Interviste

Ketama126: «Perdere il disagio può essere un problema per l’ispirazione»

Arriva Kety Reborn, la nuova edizione dell’ultimo disco di inediti di Ketama126. Al suo interno anche un featuring attesissimo con Side Baby

Autore Giovanni Ferrari
  • Il2 Luglio 2020
Ketama126: «Perdere il disagio può essere un problema per l’ispirazione»

Ketama126

Ketama126 ormai è sinonimo di molte cose. Di un certo modo di fare musica urban in Italia, unendo più influenze provenienti dagli USA (ma non solo). È sinonimo di provocazione e pure di dichiarazioni a volte ben poco lontane dal politically correct che, ormai, è entrato anche nel mondo della trap. Ma anche di estremi, del limbo tra disagio e fama, che – alla fine – riesce a presentare nelle sue mille sfaccettature.

Domani, venerdì 3 luglio, esce Kety Reborn, la nuova edizione dell’ultimo disco di Ketama126, Kety. Al suo interno ci sono infatti cinque inediti (tra i quali un attesissimo feat con Side Baby) e un remix.

Abbiamo fatto due chiacchiere con Ketama126.

Come mai hai deciso di ripubblicare una nuova edizione del tuo ultimo disco?

Ho deciso di fare questa versione deluxe per vari motivi. Innanzitutto era presto per uscire con un altro disco, anche per via del Covid. Visto che ora non puoi portare un progetto dal vivo, sarebbe stato inutile uscire con qualcosa di totalmente nuovo. Ma allo stesso tempo non volevo rimanere fermo. Quindi la scelta di fare una versione deluxe è data anche da questo. Poi, c’erano dei pezzi che non ero riuscito a mettere in Kety, tra i quali il feat con Side Baby. 

Beh, c’era una grande attesa per questo brano…

Sì, è un ritorno inaspettato per molti fan. Ai tempi – parliamo del 2015 – la nostra collaborazione Pezzi era assolutamente avanti. Sia a livello di testo che di sound. Side con la Dark e io con la Love Gang 126 siamo stati i primi a portare questa roba a Roma: abbiamo anticipato un sacco i tempi. È stato un pezzo simbolo di tutto questo movimento. Dopo cinque anni era una cosa che i fan mi chiedevano ancora, quasi tutti i giorni.

Il linguaggio dei tuoi pezzi è sempre diretto, ma allo stesso tempo riesci a metterci dentro anche la tua emotività. Come racconteresti i brani inediti inseriti in Kety Reborn

Sono tutti diversi l’uno dall’altro, sia a livello di beat che di mood. Ogni pezzo racconta una cosa diversa. C’è Pezzi Due che testimonia la crescita che c’è stata in questi anni. Oppure No infami, brano dalla sonorità metal e hard-core in tutto e per tutto. Bum Bum è un po’ più romantico con un beat più soft ma comunque molto ballabile. Poi c’è un remix dance e Diablo che riprende lo stile di Pop Smoke. È mega particolare. Ho concentrato stili diversi ma tutti con il mio stile. 

Parlami della ricerca sonora presente nei tuoi brani. Tu nasci come produttore. Riesci a unire un’attitudine rock con chitarre distorte a un mondo fatto di autotune e barre belle tirate. Come sei arrivato a trovare la tua dimensione così personale?

Per me che nasco come produttore è più facile ma anche più difficile. Essendo produttore so come ottenere un tipo di suono, per cui se voglio una cosa, la so creare. Ma allo stesso tempo, ho sempre in mente la ricerca di suoni nuovi, di tendenze nuove. È proprio la ricerca il punto principale. Mi piace essere il primo a fare una roba.

Ad esempio?

Se c’è una cosa figa che fanno in America voglio essere il primo a portarla in Italia. Ho sempre fatto così per le ultime cose nuove. Pensa a Pezzi Uno. Il mio stile è più quello. Molti hanno esemplificato la cosa, dicendo “Visto che sei stato il primo a portare in Italia lo stile di Lil Peep, sei il Lil Peep italiano”. No, non è così. Semplicemente in quel periodo per me quella era la cosa più figa che c’era in circolazione. In ogni caso voglio stupire chi mi segue, pubblicando cose che non ci si aspetta. 

In Diablo citi la tua major, la Sony Music. Come si trova Ketama126 nel mondo della discografia?

Ti parlo per quello che conosco e per quello che mi riguarda. Io con Sony mi sono sempre trovato bene. Con me si sono sempre comportati bene. Mi lasciano totalmente libero in tutto quello che voglio fare. Non hanno mai cercato di dirmi “Fai un pezzo commerciale” oppure “Fai un feat con questo o con quest’altro”. Magari lo possono anche giustamente proporre, ma sta a me scegliere se voglio farlo oppure no. Tutti i feat che sono presenti in Kety, ad esempio, sono stati creati in base a un rapporto di amicizia.

Non è una cosa per nulla scontata…

Assolutamente. In Sony hanno capito bene che in un genere come la trap è inutile snaturare l’artista. Quello che piace al pubblico è la naturalezza. 

Hai raccontato in un’intervista che bisogna parlare e discutere della droga, perché è un vero problema. E che spesso “utilizzi” i tuoi pezzi per riportare all’attenzione questo tema. Qual è la tua posizione a riguardo?

Ho sempre fatto video molto provocatori. Se una provocazione fa parlare la gente di un argomento che solitamente è visto come un tabù, allora ha senso farla. Però non è solo una provocazione fine a se stessa, giusto per fare numeri. È una cosa che può creare discussione. In Italia si parla poco di alcuni problemi reali, che spesso vengono ignorati. Io sono stato il primo a fare questo nei videoclip. Oggi vedere video di artisti trap con gente che si fuma il crack o la stagnola è diventata una cosa quasi normale. Quando ho fatto Lucciole nessuno l’aveva ancora fatto. A partire dal mio amico Massimo Pericolo, che ha potuto fare un video in cui bruciava la sua tessera elettorale e in cui un suo amico fumava la stagnola. Ma l’ha fatto anche grazie a me. Sono stato io il primo a sdoganare certi discorsi.

Qualche mese fa sei stato ospite de L’Assedio di Daria Bignardi e sembrava ci fosse una stima reciproca tra voi che appartenete a due mondi completamente differenti. Come vi siete conosciuti? La vostra chiacchierata ha dimostrato che la tua musica non parla solo a una generazione?

Penso di sì. Lei ha una figlia che ha l’età dei miei fan. Quindi mi conosceva perché sua figlia ascoltava la mia musica. Poi io ho saputo che Daria era già fan di Noyz Narcos. Ci siamo conosciuti per la prima volta alla serata di Propaganda, a Milano. Mi ero stupito nel vederla lì al Magnolia. Lei è venuta perché era fan di Emanuele, ma anche perché voleva conoscermi e vedere un mio concerto. Lì rimase colpita dal live. È stata una cosa veramente spontanea.

In Dirty dici “Non so più cosa voglio”. Può capitare che – man mano che si ottengono risultati – si perda di vista cosa si cerca davvero? Tu ti chiedi mai cosa vuoi davvero?

Mi capita spesso. Quello è il problema più grande di tutti gli artisti. Io fino a Kety ho sempre raccontato i miei sogni, cosa avrei voluto fare e diventare. Poi, man mano che suoni e porti la tua musica in giro (addirittura al Rock in Roma), ti viene da dire “Cazzo, ora che mi invento? Devo suonare all’Olimpico?”. Insomma, devi sempre fare di più. È difficile anche per quello. E lo è soprattutto per me. Io sono un artista che ha sempre puntato sulla parte più disagiata della propria vita. Quando perdi parte di quel disagio e raggiungi certi comfort, può diventare un po’ più difficile. E io che pensavo che il problema fossero i soldi…

Non la pensi più così?

Quando fai i soldi capisci che non è quello il punto. E inizi a chiederti dove sta il problema: potresti essere tu, potrebbero essere tante altre cose. Era sicuramente più semplice pensare che il problema fossero i soldi. È facile, quando non ottieni ciò che vuoi, dare delle colpe. Ma quando lo conquisti e continui a essere insoddisfatto, allora si apre tutto un altro discorso.

Hai ascoltato le canzoni candidate a tormentoni dell’estate? Raccontami le tue impressioni appena becchi in radio uno di questi pezzi… 

Sai che quest’anno mi sembra che ci sia poca roba? Sarà il Covid ad aver ucciso pure i tormentoni estivi? Boh. Forse è stata l’unica cosa buona che ha fatto (ride, ndr). 

Come vedi il momento post-lockdown in cui ci troviamo? Quando torneremo alla normalità nell’industria dei live?

È un momento difficile. Tutti i giorni mi arrivano messaggi dei fan: “Quando suoni?”. Purtroppo la vedo incerta. Non mi resta che pregare che non ci sia un’altra ondata della pandemia. Anche io non vedo l’ora di suonare. Ora come ora, però, si possono fare concerti solo per un massimo di 1000 persone tutte sedute e distanziate. Di sicuro la mia musica non può essere fatta in questa maniera. 

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