Interviste

Khruangbin: l’ombelico del mondo è a Houston. L’intervista

Esce in questi giorni il terzo album dei Khruangbin, Mordechai, che potrebbe essere uno dei dischi per l’estate. Così diversa come quella di quest’anno

Autore Tommaso Toma
  • Il28 Giugno 2020
Khruangbin: l’ombelico del mondo è a Houston. L’intervista

Khruangbin. Credit: Tamsin Isaacs

Si presentano con un look eccentrico e spesso scintillante. C’è la bella e sinuosa Laura Lee che suona il basso. Poi, il chitarrista capellone Mark Speer che pare uno dei Tame Impala o un attore da b-movie anni 70. E infine il compassato ma supercool batterista Donald “DJ” Johnson. I Khruangbin sembrano usciti da una scena di un film di Tarantino.

Il loro nuovo album Mordechai, il terzo in studio, è la summa dei precedenti. Perfetto e ricco come sempre di cromature nelle melodie ed eclettico nei ritmi. Abbiamo parlato con Donald Johnson.

Gli Stati Uniti stanno vivendo un momento difficile tra l’ondata di pandemia e la rinascita dei problemi razziali. Mi piacerebbe conoscere i tuoi pensieri su ciò che sta accadendo attualmente...

La pandemia ha colpito tutto il mondo e proprio durante le prime fasi siamo stati in apprensione per la situazione in Italia. Sebbene il virus fosse una cosa spaventosa, dalla situazione è emerso qualcosa di buono. Abbiamo visto persone di tutto il mondo riunirsi e fare la loro parte per combattere collettivamente questo virus e rallentarne la diffusione.

E cosa hai pensato dopo la morte di George Floyd e la ripresa del movimento Black Lives Matter?

Eravamo tutti e tre profondamente rattristati per quello che è successo a Floyd. È stato un atto codardo della polizia e nessuno merita di morire in un modo così crudele e disumano, senza il giusto processo e la possibilità di difendersi. Apprezziamo la protesta pubblica per il cambiamento in risposta al modo in cui le persone di colore sono trattate dalla polizia negli Stati Uniti. Il cambiamento deve avvenire ora!

Mi ha colpito ciò che Laura ha dichiarato al New York Times: “Volevamo realizzare un disco che suonasse come ovunque e quindi che suonasse come Houston”. Perché il suono dell’ovunque corrisponderebbe a quello di Houston?

Se ci andate vi troverete davanti a un melting pot di culture. Persone da tutto il mondo vengono a Houston per lavorare nel campo medico e nel settore energetico. Come tutti sappiamo, quando le persone si spostano, anche le loro tradizioni musicali, le loro abitudini culinarie, i modi di vestirsi oltre ovviamente al loro background culturale, si trasferiscono con loro.

Ovviamente le prime usanze che si diffondono più facilmente sono quelle legate al cibo e Houston ha tonnellate di ristoranti che ti permettono di provare la cucina di tutto il mondo, preparata da persone che arrivano proprio da quelle nazioni che “portano in tavola”. Molte volte abbiamo mangiato in questi posti e abbiamo scoperto della musica straordinaria che arrivava da diffusori piazzati nelle cucine di quei ristoranti… Houston è un gioiello!

E cosa ti piace ascoltare tra le produzioni del nostro Paese? 

La nostra “relazione amorosa” con la musica italiana arriva attraverso compositori di film come Nino Rota, Ennio Morricone, Marc 4 e Alessandro Alessandroni. E mi viene adesso in mente una grande canzone pop italiana Da te era bello restar di Nuccia Bongiovanni (nel 1955 partecipò al Festival di Sanremo e in TV conquistò un’enorme popolarità con Il Musichiere, trasmissione condotta da Mario Riva, ndr).

Ascolta qui Mordechai dei Khruangbin

L’intervista integrale la leggerete sul prossimo magazine di Billboard Italia.

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