Interviste

Giovanni Truppi: «Senza uno sguardo sul mondo la mia musica non esisterebbe neanche»

Esce oggi, venerdì 28 aprile, il nuovo album del cantautore napoletano: “Infinite possibilità per esseri finiti”, dove infinite sono le possibilità anche espressive

Autore Piergiorgio Pardo
  • Il28 Aprile 2023
Giovanni Truppi: «Senza uno sguardo sul mondo la mia musica non esisterebbe neanche»

Giovanni Truppi (foto di Claudia Pajewski)

Infinite possibilità per esseri finiti (così si intitola il sesto album di Giovanni Truppi appena pubblicato da Universal Music) non è un gioco di parole, né una trovata concettuale.

«In origine – racconta l’autore – nasceva da una riflessione sulle risorse potenzialmente illimitate che ad un essere finito come l’uomo sono offerte dall’uso della tecnologia applicata alla musica. Ma poi il discorso si è allargato e approfondito fino a riguardare il rapporto fra l’essere umano e l’infinito universo di possibilità che lo circonda e all’interno del quale ciascuno si trova necessariamente a fare delle scelte».

Infinite possibilità, perlomeno espressive, sono anche gli umori musicali che attraversano il disco. Al suo interno convivono senza forzature cantautorato, musica elettronica, rock, talkin’ blues, hip hop, field recording, pianismo impressionistico, ambient music. A tenere insieme il tutto, oltre ad un sapiente lavoro di produzione da parte di Niccolò Contessa e del fido collaboratore Marco Buccelli, è la parola. Cantata, parlata, soprattutto narrante.

Nelle diciotto tracce che lo compongono, l’album si prende il rischio di esprimere una visione molto personale del mondo. Ma lo fa attraverso il racconto urbano, un viaggio da Centocelle a Bologna, fatto di incontri, suoni, rumori, sguardi oggettivi, visioni, ricordi.

A volte i testi fanno pensare alla prosa d’arte di un Erri de Luca. E in brani come Le persone e le cose sembra quasi materializzarsi il modo che ha T. S. Eliot di evocare emozione attraverso elenchi di cose e situazioni.

Ma forse il campo più aperto e senza limite è quello degli infiniti interrogativi che l’essere umano si pone su di sé, sul mondo, su ciò che non conosce o non comprende. «Vengo da un periodo in cui avevo bisogno di essere molto assertivo su tutto», dice ancora Truppi. «Ultimamente mi interessa di più chiedermi delle cose che affermarle».

Di questo disco coraggioso e importante abbiamo parlato a tu per tu con Giovanni Truppi.

Giovanni Truppi - Infinite possibilità per esseri finiti - nuovo album - intervista - foto di Claudia Pajewski - 2
Giovanni Truppi (foto di Claudia Pajewski)

Ascolta Infinite possibilità per esseri finiti

L’intervista a Giovanni Truppi

Giovanni, se penso alla tua partecipazione a Sanremo 2022, dove hai vinto il premio Lunezia con Tuo padre, mia madre, Lucia, ho l’impressione che quel brano contenesse già in embrione il desiderio di superare i limiti del formato canzone tradizionale, che è un po’ un’intenzione costante in questo disco. C’è una continuità fra i due momenti?

Soprattutto per quel che riguarda la parola parlata e non cantata. Nei miei precedenti album ho sondato in lungo e in largo il formato canzone ed è certamente la canzone lo strumento attraverso il quale mi esprimo. In questo caso sentivo che il rapporto tra parola e musica doveva essere più destrutturato, più libero.

La stessa libertà però riguarda la musica. Nell’album hai sperimentato tantissimo e ti sei misurato con generi molto diversi fra loro, in qualche caso anche per la prima volta.

Sì, diciamo che il rimando di input fra i testi e le basi musicali mi ha spinto a esplorare delle sonorità che non conoscevo, o che conoscevo solo da ascoltatore, come per esempio l’hip hop o la musica ambient. L’unico limite, l’unica necessità era che queste soluzioni facessero da risonanza alla parola.

A proposito di hip hop, mi ha molto colpito ascoltare, nel podcast che hai lanciato in concomitanza con la promozione dell’album, i Thru Collected. Ho sentito due generazioni diverse di musicisti napoletani che si confrontavano in un contesto vivace e urban come è la Napoli di oggi.

Mi trovo benissimo con loro, anche umanamente. Ci siamo scambiati dei messaggi di saluto proprio poco fa. Sono stati uno degli ascolti più frequenti nel periodo in cui scrivevo il disco.

Come mai la scelta di promuovere il disco attraverso un podcast e un sito dedicati?

Perché sono forme espressive che mi interessano e sono rientrate organicamente nel processo creativo e di ricerca che ha caratterizzato l’album. Da un lato ultimamente mi capita di ascoltare più frequentemente dei podcast che dei dischi, dall’altro la scelta del sito è una diretta conseguenza del lavoro di grafica realizzato per l’album da Aldo Giannotti.

Com’è stata a livello produttivo l’interazione fra il collaudato sodalizio Truppi/Buccelli e la new entry Niccolò Contessa, con tutto il suo mondo di ascolti, composizioni, produzioni, che vanno dal progetto I Cani a Coez e Tutti Fenomeni? Sulla carta sembra un accostamento abbastanza ardito.

Loro sono intervenuti anche a livello di scrittura, spazio che in passato avevo sempre gestito da solo. Non abbiamo avuto regole, solo un laboratorio aperto in cui le soluzioni sono arrivate in modo naturale. Io amo suonare di tutto, arrangiare, scrivere, ma mi è piaciuto anche vedere come delle idee più o meno definite potessero diventare altro, o semplicemente perfezionarsi passando attraverso altre attitudini.

Giovanni Truppi - Infinite possibilità per esseri finiti - nuovo album - intervista - foto di Claudia Pajewski - 3
Giovanni Truppi (foto di Claudia Pajewski)

Il risultato mi sembra anche a suo modo internazionale nell’approccio, penso a cose come i dischi di Kae Tempest. D’altro canto mi rimanda anche agli album degli Offlaga Disco Pax, a quel racconto autoironico e universale della realtà italiana. Tra l’altro Max Collini è uno degli ospiti del Podcast.

Sono un grande ammiratore degli Offlaga Disco Pax e certamente questo disco ha degli elementi di continuità con il loro uso dello spoken word. Ho ascoltato molto i pezzi di Kae Tempest e anche il suo modo di affrontare il rapporto fra suono e parola è stato una delle fonti di ispirazione.

A un certo punto ci sono anche Brian e Roger Eno.

Sì. Nel brano Camminando per via Indipendenza un sabato sera ascoltando la nuova canzone dei fratelli Eno ci sono delle considerazioni appuntate proprio nella situazione descritta dal titolo. Ci è sembrato che la cosa più giusta potesse proprio essere quella di non imitare il brano, ma di usare l’originale. Abbiamo ottenuto i diritti e il permesso senza difficoltà.

L’album è un viaggio molto personale ma esprime anche una precisa visione del mondo. Si può parlare del “personale politico” proprio dei cantautori fin dagli anni ‘70?

Credo si possa parlare soprattutto di una ricerca espressiva. Da lì viene fuori tutto, anche la scelta degli argomenti, non solo la forma. Non manifesto una mia opinione in quanto cantautore, ma do spazio a una mia visione delle cose in quanto essere umano che si sta esprimendo. Mi sembra che senza questo sguardo sul mondo la mia musica non esisterebbe neanche.

Che impressione hai riportato del tour che ha anticipato l’album attraverso una serie di esecuzioni integrali?

È stata un’esperienza molto interessante. Insieme a me e Marco Buccelli c’era una compagnia di teatro d’ombre, gli Unterwasser, che creava un insieme affascinante.

E per le date del tour estivo?

Saremo in quattro, classica formazione rock con anche le tastiere, ma in una formula diversa, senza la performance visuale.

Tanta libertà espressiva ha interlocutori come Universal Music, Virgin Music LAS, LifeGate Radio. Com’è questo confronto?

Non ho mai avuto tanta indipendenza artistica quanta ne ho adesso con Universal, come si vede anche dalle cose che pubblico.

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