Quali prospettive per la musica italiana in Cina? Intervista a Sean White, autore di “Creuza de Mao”
Da anni Sean White promuove l’incontro culturale fra Italia e Cina attraverso la musica. In patria ha pubblicato un best seller dal titolo curioso: “Creuza de Mao”
Il personaggio è piuttosto singolare: Zhang Changxiao, meglio noto con lo pseudonimo Sean White, è un ex studente di ingegneria meccanica al Politecnico di Milano che si è reinventato promotore e ambasciatore del cantautorato italiano nel suo paese d’origine, la Cina. Non può non catturare l’attenzione il titolo del libro che ha pubblicato quest’anno nella Repubblica Popolare (diventato un vero best seller): Creuza de Mao, con il quale racconta ai connazionali i grandi della canzone italiana. Da anni Sean lavora a tempo pieno per promuovere l’incontro culturale tra Italia e Cina. Per esempio con la sua agenzia di comunicazione Long Morning organizza concerti in Cina per artisti italiani e internazionali (Eugenio Finardi, Giovanni Allevi, Stewart Copeland e altri), occupandosi anche del copyright della musica italiana in territorio cinese, e recentemente ha curato a Milano il Mandorla Music Festival, la prima rassegna musicale organizzata dalla comunità cinese in Italia.
La tua storia personale è molto particolare, poiché sei saltato rapidamente dall’ingegneria alla promozione musicale. Avevi una forte passione per la musica anche prima di venire in Italia? E cosa ti ha spinto a prendere un rischio così?
Ho ereditato la mia grande passione per la musica da parte di mia nonna: a lei piace molto l’opera di Pechino. Da piccolo ascoltavamo sempre musica insieme. Prima di arrivare in Italia, mi dilettavo per hobby a scrivere di musica già in Cina. Ma non avrei mai immaginato che sarebbe potuto diventare il mio futuro lavoro. Sono venuto a studiare in Italia per un master in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano, ma in realtà non ne ero appassionato e non mi reputo un bravo ingegnere. Per questo ho cercato di trovare altre cose interessanti da fare: in Cina dipingevo, quindi all’inizio ho provato a farlo anche qui, senza però ottenere successo.
Un giorno, mentre camminavo sul lungolago di Lecco, ho sentito per caso Nella Mia Ora di Libertà di De André provenire da una videoteca. Da subito la sua voce mi ha colpito e commosso. Non ascolto mai questo tipo di musica. Più tardi, grazie allo scrittore Walter Pistarini, ho potuto conoscere altri cantautori italiani come De Gregori, Guccini, Gaber e così via. In seguito ho conosciuto Francesco Baccini, partecipando al suo tour in Cina nel 2013. Dopo il tour, mi sono chiesto: perché non far conoscere altra di questa buona musica in Cina? Così ho deciso di lasciare gli studi per dedicarmi a conoscere i cantautori italiani, intervistandoli e approfondendo le mie ricerche.
Fabrizio De André è un autore molto complesso anche per gli stessi italiani. Cosa ti ha colpito in particolare delle sue canzoni?
Devo dire che la sua voce ha toccato il mio cuore immediatamente. Era speciale e nuova per me, come le sensazioni che portava con sé. Non sapevo cosa stesse cantando, ma ne potevo cogliere l’intensità. Ne ho avuto conferma leggendo e capendo i suoi testi. La sua musica mi ha introdotto nella cultura italiana, come quando ti innamori di una donna man mano che la conosci meglio.
In generale noi sappiamo quali artisti italiani sono molto conosciuti per esempio in sud America e nell’est Europa, ma personalmente non ho idea riguardo al mercato cinese. Chi è che va forte lì?
In realtà in Cina è molto conosciuto solo Pavarotti. Anche Laura Pausini e Tiziano Ferro sono popolari. D’ora in poi, però, il mio obiettivo sarà far conoscere anche altri artisti simbolo come per esempio Ligabue, Renato Zero, De André, De Gregori, Jovanotti, Paolo Conte e così via.
Tu organizzi concerti per artisti italiani in Cina e ti occupi anche di gestione del copyright al fine che la loro musica possa essere distribuita. Quali prospettiva di mercato vedi per la musica e gli artisti italiani in Cina nel futuro?
Credo che la musica dei cantuatori italiani abbia una grande potenzialità di mercato in Cina. Come è noto, la Cina sta crescendo economicamente, quindi si vuole ascoltare e assorbire più musica nuova. Il mercato del mio Paese è ampio e la musica italiana ha una buona melodia e qualità. Per questo le due nazioni sono in una partita ancora tutta da giocare. Adesso si devono solo portare gli artisti italiani in Cina così da farli esibire di fronte a un pubblico nuovo e desideroso di conoscerli.
Quanto è studiato l’italiano in Cina? Immagino che molti lo conoscano proprio per motivi legati alla musica.
In realtà non sono molte le persone che studiano l’italiano, ma molti cinesi sono interessati alla cultura di questo Bel Paese, specialmente del cinema. Quasi tutti conoscono però parole come “Bella” “Ciao” e “Bravo” .
Creuza de Mao sarà pubblicato anche in Italia. Puoi riassumere il suo contenuto e il suo concept per chi ne è curioso?
Creuza de Mao si compone di tre parti: la prima parte racconta la mia storia nel music business italiano e di come sia diventata una carriera professionale. Nella seconda parte parlo delle mie esperienze e interviste con i cantanti italiani e nella terza parte scrivo di alcuni cantautori cinesi, come ad esempio Cui Jian.
In Italia c’è una numerosa comunità cinese (quella milanese risale addirittura agli anni ’20). Hai idea di quale musica ascoltino i ragazzi?
Alcuni dei figli di molti cinesi qui in Italia adorano per esempio il pop e il rap. Per loro i cantautori italiani rimangono ancora poco conosciuti.