Interviste

Geolier, l’oro di Napoli

Il rapper napoletano, che rappresenta l’Italia per la prima serie di cover Billboard’s Global No. 1, ci ha raccontato il suo 2024 di successi e cosa aspettarci dal prossimo anno

Autore Silvia Danielli
  • Il18 Dicembre 2024
Geolier, l’oro di Napoli

Geolier, foto di Vittorio Cioffi

Il primo dato significativo è che l’artista più ascoltato in Italia nel 2024 non rappa o canta in italiano. Geolier, nato a Napoli nel 2000, rappa nel suo dialetto. Anzi, in una lingua che non rispecchia nemmeno gli stilemi classici dell’idioma partenopeo. È proprio quello, dalla musicalità decisamente accentuata, che parlano le persone in strada, nel suo quartiere, il Rione Gescal vicino a Secondigliano, e in molti altri della città. Ed è quello che hanno imparato a parlare ragazzi e ragazze in ogni angolo d’Italia grazie a Emanuele Palumbo, questo il vero nome di Geolier, di anni 24. Grazie a lui si fanno accompagnare nella sua città dai genitori, lo ascoltano compulsivamente e ovviamente lo vanno a vedere dal vivo. Anche questo contribuisce a spiegare 80 dischi di platino e 38 ori collezionati in totale da Geolier al momento di questa intervista.

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Geolier, foto di Vittorio Cioffi

Triplo disco di platino per l’album DIO LO SA uscito a giugno di quest’anno, di cui è uscito a fine novembre L’ATTO II, con nuove 8 tracce. Mentre IL CORAGGIO DEI BAMBINI, il suo secondo album uscito nel 2023, ne ha collezionati 6 (completato anche questo da un atto secondo, uscito 4 mesi dopo). E poi incredibili successi anche live che lo hanno visto protagonista nel 2024 per 3 concerti consecutivi, sold out, allo Stadio Maradona a Napoli. Emanuele, poi, ha portato per la prima volta il suo napoletano al festival di Sanremo, la più importante vetrina musicale italiana, suscitando risposte non sempre tranquille, anzi.

Ma il segreto del suo successo è tutto tra le righe delle sue risposte. Nelle pause dove riflette le parole da soppesare. Nei sorrisi larghi quando risponde a un complimento. Lo si legge e percepisce chiaramente nei testi di un ragazzo che ha solo 24 anni ma ha la maturità di prendere tutto sul serio ma di non prendersi mai troppo sul serio. Con lui ci fermiamo a riflettere con calma su come sia potuto accadere tutto ciò, mentre però si sta spostando in macchina da una parte all’altra della città. Da quando è uscito il suo primo pezzo nel 2018 che suscitò estremo interesse P Secondigliano seguito dal primo album Emanuele nel 2019.

L’intervista a Geolier

Geolier, lo hai sempre saputo che avresti fatto il rapper? L’anno scorso era anche uscito un tuo primo video di quando avevi solo 10 anni e avevi già tutte le carte in regola per diventare un goat.
Non l’ho sempre saputo perché da ragazzini non si può prevedere già il futuro. Ovviamente lo speravo e immaginarmi su un palco era l’unica cosa possibile perché non sapevo fare altro e a scuola andavo male. Se avessi dovuto scommettere su di me? Non lo avrei mai fatto. Ho iniziato a lavorare in fabbrica da giovanissimo, continuavo a rappare nel tempo libero ma vedevo che i tempi, parliamo degli anni ’10, erano davvero lontani per il genere in Italia. In radio andavano ancora e soltanto le canzoni pop e a Napoli i neomelodici. Io amavo il rap, perché guardavo all’America ma il massimo che passava da noi era In da Club su MTV. Mentre io ammiravo 50 Cent, lo sentivo vicino.

Che cosa sentivi di avere in comune con lui?
Avevo visto il film sulla sua vita, dove si capisce che si era preso sulle sue spalle tutta la responsabilità della famiglia. Lui vendeva crack per le vie del Queens, io non l’ho mai fatto, ma ero andato a lavorare da molto giovane. Ho colto in lui una maturità fuori dall’ordinario e ciò mi affascinava.

Quando hai capito di aver veramente svoltato?
Ho capito che avrei potuto fare questo lavoro quando mi hanno pagato per la mia prima data. Erano tipo 250 euro ma per me erano tanto, comunque avevo 18 anni e avevo capito che potevo vivere di quello. Non saprei dire invece quando ho raggiunto ciò che si può definire un traguardo di successo.

Geolier, foto di Vittorio Cioffi

Come si può spiegare l’incredibile boom del rap napoletano di oggi?
Io penso di venire dal ghetto del ghetto del ghetto. Sono convinto che ci sia una realness diversa da tutto il resto del mondo, forse è possibile trovarla solo negli Stati Uniti. Credo che i rapper in questa città mettano nelle loro rime esattamente quello che vedono. All’estero è arrivata quasi di più la storia del Sud che dell’Italia intera, anche grazie alle serie tv, prima di tutto dei Sopranos.

Perché proprio la città campana e non un’altra qualsiasi del Sud Italia?
Per tradizione consolidata. Se ci pensi, già all’epoca, nel 1985, Enzo Avitabile riuscì a portare a Scampia, a Napoli, gli Afrika Bambaataa.

In questo 2024 hai raggiunto dei risultati incredibili in termini di ascolti e di esperienze ma ci sono stati anche dei momenti duri. Al festival di Sanremo  hai vinto nella serata delle cover ma la platea del teatro ha fischiato te e i tuoi ospiti. Avevi il maggior consenso dal televoto del pubblico ma poi i voti delle altre giurie (qualità e stampa) ti hanno fatto arrivare secondo. Che cosa è successo a distanza di mesi?
A Sanremo c’era un colore per tutti e noi ci siamo presentati con un altro! In realtà, non me lo so spiegare bene neanche io. Noi eravamo là e ci difendevamo e basta. Cosa che di solito capita a chi prima attacca ma noi non lo abbiamo mai fatto. Infatti, la sera stessa delle cover in cui ho vinto mi hanno subito detto di stare attento alle probabili critiche. Credo che il festival di Sanremo non fosse pronto per la musica rap: noi abbiamo portato un pezzo iconico per l’Italia come Brivido di Guè feat. Marracash e il pubblico in sala ha fischiato. Incredibile.

In sala c’era anche tua mamma, che ha sentito quindi i fischi in diretta: questa cosa ti ha fatto soffrire?
Mi ha fatto sorridere in realtà. Perché mia madre avevi i nervi a fior di pelle ed è diventata una furia, perché non poteva fare niente. E non ha voluto parlarne neanche con me. Ancora oggi quando si parla di Sanremo lei ha un brutto ricordo. Ma mia mamma è una persona normale e non vuole assolutamente stare dentro lo star system

Quale è stato per te il momento più alto del 2024? Verrebbe da pensare ai 3 concerti sold out allo stadio Maradona a Napoli.
Certo, quelli, ma in un istante particolare. Quando durante la prima data, nel pomeriggio, ho guardato attraverso una fessura e ho visto lo stadio pieno. Lì ho pensato: Ma che sto facendo? Non era un’emozione né positiva né negativa, semplicemente non l’avevo mai provata. E non me la so spiegare.

Geolier, foto di Vittorio Cioffi

Ti è successo solo quella volta?
Anche un’altra a dire il vero. Quando ero a Sanremo ed ero in camerino da solo con la mia vocal coach. Ecco forse è la sensazione in cui realizzo che sto andando a fare qualcosa di più grande di me perché non ne sono all’altezza! Lì poi avevo raggiunto i The Kolors, che sono miei amici e sono più abituati, e mi hanno aiutato a calmarmi solo chiacchierando insieme. Comunque, se ripenso a Sanremo io ho in generale delle sensazioni positive.

Geolier, tu hai sempre raccontato la vita dei ragazzi di quartiere e continui a farlo anche se la tua esistenza è cambiata. Come fai a rimanere ancora connesso? Non succede così a tutti i rapper.
Penso di riuscirci semplicemente perché racconto quello che vedo a Napoli e non in prima persona. Credo che continuerò a farlo anche se dovessi allontanarmi dalla città, circostanza molto improbabile. Per il resto ora non vivo in maniera così diversa: continuo a vedere i miei amici e a parlare con le persone. Io ne sento la necessità anche perché voglio raccontare questo con le mie rime. Sai quale è la cosa mi chiedono più spesso comunque? Non è di fare le foto ma di rimanere me stesso.

Tutti gli altri artisti e le persone che ti conoscono dicono di te che sei una persona umile, generosa, ma quale è il tuo difetto?
Hai voglia. Innanzitutto sono un po’ (tanto) lunatico.

Una delle tracce pubblicate in DIO LO SA – ATTO II è NUN SACC’ PERDERE: che cosa racconti?
Elenco le cose che ho già perso, dovendo stare dietro al business musicale. Innanzitutto, il tempo. E poi la spensieratezza nella vita di tutti i giorni. Perché nella musica penso di averla ancora e credo sia tutto lì il segreto. E poi ho dovuto perdere il mio atteggiamento verso la vita: stando nel game ho dovuto un po’ rinunciare al mio essere buono.

Emanuele, se potessi dire un artista americano con cui vorresti collaborare chi sarebbe?
50 Cent, perché ho iniziato per merito suo, come dicevo prima. Però in questo momento sto ascoltando anche l’ultimo disco di Kendrick Lamar e mi piace parecchio.

Che cosa ti aspetta nel 2025?
Voglio solo fare il tour nei palazzetti, che partirà il 15 marzo 2025 dal Palazzo del Turismo di Jesolo e poi proseguirà a Milano (Unipol Forum, 21 e 22 marzo), Torino (Inalpi Arena, 23 marzo), Bologna (Unipol Arena, 25 marzo) e Roma (Palazzo dello Sport, 28, 29, 30 marzo). Poi a Napoli terrò due date all’Ippodromo di Agnano, il 25 e 26 luglio. Nel 2025 non vorrei pubblicare musica, a parte qualche feat. Vorrei un po’ staccarmi, penso di aver dato tanto, perché voglio vivermela come un gioco. Perché con i numeri e le scadenze, a volte sembra essere diventata un lavoro. E io non voglio assolutamente.

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