Hai partecipato all’Eurovision nel 2013. Lo guardi anche quest’anno?
Sì, mi piace guardarlo. Mi piacciono i Måneskin e il loro stile, sono un gran gruppo.
Che ricordi porti con te dell’Eurovision?
Ricordo che appena prima di salire sul palco un tecnico mi disse: “100 milioni di spettatori, eh?”. Pessimo momento per dire una cosa così! Sedendomi al piano mi dissi: “Ok, non fare cavolate”… Ma poi andò tutto bene. È una bella atmosfera, ecco tutto.
Su Spotify hai una playlist intitolata Darin’s Mixtape dove ho notato che hai aggiunto Marea di Madame. Come hai conosciuto quella canzone? Cosa ti piace di lei?
Ho amici in Italia che mi aggiornano sulla vostra musica. Una delle canzoni che mi hanno colpito è quella, insieme a Voce. Ha un bel sound, penso che lei sia una grande artista. È bello scoprire nuova musica a prescindere dalla lingua.
Hai pubblicato otto album e passato letteralmente metà della vita a fare musica: come vedi il tuo futuro, professionalmente parlando?
Non ci ho mai pensato molto, più che altro vivo il presente. Mi descriverei come un tipo creativo. Se non creo qualcosa di nuovo per un certo periodo, mi annoio. E adoro scrivere musica. Quindi continuerò su quella strada, che sia per me o come songwriter per altri artisti. Sono felice di averlo potuto fare per tutto questo tempo: non do niente per scontato.
Quando iniziasti a scrivere canzoni da adolescente, ricordi che tipo di urgenza comunicativa provavi all’epoca?
È che sono sempre stato felice di andare in studio di registrazione. Un produttore mi vide in un concerto e mi chiese di registrare alcune sue canzoni. Poi iniziammo a scrivere per altri artisti. Ed è così che ho iniziato a fare musica. L’importante è sentire sempre viva la fiamma. Le prime volte che salivo su un palco ero nervosissimo: ancora adesso sento quelle farfalle nello stomaco.
So che stai progettando un tour europeo che prevedrebbe delle date anche in Italia. Cosa ci puoi anticipare?
L’anno scorso ho fatto concerti ma solo in Svezia e a Londra, per cui sarà fantastico girare l’Europa e conoscere il pubblico. Non sono mai venuto in tour in Italia prima d’ora. Spero si riesca a fare in autunno.