Interviste

M1992: quando le sottoculture del passato e del presente diventano moda

Per definire lo stile di M1992, Stefano “Dorian” Tarantini usa il termine “Digital Degeneration of Luxury”: «È come ho sempre definito il mio lavoro da videoartista: prendo i codici del lusso, del potere e delle banche e li decontestualizzo trasformandoli in qualcosa di meno alto, li sporco»

Autore Billboard IT
  • Il3 Luglio 2018
M1992: quando le sottoculture del passato e del presente diventano moda

M1992

Stilista, DJ e video-artista, Stefano “Dorian” Tarantini è una di quelle creature notturne che sembrano emergere dalle viscere della città. Nato nel regno della canzone italiana, a Sanremo, nei primi anni Duemila decide di trasferirsi a Milano per sporcarsi un po’ le mani con i fenomeni socio- culturali che da anni ammirava da lontano. In primis, quello del clubbing e di un suo luogo milanese, leggendario: il Plastic, dove ha lavorato prima come DJ – il soprannome scelto, Dorian, rivelava già una certa fascinazione per l’edonismo e il culto dell’immagine – poi come art director.

«Il Plastic ha rappresentato un punto di riferimento per le sottoculture non soltanto di questa città ma di tutta l’Italia. Io mi occupavo di individuare le band più interessanti sulla scena internazionale e di farle suonare da noi: a Milano ho portato i Franz Ferdinand e i Block Party, ma anche rapper come Iggy Azalea e Brooke Candy», ci ricorda Stefano. Un appetito per le novità sonore a cui il nostro interlocutore ha sempre affiancato un’insaziabile curiosità nei confronti dei fenomeni che germogliano ai margini della società. Una passione per l’underground e uno spiccato fiuto per le tendenze che hanno reso naturale la sua evoluzione in cool hunter per diversi marchi di abbigliamento. Prima della moda, però, Stefano subisce il fascino dei linguaggi più sperimentali dell’arte contemporanea. Un interesse sviluppato mentre lavora come assistente per la giornalista Mariuccia Casadio, art consultant di Vogue Italia.

Dall’immersione nelle avanguardie artistiche nasce l’idea di cimentarsi in un misterioso progetto di video art chiamato Malibu 1992. Un collage di frammenti video – a tratti disturbante – che intreccia le immagini dei telegiornali dopo l’omicidio di Gianni Versace con alcune risse tra transessuali americani e illustrazioni dissacranti e pop. Nel mezzo c’è uno Stefano ingioiellato che si diverte in compagnia di due ragazze in calze a rete, body laminati e giacche di pelle; il tutto accompagnato da un mix incalzante di rap e techno. Un esperimento, ma soprattutto un manifesto estetico che riassumeva l’immaginario artistico di Stefano. «Malibu 1992 è partito inizialmente come un progetto di videoarte, ma fin da subito ha incontrato l’entusiasmo di alcune aziende della moda. Ne sono nate dapprima delle collaborazioni, poi l’idea di creare una linea di gioielli. Soltanto in seguito ho pensato che potesse diventare una vera e propria collezione di abbigliamento».

Da qui al debutto in passerella il passo è breve e la prima collezione, presentata nel gennaio 2017, è un omaggio a qualcosa che Stefano conosce bene: la scena techno del Cocoricò di Riccione e il primo album dei Prodigy, Experience. Il risultato è una linea di felpe e giacconi dalle proporzioni over abbinati a capi dai tessuti tecnici che strizzano l’occhio alla cultura rave. «Il mondo del clubbing mi affascina da sempre e dedicare le mie prime creazioni a un club storico come il Cocoricò è stato per me qualcosa di naturale. Già dalla prima collezione ho ricevuto grande attenzione da parte della Camera Nazionale della Moda e ho potuto sfilare prima di Fendi».

Dorian
Stefano “Dorian” Tarantini, mente di M1992

Un successo a dir poco esplosivo, tanto che Rihanna e Kendrick Lamar iniziano a indossare i suoi capi. Nel gennaio 2018 poi arriva la vera e propria consacrazione con l’invito di M1992 – il nome del brand è stato nel frattempo accorciato – a Pitti Uomo. La collezione questa volta è ispirata allo stile dei paninari milanesi: «Ho voluto celebrare gli anni ’80 e la sottocultura dei Paninari, l’unico vero trend nato a Milano che si è diffuso anche all’estero. Per farlo ho scavato alla ricerca delle radici dello stile meneghino dell’epoca, che guardava alla finanza e agli yuppie di New York». Ritorna così il tema delle amate sottoculture, vero leitmotiv dell’intera produzione artistica di Dorian, questa volta rappresentato da una collezione fatta di bomber, felpe targate Montenapoleone, giacche con le spalle imbottite e tanto denim. Per definire lo stile di M1992, Stefano usa il termine “Digital Degeneration of Luxury”: «È come ho sempre definito il mio lavoro da videoartista: prendo i codici del lusso, del potere e delle banche e li decontestualizzo trasformandoli in qualcosa di meno alto, li sporco». Un’altra novità della collezione è quella di aver coinvolto alcuni marchi cult dell’epoca: «facendo una ricerca sulla moda degli anni ’80 ho pensato che fosse interessante collaborare con i brand che hanno fatto la storia di quel periodo, come El Charro e College. Poter esplorare i loro archivi è stato emozionante». In tutto questo amarcord anni ’80 però viene da chiedersi quale sia la colonna sonora di M1992: «Non c’è dubbio, è Paninaro dei Pet Shop Boys», scherza Dorian, «un pezzo cult del 1985. Il video è stato girato tra Porta Venezia e piazza San Babila a Milano». E per quanto riguarda invece la musica di oggi? Stefano ha un piccolo mito: «Lil Pump con la sua Gucci Gang. Mi fa molta simpatia, lo seguo su Instagram e mi diverto con le sue stories».



Articolo di Valentina Lonati

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