Il ritorno degli Efterklang tra natura e un’inedita sensibilità pop
Il terzetto danese esce con un album nuovo, piacevolissimo, Windflowers, nato sulla piccola ma stupenda isola di Møn
Una delle realtà più longeve della scena indie danese più coraggiosa e sperimentale, gli Efterklang (rimasti ora come trio: Casper Clausen, Mads Brauer e Rasmus Stolberg) sono insieme da ben vent’anni e nella loro carriera hanno messo in moto interessanti variabili su generi come il post rock, adottato le tecniche della scuola minimalista e rispettato certi canoni del folk, teatralizzandolo. Adesso il trio danese arriva al suo primo album per la City Slang con una nuova e coloratissima sensibilità pop: Windflowers, nato sulla piccola ma stupenda isola di Møn appena sotto Copenaghen. Risente felicemente della ritrovata complicità del trio, durante la pandemia. Il 25 febbraio 2022 gli Efterklang sono attesi al Locomotiv Club di Bologna per l’unica data italiana del loro tour. Ci risponde Casper.
La mia prima impressione, dopo aver ascoltato l’intero disco, è che mi trovo davanti a un album senza dubbio sicuro elegante – come siete sempre capaci di fare – ma molto accessibile. Per certi versi è il vostro “album pop”, esagero?
Amiamo il pop, quindi è un complimento. Ci piace che le persone si innamorino, cantino a lungo e si perdano ascoltando Windflowers. È stata un’esperienza così divertente e piuttosto espansiva realizzare questo album. È una sintesi del più grande numero di canzoni che abbiamo mai scritto per un album, iniziato con circa ottanta bozze di brani!
Quanto ha influenzato la realizzazione dell’album la bellissima isola dove avete registrato?
È stato utile essere isolati solo noi tre. Ci siamo riuniti nel bel mezzo della pandemia, e non solo per il lavoro ma più in generale come amici. Anche perché ci conosciamo da oltre vent’anni: abbiamo fatto tantissima musica e progetti insieme! Essere a Møn, l’isola dove abbiamo registrato Windflowers, è stato come tornare alle nostre origini, non solo musicalmente: camminare attraverso i campi aperti, nuotare, rotolarsi nella neve fresca.
Davvero notevole è Dragonfly. Puoi raccontare ai nostri lettori qualcosa di più di questa traccia?
Le voci armonizzate che senti all’inizio sono state ciò che ha dato il via a tutto… È una canzone che avevo abbozzato nel mio piccolo studio a Lisbona, come in una jam. È nata da un’energia e una certa atmosfera che avevo già riprodotto nel mio album da solista Better Way, uscito all’inizio di quest’anno. Amo molto la leggerezza di Dragonfly, cerca di navigare nel “flusso dell’amore”.
Il periodo pandemico dà alla band la possibilità di approfondire alcuni aspetti del vostro lavoro? Te lo chiedo perché ho letto nel comunicato stampa che dichiari che “questo disco si muove sul tema del ricongiungimento ma anche del lasciar crescere l’un l’altro, senza interferenze”. Mi paiono pensieri nati come conseguenza del periodo di pandemia…
Di sicuro tutto quello che sta succedendo a livello pandemico ha avuto un’influenza sull’album. Non che ci siamo sentiti letteralmente ispirati o abbiamo scritto canzoni sulla pandemia, ma come ho detto prima abbiamo avuto tempo per stare insieme in modi nuovi, semplicemente perché non c’era modo di fare nient’altro, come andare in tournée, viaggiare ed esibirsi. Ci siamo concentrati sulla dimensione dell’interiorità, come sono sicuro che un sacco di persone hanno fatto. Cercando di coltivare la nostra amicizia e le nostre differenze, ed è bellissimo.
Ripensando alla bellissima discografia degli Efterklang, di quale album sei particolarmente orgoglioso e perché?
Sono sempre molto orgoglioso dell’ultimo. Per me è sempre il migliore, superato solo da quello laggiù all’orizzonte. Non ho potuto ascoltare i vecchi album per molto tempo, avevo bisogno di prendere una certa distanza da loro per apprezzarli. Ultimamente ho provato a mettere su il nostro primo album, Tripper, ed è stata effettivamente una bella esperienza. Ho ascoltato il suo sound finalmente con una sorta di nuove orecchie!
E invece c’è un artista o una band che trovi sottovalutati nel panorama musicale?
Dei miei amici, i Merope. Date un’occhiata, fanno della musica incredibile. Il mio disco preferito è uscito proprio quest’anno: Salos, sulla mia etichetta belga preferita, la Stroom. La loro musica è particolarissima: ritrovate delle fantastiche interpretazioni astratte del folklore lituano su un tappeto di synth, flauti e cori.
Curiosità finale: l’album che hai ascoltato di più in isolamento?
Ho iniziato ad ascoltare la musica di Robbie Basho durante il lockdown. Una scoperta totalmente nuova, il suo universo è qualcosa di speciale.