Interviste

Con Laura Misch ascoltare il cielo è un’impresa possibile

Conosciamo meglio questa musicista inglese che ascolta i suoni della natura e suona il sax. Il risultato finale è un disco di debutto, “Sample the Sky”, opera di pop dalle venature di jazz leggiadro ed elegantissimo

Autore Tommaso Toma
  • Il11 Ottobre 2023
Con Laura Misch ascoltare il cielo è un’impresa possibile

Laura Misch (fonte: ufficio stampa)

Viene da chiedersi cosa ci faccia una giovane donna che suona il sax (imparato ascoltando Beyoncé) e che studia biomedicina con un microfono ambientale tra i gradevoli giardini del Crystal Palace Park nel sud est di Londra. Il verde lambisce un’ampia pista d’atletica e ai margini della grande area verde c’è un asilo con enormi dinosauri disegnati sulle mura. Sembra il posto giusto per andare a leggere un libro o prendere il sole nelle tiepide giornate estive, e invece Laura Misch ha deciso di spendere il suo tempo lì, dopo aver qualche anno fa deciso di lasciarsi alle spalle il suo micro-universo musicale creato dentro la sua cameretta da letto.

Alla ricerca del suono perfetto in mezzo alla natura

Laura Misch, con la scoperta delle pratiche dei field recording, delle opere delle autrici sperimentali Daphne Oram, Pauline Oliveros e dei suoni elettronici e analogici di Caterina Barbieri, ha cambiato completamente il suo stile sonoro.

Noi la scopriamo grazie a un autentico gioiellino di album che s’intitola Sample the Sky. Curiosamente esce per un’etichetta che 35 anni fa lanciava la carriera degli Sugarcubes di Björk, con la quale la giovane londinese Misch condivide ovviamente un amore viscerale per la natura.

Laura Misch a novembre in concerto a Milano

La stampa specializzata anglosassone si è da subito interessata a lei una volta piazzata sulle piattaforme l’intensa Listen to the Sky. Un perfetto esempio di calore pop, con un’elettronica mai invasiva, una voce morbida e una sensibilità jazz nuova, fresca, che ricorda quella dell’eccentrico suo connazionale Alabaster DePlume, anche lui sassofonista e anima gentile.

Ora la bionda biomedica che suona il sax e ascolta i suoni del sottosuolo e delle nuvole (una sola bionda che suona il sax nel pop mi viene in mente, Candy Dulfer, ma Laura Misch ha classe da vendere in più) sta per uscire con il suo primo album, che è tutto un peana sulla natura.

La sera che andrete a vederla a Milano il 4 novembre (sarà all’ARCI Bellezza), chiudete gli occhi: potreste ritrovarvi idealmente sotto una tenda da campeggio nel bel mezzo di una notte stellata.

Laura Misch - Sample the Sky - intervista - 2
Laura Misch (fonte: ufficio stampa)

L’intervista a Laura Misch

Tutto nel tuo album, sin dalla copertina con quella bella lumachina nell’inner sleeve, il cielo e le nuvole nella front cover, è un manifesto alla natura e ad affrontare le cose con lentezza. Così ho interpretato Sample the Sky.

Hai ragione sul focus sulla lentezza. Ma forse è stato più il mio subconscio ad associare la lumaca a questo tema. Perché in realtà io mi sono persa su quell’affascinante dettaglio che è il suo guscio a spirale, tanto che anche nella front cover c’è una spirale di nuvole!

Volevo da subito chiederti cosa ne pensi di Alabaster DePlume. Suonate lo stesso strumento, il suo background è forse ancora più jazz e vicino all’Africa, ma anche lui mi pare una figura eccentrica.

Gli spettacoli dal vivo di Alabaster sono incredibilmente originali. Mi è stato detto che sono da sempre all’insegna dell’improvvisazione, ma traspare comunque cura e devozione verso il proprio strumento e il proprio lavoro. Lui sembra davvero perfetto nell’imperfezione.

Parliamo dell’album. Come è nata Hide to Seek, forse la composizione più da club di Sample the Sky?

In effetti volevo creare una traccia dance con il mio sassofono. Ho suonato un ritornello melodico poi l’ho elaborato con il sintetizzatore modulare di William Arcane. È così che ha preso forma Hide to Seek. Quando ho dato forma a quel ritornello, ricordo di essermi sentita molto emozionata, come se fosse nato qualcosa di davvero unico.

Davvero notevole è Listen to the Sky. Hai trovato anche qui un giusto equilibrio tra il tuo sax e una forma leggiadra di pop.

Listen to the Skyin realtà si è evoluta. Si è trasformata nel corso di molti anni per raggiungere la sua forma finale solo adesso. Il testo parla dello sforzo, del fervore nel cercare di raggiungere un obiettivo, per poi guardarsi indietro e vedere la distruzione provocata lungo il percorso.

In un certo senso è una metafora sia rivolta al nostro mondo più intimo, personale, che alla società nella sua interezza. Il ritornello poi si rivolge alla fiducia verso la natura, mentre tutto sembra svolgersi al sorgere del sole. Ho immaginato che le persone ballassero in cima a una collina in una sorta di rave pagano in comunione con il cielo.

Tu questa connessione con la natura non la cerchi solo nell’ispirazione ma concretamente nei suoni, andando a fare lunghi e accurati field recording. Quali sono i suoni che hai catturato e che maggiormente ti hanno stupito?

Sì, mi piace davvero registrare all’aperto, ma le registrazioni più incredibili che ho sentito sono state catturate dai miei amici. Hide to Seek presenta addirittura registrazioni geofoniche (un sensore che capta le onde che si propagano nel terreno, ndr) di un amico e artista del suono di nome James Bulley. Se avete lettori nerd sull’argomento… Vi dico cosa ho usato.

Non penso che abbiamo un pubblico di lettori specializzati in field recording, ma siamo sempre aperti alla conoscenza, quindi ti ascoltiamo!

James ha utilizzato un LOM Geofòn interrato alla base di una vecchia quercia in un terreno umido in combinazione con un DPA 4060 all’interno di una cavità di un albero. Il suono è stato registrato utilizzando un microfono stereo canna di fucile Audio Technica (BP4025). Poi tutte quelle registrazioni vengono sovrapposte. Il risultato è la prima cosa che senti all’inizio di Sample the Sky. Volevo che iniziasse nelle profondità della terra.

Cosa significa trovare la natura dentro una metropoli come Londra?

Significa tantissimo trovare la natura all’interno delle grandi città. Puoi pensarlo come una sorta di oasi nella vastità del cemento. A volte può sembrare che l’espansione industriale sia implacabile, ma ho anche molta speranza nel recupero delle quote verdi delle città.

E invece cosa provi quando sei davvero in mezzo alla natura e la città è lontana?

Penso che la sensazione sia molto variabile a seconda del paesaggio e dell’ecosistema. Una foresta densamente popolata sembra molto diversa da una montagna aperta. Se seguo un po’ alla lettera quello che mi chiedi mi vengono in mente quei momenti nella mia vita in cui sono andata in campeggio e ho sperimentato questa sensazione che la città fosse in effetti lontana, ma rimane il desiderio e la possibilità di riconnettermi con questa, quando voglio.

Cosa ti piaceva ascoltare mentre pensavi a dare vita a questo album?

Il cielo!

So che ti piace Caterina Barbieri. Hai mai pensato di contattarla e fare qualcosa con lei?

Ho così tanto rispetto per il lavoro di Caterina. Vederla dal vivo è stata una delle esperienze più incredibili a cui abbia mai assistito. Sembrava che si stesse scatenando una tempesta. Sarebbe un sogno lavorare con lei un giorno.

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