Interviste

L’emotività attraverso il razionale: intervista a Any Other

“Two, Geography”, il nuovo album di Any Other (aka Adele Nigro) è uscito il 14 settembre per 42 Records. Subito dopo Adele ha dato inizio al tour europeo

Autore Eleonora Lischetti
  • Il10 Settembre 2018
L’emotività attraverso il razionale: intervista a Any Other

Any Other - Two Geography - 1

Ho dato appuntamento ad Adele Nigro, mente e corpo del progetto Any Other, in un’enoteca a Milano vicino a casa sua per parlare del suo nuovo album, di femminismo-non-spiccio e videogiochi. Two, Geography esce il 14 settembre per 42 Records e Adele sarà live con il tour europeo a partire dal 17 settembre.

Any Other - Two Geography - 2

Com’è stato suonare in anteprima i nuovi pezzi del disco su un palco importante come quello del Primavera Sound?

È stato strano ma bello. Solitamente non sono agitata prima di suonare, però al Primavera mi stavo mezzo cagando sotto! Neanche tanto per il festival in sé, più che altro perché era la prima volta che suonavo i pezzi nuovi. La risposta è stata ottima da parte del pubblico, anche di quello non italiano, che era quello che più mi interessava.

Parliamo invece di Two, Geography, il tuo secondo disco. Com’è stato scritto e arrangiato?

La primissima cellula di Two, Geography è stata scritta quando ancora doveva uscire il mio primo disco. Potrei definirlo come un viaggio nella mia psicosi da control-freak nel senso che è stato scritto, arrangiato e suonato da me. Sono stata presente al 100% su tutto quello che ha riguardato questo disco. Per me è stata un’esperienza pazzesca! Nonostante il fatto che anche nel disco vecchio avessi scritto io tutti pezzi, c’era una dimensione da band. Ci mettevamo lì tutti assieme e decidevamo l’arrangiamento, la dinamica dei pezzi… Stavolta invece no. Anche in studio siamo stati solo una decina di giorni, perché dietro c’era un lavoro di pre-produzione pazzesco.

Sei arrivata in studio praticamente con i pezzi pronti.

Esatto. Sono andata per sostituzione dai provini: togliamo la traccia di batteria del provino e registriamo quella definitiva; togliamo la voce e registriamo quella definitiva. È stato tutto abbastanza razionale, nonostante nella creazione sia stato un delirio emotivo.

Ma questa eccessiva razionalità non è affatto riflessa nelle tematiche che affronti.

Affatto! Two, Geography è un disco che parla di una relazione – che è stata parallela a tutta la scrittura del disco – e della fine della stessa.

Come primo singolo hai scelto di far uscire Walkthrough: c’è un motivo specifico?

Sì, l’ho scelta per due motivi. Un po’ per il fatto che sia completamente diversa da Silently. Quietly. Going Away (il primo album, ndr), così come lo è tutto il disco in generale. Un po’ l’ho scelta perché, dal punto di vista testuale, l’ho sempre vista come un indice del resto del disco e di quella che è stata la mia relazione. Two, Geography non è di certo un concept album, ma anche nel costruire la scaletta ho cercato di dare un senso cronologico al tutto. Il titolo è un riferimento dato dalla mia anima nerd: nel mondo dei videogiochi i walkthrough sono delle guide passo passo, che ti aiutano a passare un punto in cui hai difficoltà. Mi piaceva quest’idea di prendere una persona per mano e passo per passo portarla nel disco.



Nell’ultimo anno ti abbiamo vista in un sacco di progetti “altri”. Ti faccio qualche nome: Colapesce, Halfalib, Myss Keta, Generic Animal, Andrea Poggio…

Il primo progetto esterno a cui ho partecipato è stato Halfalib. È una cosa che amo fare tantissimo. Se suonare le mie cose significa “sfogarmi”, fare quelle degli altri significa divertirmi perché mi libero dei miei pipponi mentali. Dal punto di vista umano mi piace tutto il discorso di contaminazione, di scambio con gli altri: che sia produrre o cantare. Mi è servito tantissimo per capire anche molte cose di me e incontrare degli aspetti musicali che, da sola, magari non avrei mai incrociato.

Parliamo di Colapesce: hai seguito il lungo tour che ha portato Lorenzo a suonare in tutta Italia. Com’è andata? Come hai vissuto il fatto di essere l’unica donna sul palco?

A settembre dell’anno scorso ricevo una telefonata da Lorenzo che mi chiede se volessi andare a suonare con lui. Io ero contenta, ma nemmeno iper eccitata perché, avendo registrato delle voci nel disco, pensavo mi avesse chiamato per fare la corista. E invece, oltre a fare i cori, doppiare tutte le voci di Lorenzo, mi ha chiesto di suonare per lui la chitarra. Non ritmica, ma quella solista! È una cosa che ho apprezzato un sacco di Lorenzo: quando deve riconoscere i meriti, li riconosce e non sta lì a farsi le “pippe” uomo-donna, maschio-femmina. Sei brava? Ok, vieni a suonare con me. C’è sempre questa cosa un po’ frustrante che, quando sei un uomo, se sei bravo da 1 a 10, se fai 7 ti basta. Se sei una donna, devi fare 14. Una volta vivevo con un sacco di frustrazione questa situazione. Adesso invece sto facendo il mio percorso, sono sempre più sicura di me e di quello che faccio. Sono una ragazza e sono brava: ma non brava per essere una donna, sono proprio bravissima come musicista!

Perché, secondo te, ci sono così poche figure femminili davvero influenti nel campo della musica in Italia?

Non ti so dare una risposta esaustiva. Adesso farò delle generalizzazioni, che però sono necessarie in questo caso. Quello che ti posso dire io – relativamente al mio micro-vissuto come musicista – è che agli uomini non interessa mettersi in discussione. Non interessa provare a vedere le cose attraverso un filtro che non sia il loro. Che è il motivo per il quale, se ci pensi, noi donne siamo abituate ad ascoltare musica scritta da uomini, che parla di uomini, tuttavia immedesimandoci. Se fai sentire una roba super pop, diciamo Lorde, ad un ragazzo, probabilmente lui ti dirà: “No, non mi dice niente”. Quanti artisti uomini che, magari, non parlavano a noi donne ci siamo dovute sciroppare? Il fatto è che gli uomini sono abituati a vedere la realtà attraverso il filtro fatto per uomini, bianchi, più o meno borghesi. È una questione di coscienza del mondo che ti circonda. Sei così tanto abituato allo standard che tutto quello che differisce per te è stranezza. Invece è normale, non sei tu lo standard!

Vale anche all’estero questo discorso?

Una cosa che posso dire senza ombra di dubbio è che nel sistema musicale in Italia abbiamo zero coscienza di qualsiasi social issue. Siamo super sessisti, mega razzisti, iper omofobi, con la transfobia andiamo a braccetto. E poi ci giustifichiamo con il fatto che ci piace scherzare su questi temi. È pieno di gente che dovrebbe arrivarci, ma poi cade sulle cose piccole, magari sul linguaggio, una questione che a me sta molto a cuore. Perché devi chiamare un transessuale “travone”? È una battuta, si scherza. Nell’ambiente musicale fuori dall’Italia queste cose non sono più tollerate. Anzi, proprio non sono concepibili, sono fuori discussione, sono ovvie.

Any Other - Two Geography - 3

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