Le Guess Who?, comincia il festival “ai confini della musica pop”. L’intervista
Da oggi fino a domenica si svolge uno tra gli eventi più avventurosi del vecchio continente, giunto alla sua 15° edizione. Difficile trovare paralleli di sorta: da almeno 10 anni Le Guess Who? si è imposto per contenuti e progetti esclusivi. Ne abbiamo parlato con uno degli organizzatori
Le Guess Who? è davvero un festival sui generis. Già a partire dal titolo porta con sé questo punto interrogativo che significa molte cose. Nulla è scontato tra le strade e i locali di Utrecht, e il programma ogni anno è squisitamente obliquo, trasversale, eccentrico ma sempre eccitantissimo. Troverete sempre una commistione di nomi cool che si presentano spesso con progetti speciali e propongono una ricerca nelle tradizioni musicali di tutto il pianeta.
I curatori ospiti saranno gli Animal Collective, la Ostinato Records e poi clipping. e il collettivo inglese CURL (Mica Levi, Brother May e Coby Sey). E dal vivo tanta roba. Dai nomi più in voga del cosiddetto indie rock – quest’anno tocca ai Dry Cleaning – ad alcuni tesori nascosti provenienti dal Medio Oriente, dall’Africa occidentale e finanche dall’Australia.
Di anno in anno sono gli stessi curatori a plasmare il programma in concerto con gli ideatori del festival, occupando materialmente tutti i luoghi istituzionali ed i club della città di Utrecht. Dall’ultramoderno auditorium Tivoli posto in pieno centro (e le sue molteplici sale attrezzate con i più sofisticati impianti audio) alle due chiese sconsacrate – Janskerk e Jacobikerk – fino ad arrivare ai club satellitari EKKO e LE:EN.
Nonostante le difficoltà dello scorso anno – con le restrizioni dell’ultima ora che hanno coinvolto la scaletta originale – l’intento degli organizzatori non sembra esser stato scalfito. Ne abbiamo parlato con uno di loro, Jacob Hagelaars.
Una piccola introduzione ai novizi è necessaria. Puoi fornirci una piccola descrizione del festival, gli esordi e i primi obiettivi comuni?
Le Guess Who? è stato, e continuerà ad essere, una piattaforma intercambiabile per la musica e l’arte, con indirizzi e obiettivi radicalmente diversi di anno in anno. Quando il festival è iniziato nel 2007, era poco più di uno showcase per artisti di passaporto canadese come Caribou, Black Mountain, solo per citarne alcuni. Dopo alcuni anni si è evoluto in un evento che noi stessi abbiamo ribattezzato come festival “ai confini della musica pop”, con un importante attenzione alle realtà di stampo indipendente. Beach House, Mac DeMarco, Sharon Van Etten, Ty Segall e molti altri sono solo alcuni dei nomi da annoverarsi tra i protagonisti delle prime stagioni, nel periodo 2010/2012.
Nel 2014, quando il festival è divenuto indipendente e si è allargato in termini di capacità, il programma ha compiuto un grosso passo in avanti verso la direzione attuale. I nuovi spazi costruiti all’interno del TivoliVredenburg hanno offerto l’opportunità di re-inventare il festival, col risultato di costituire un programma più bilanciato e diversificato nei contenuti, includendo ad esempio una maratona di 24 ore o un cartellone curato da Swans, Dr. John e Selda Bagcan.
Oggi questa piattaforma è intenzionata a rappresentare realtà atipiche, che difficilmente si possono ascoltare in manifestazioni analoghe. Parliamo di sonorità che hanno il potere di arricchire le nostre vite e mettere in contatto individui dal diverso background culturale. Inoltre aspiriamo ad avere molteplici curatori ogni anno, perché crediamo fortemente che questa sorta di decentralizzazione possa mantenere il festival fresco, aggiornato e rilevante nelle sue scelte. Quest’anno lavoriamo con 14 differenti partner, che hanno provveduto ad introdurre il loro programma a Le Guess Who?.
Il rapporto con la città di Utrecht, le istituzioni locali e anche i negozi selezionati: in che modo avete sviluppato queste sinergie durature?
Costruire ed espandere un festival è possibile soltanto con un’infrastruttura solida, a livello sia locale che internazionale. La città di Utrecht come nostra base operativa è un regalo in tutti i sensi, in quanto le distanze tra i diversi luoghi del festival sono relativamente brevi e le istituzioni locali, che sono cruciali per lo sviluppo culturale della città, sono allo stesso modo fortunate a collaborare con noi.
Le Guess Who? è una celebrazione per molti versi, ma anche un’opportunità per molte realtà istituzionalizzate ed imprenditoriali. Crediamo sia nostra responsabilità essere in contatto con quanti più creativi in ogni singolo quartiere di Utrecht e vedere cosa ottenere insieme, nel mostrare al nostro pubblico internazionale quanto la città di Utrecht ha da offrire. Senza il coinvolgimento di queste realtà locali Le Guess Who? non sarebbe possibile, per questo è importante costruire e mantenere questo tipo di relazioni.
Relativamente all’oggi, quali sono i maggiori aggiornamenti?
Come detto prima ci siamo imposti di rinnovare i nostri contenuti ogni anno. Relativamente al programma, quest’anno abbiamo collaborato con un maggior numero di curatori, e abbiamo selezionato più artisti di stampo hip hop ed elettronico rispetto al recente passato.
Abbiamo lavorato duro per far crescere il nostro progetto COSMOS, che è a tutti gli effetti la nostra piattaforma ibrida. COSMOS ci dà l’opportunità di amplificare e mettere in mostra le scene locali da tutto il mondo e presentarle a un pubblico internazionale, al di là degli abitudinari di base a Utrecht. Ospiterà per la prima volta anche un talk show, con argomenti inerenti all’industria musicale.
Qual è il futuro di LGW?, un festival in grado di connettere diversi continenti ed artisti mentre c’è un conflitto in corso, un’economia figlia della post-pandemia ed una crisi energetica alle porte?
Le molteplici crisi che stiamo affrontando al momento avranno un impatto deciso sul modo di viaggiare, sui costi strutturali, sulla coscienza personale e così via. La società dovrà confrontarsi con questo impatto, così come dovremo farlo noi nella veste di organizzatori.
Letteralmente tutto è divenuto più dispendioso e i costi saranno destinati a salire vertiginosamente nell’anno a venire. La gente ha già minore disponibilità economica da investire nella cultura, gli artisti perdono denaro nel corso di un tour, è davvero una situazione molto seria e triste.
Dovremo adattarci a questa nuova realtà e pensare ad una strada creativa ed innovativa per continuare a fare quello che abbiamo fatto in passato, ma in una maniera più sostenibile. Ma allo stesso tempo non dobbiamo avere un atteggiamento negativo relativamente all’attuale panorama. Ci sono diverse opportunità di ripensare a cosa possa essere un festival e a come riportare la gente insieme in armonia. Le dinamiche di potere sono intercambiabili e questo può dare l’opportunità a chi non ha avuto voce in capitolo di farsi sentire. Questo è un aspetto positivo per tutti.
Vuoi introdurre i punti salienti di questa nuova edizione?
Con oltre 160 nomi in cartellone è quasi impossibile menzionare tutti gli highlights, ma ce ne sono alcuni che non posso affatto tralasciare:
Abdullah Ibrahim: l’87enne pianista jazz che ha collaborato con quasi tutti i grandi del genere, descritto da Nelson Mandela come il Mozart sudafricano, offrirà una rara e mesmerica performance di solo pianoforte, da non perdere.
Nancy Mounir’s Nozhet el Nofous: dal Cairo, Egitto. Nancy Mounir ha lavorato per ben cinque anni a uno degli album più belli e senza tempo di questa stagione, utilizzando registrazioni d’archivio di misconosciute cantanti egiziane del primo ventesimo secolo, aggiungendo poi delle composizioni personali a questi storici contributi. In esclusiva per Le Guess Who? collaborerà con un quartetto d’archi locale.
Noori & His Dorpa Band: musica della cultura Beja dall’est del Sudan, il loro incredibile album è stato pubblicato quest’anno da Ostinato Records. Lo spettacolo a Le Guess Who? sarà il loro primo fuori dal Sudan ed in assoluto il primo di una formazione sudanese fuori dal paese natio dai lontani primi anni ‘90.
clipping.: dopo aver provato per molti anni, siamo riusciti finalmente a scritturarli per Le Guess Who? Aldilà della loro esibizione, i Clipping., hanno selezionato un’ampia gamma di artisti sperimentali di stampo hip hop, noise, elettronico e jazz per questa edizione.
Lole Montoya: conosciuta per il suo lavoro come parte del duo Lole y Manuel, lei è un’assoluta icona all’interno della storia del Flamenco. Fortemente rispettata in Spagna e relativamente sconosciuta nel resto del mondo, Lole Montoya merita di essere riconosciuta globalmente e noi siamo davvero entusiasti di averla ad Utrecht quest’anno.
Connettere gli artisti di oggi e di domani con talenti storici: è forse questo il segreto della vostra longevità?
No, non è la formula a cui lavoriamo coscienziosamente. Ci impegniamo ad ottenere un programma il più possibile diverso e bilanciato, in molte maniere, per quello che riguarda il gender, la nazionalità e gli stili musicali in campo. Cerchiamo di selezionare artisti di grande qualità che la gente solitamente non incontra negli altri festival. Questo si può tradurre in giovani artisti emergenti o leggendarie figure magari del tutto sconosciute al pubblico occidentale. In sostanza non lavoriamo ad una formula prestabilita, bensì cerchiamo sempre di ottenere una proposta il più possibile rilevante.
Immaginavate mai di divenire una realtà così influente nell’universo festivaliero?
Quanto siamo influenti spetta agli altri dirlo. Non è giusto farlo in prima persona, ma abbiamo creduto nella nostra missione sin dagli inizi e ancora continuiamo a farlo. Semplicemente amiamo quello che facciamo e siamo felici che molte persone in giro per il mondo siano dalla nostra parte.
Articolo di Luca Collepiccolo