Interviste

“Il libro delle soluzioni”: il ritorno di Michel Gondry è un’autobiografia “a metà”

Il regista francese in persona ci racconta il suo nuovo film, presentato in anteprima al pubblico milanese questa settimana

Autore Billboard IT
  • Il4 Novembre 2023
“Il libro delle soluzioni”: il ritorno di Michel Gondry è un’autobiografia “a metà”

Tornato a girare un lungometraggio dopo otto anni, il regista francese Michel Gondry ha presentato Il libro delle soluzioni in anteprima al pubblico milanese.

Leggenda della regia di videoclip (The Rolling Stones, Björk, Daft Punk, Beck, Radiohead, The White Stripes, tanto per fare qualche nome illustre) e autore di film di culto come Eternal Sunshine of the Spotless Mind, L’arte del sogno e Mood Indigo – La schiuma dei giorni, Michel Gondry risale la china con un film disordinatamente divertente, che racconta, tra verità e caricatura, l’esperienza frenetica e terrorizzante vissuta proprio durante la realizzazione di Mood Indigo, film tratto dal capolavoro letterario di Boris Vian.

A interpretare l’alter ego di Michel Gondry ne Il libro delle soluzioni è uno stralunato Pierre Niney (Yves Saint-Laurent, Frantz), regista che per trovare la quadra del film perde quella di se stesso e la fiducia della sua squadra. La creatività come mappa saggia ma anche come droga disorientante.

Abbiamo incontrato Michel Gondry e ci siamo fatti raccontare, in prima persona, cosa racconta Il libro delle soluzioni e quanto c’è di vero nell’idiosincratico amore per il cinema del protagonista Marc Becker.

Michel Gondry - Il libro delle soluzioni - 1
La locandina del film

L’intervista a Michel Gondry su Il libro delle soluzioni

«Il libro delle soluzioni parla della pressione enorme che ho vissuto quando stavo girando Mood Indigo – La schiuma dei giorni, nel 2012, perché si trattava di adattare un libro leggendario e molto conosciuto», racconta Michel Gondry. «Io stesso da ragazzo ero stato influenzato e ispirato da Boris Vian. Quindi avevo tantissime idee personali su come tradurre il libro in immagini. Ma dall’altro lato c’erano la paura di travisarlo e la presenza dei produttori, che sicuramente avevano aspettative diverse».

E ancora: «Sì, mi sono rifugiato in campagna con i montatori come il protagonista de Il libro delle soluzioni. Una volta lì non volevo nemmeno vedere il montaggio e i progressi del film, perché la paura di non essere all’altezza delle aspettative mi aveva seguito fin là. Era un periodo in cui mi sentivo molto fragile dal punto di vista emotivo. Sotto questo punto di vista Marc è esattamente il me stesso di dieci anni fa. Ma non rappresenta il mio processo creativo abituale, quello non è mai stato folle».

Il film sembra suggerire che le soluzioni che il protagonista cerca di trovare, alla sua vita e per il suo film, possono arrivare anche e soprattutto tramite il caos…

Considera che Marc, il protagonista del film, si trova in una situazione psichica anormale. Quindi le conseguenze delle sue bizze si ripercuotono sia sulla sua creatività che sulle sue relazioni con colleghi e famiglia.

È un gioco all’esagerazione, dove un big bang di idee di un regista diventano delle schegge impazzite, magari anche interessanti ma in fin dei conti indomabili. Marc pensa di avere soluzioni globali ma nel frattempo fa scivolare via il suo “piccolo” film dalle mani.

Se avessi lavorato così, non lavorerei più da anni! Il film è una caricatura di dove può portare la paura del fallimento e la presunta grandeur delle ambizioni creative. E, seppur attraverso un tono divertito e divertente, lo sto criticando.

Tra le scene più travolgenti del film c’è quella in cui Marc caccia il direttore dell’orchestra che avrebbe dovuto realizzare le musiche del suo film e assume lui stesso il ruolo vacante. C’è qualcosa di autobiografico anche qui?

Sì e no. Come nel caso nel montaggio del film, anche per le musiche non mi immischio più di tanto con chi è esperto. Di certo non ho mai strappato la bacchetta di mano al direttore d’orchestra per lanciarla fuori dalla finestra (ride, ndr).

Però mi è capitato di dirigere in qualche breve momento delle orchestre sia sul set di Mood Indigo sia su quello de L’arte del sogno, con movimenti improvvisati da direttore d’orchestra un po’ goffi ma efficaci, come fa l’attore Pierre Niney ne Il libro delle soluzioni. A volte funziona, i musicisti hanno questo intuito e riescono a interpretare anche gesti “profani” per trovare i suoni che un regista ricerca.

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Michel Gondry alla presentazione milanese del film

Vale la stessa cosa quando Sting, che si offre per un divertente cameo, viene guidato verso il tema musicale del film?

(Ride, ndr) No, qui abbiamo giocato sulla gag di un regista giovane e inesperto che “insegna” il lavoro a Sting. Lui è un amico e si è prestato al gioco…

Insomma, Il Libro delle Soluzioni si può definire un’autobiografia a metà?

Posso dire di sì. O forse solo un tentativo di vedere dopo tanti anni cosa avevo combinato in quel preciso momento della mia esistenza, dove assumevo parecchi medicinali e non avevo un equilibrio mentale soddisfacente. Mettere su una bilancia ciò che avevo fatto di buono e ciò che avevo fatto di cattivo.

In certi momenti della mia vita ho pensato che pendesse quasi completamente verso il negativo. Il libro delle soluzioni mi ha offerto uno sguardo retrospettivo più soggettivo. Ad esempio, tornando alla scena dell’orchestra, oggi posso dire che aver cercato dei suoni a modo mio fu una felice intuizione, piuttosto creativa.

Cosa ha stimolato la creatività nella carriera di Michel Gondry?

In alcuni casi le storie meravigliose, vivide visivamente, scritte da altri, come quelle di Vian. A volte gli spunti dei collaboratori sui set, come gli scenografi o i decoratori. Altre volte dettagli della realtà che mi circondava in un certo momento.

Se guardate Il libro delle soluzioni, il protagonista riceve input in modo frenetico, incessante, da tutto e tutti. Dalle abitudini quotidiane della zia anziana alle foglie bucherellate che trova per terra, dalla cascina che ristruttura alle difficoltà logistiche che lo costringono a trasformare il suo furgone in una sala di montaggio. Insomma, la creatività è diffusa, va captata.

Articolo di Luca Zanovello

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