Silent Bob: «Essere disturbante è ciò che più mi affascina del fare musica»
È uscito ieri “Mamma ho l’ansia”, il singolo che anticipa “Habitat Cielo”, il nuovo album del rapper previsto per il 31 marzo. Ci ha raccontato, in esclusiva, perché dare un volto a questa sensazione è stato liberatorio e qual è la cosa più coraggiosa che ha fatto per la musica
«Sto bene, questo cammino mi sta servendo per calmarmi prima del marasma che mi aspetta. Avevo un po’ d’ansia prima di Bussola, ma adesso è tutto in discesa». Quando lo chiamo, Silent Bob è impegnato in un viaggio di quelli che non senti tutti i giorni da un rapper: un trekking sulla Via Francigena che parte da Pavia e arriva al cielo. O meglio, ad Habitat Cielo, il suo nuovo album prodotto dal fedelissimo Sick Budd in uscita il 31 marzo e che è stato anticipato oggi da un singolo dal titolo decisamente esplicativo: Mamma ho l’ansia.
Una frase che forse qualcuno avrà visto scritta su qualche muro in giro per le città e una parola, l’ansia, che ricorre spesso anche nella nostra chiacchierata. Un sentimento che mi sembra alquanto condiviso, dico ad Edoardo (vero nome di Silent Bob, ndr). «Sì, l’ho vista anche io in giro quella frase e forse inconsciamente mi sono lasciato ispirare». Come condivise possono essere anche le esperienze che Silent Bob racconta nelle dodici tracce dell’album, così vere e a tratti crudeli da essere quasi disturbanti. «Questa è la cosa che mi affascina di più della musica. L’essere disturbante. La verità è fastidiosa, e non tutti sono pronti a sentirsela sbattere in faccia». Ma noi siamo qui per questo, e abbiamo voluto assolutamente saperne di più.
Silent Bob racconta Habitat Cielo, il suo nuovo album in uscita il 31 marzo
L’ansia è anche il fulcro del brano che anticipa il disco. Scriverne è stato liberatorio?
Esatto. Diciamo che ho sempre avuto questo sentore di ansia dentro di me. Nel periodo in cui ho scritto Mamma ho l’ansia c’è stato il picco e ho pensato che non dovesse essere più una sensazione astratta che mi spaventava solo perché non sapevo come prenderla. Quindi ho dovuto quasi darle un volto. La canzone mi ha aiutato a personificarla e a ragionarci in modo più semplice perché era come se avessi qualcuno di fronte.
Quando avete iniziato a lavorare all’album? Dai testi si capisce che non fossi in un momento proprio facile della tua vita.
Abbiamo iniziato a lavorare all’album da prima dell’estate, solo che quello che veniva fuori non era molto nelle nostre corde. Era come se non riuscissimo a trovare la direzione giusta, il giusto equilibrio. Poi, dopo l’estate, ci siamo presi una pausa e in quattro mesi il disco ha preso forma. Io ho trovato di nuovo il giusto modo di esprimermi e sono riuscito a metabolizzare tutto quello che era stato l’ultimo periodo della mia vita.
E mostrarti così tanto vulnerabile al pubblico è una cosa che ti spaventa o è un qualcosa che pensi possa essere di conforto a chi magari sta passando ciò che hai provato anche tu?
Eh, c’è un bel processo. Mentre scrivo sono totalmente preso dal mio dovermi esprimere, sono completamente dentro quella cosa. Quando poi il pezzo è finito inizia l’ansia pre uscita perché mi dico “qua mi sono davvero esposto e forse è troppo”. Una volta fuori mi rendo conto dai feedback che ricevo che la mia musica può essere di conforto anche agli altri e quindi non può che farmi piacere. Durante tutto il percorso però sono mai tranquillo.
Il concept del cielo com’è nato?
Io ho una meteoropatia fortissima. Quando ho iniziato a scrivere le prime tracce del disco non pensavo che ci sarebbe stato un concept. Poi ho fatto questi tre provini e riascoltandoli mi sono reso conto che involontariamente avevano tutti e tre dei riferimenti al cielo pur essendo stati scritti tutti e tre in momenti diversi. Uno di notte, uno all’alba e uno di pomeriggio. Lì mi sono reso conto che era tutto davanti ai miei occhi.
In questo album avete esplorato molte sonorità che esulano dal rap, andando anche addirittura verso il grunge. Ci sono stati degli ascolti che vi hanno ispirati?
Io e Budd siamo due grandissimi fan di artisti come Joji e XXXTENTACION, quindi quella roba ha influito tanto sulle sonorità del disco. Budd poi ha una cultura più black, io più punk e grunge. Il coraggio di questo disco sta anche un po’ in quello: non limitarsi solo al rap ma prendere questi generi che ci piacciono e unirli.
Silent Bob: «Per la musica ho detto addio a persone che per me erano dei punti fermi»
Uno dei temi più ricorrenti nelle tracce è quello della dipendenza affettiva, una cosa che racconti in modo molto crudo, a tratti anche disturbante.
La dipendenza affettiva per me è una cosa che c’entra col dare tanto e ricevere poco. Se sul tuo percorso continui a trovare persone con cui si instaura questa dinamica, per forza di cose inizi a parlarne in modo distruttivo, perché qualsiasi tipo di relazione diventa un potenziale pericolo. Il fatto di essere disturbante è ciò che mi ha sempre affascinato di più del fare musica. La verità poi è fastidiosa a prescindere, esprimersi in maniera fastidiosa e quindi in maniera vera può sicuramente colpire di più, allo stesso tempo però può prendere meno persone perché non tutti sono pronti a sentirsi sbattere la verità in faccia. Per me è importante che ci sia questo tipo di musica perché fa bene sia a chi la fa sia a chi la ascolta.
Tra i messaggi che vuoi lanciare con Habitat Cielo c’è l’avere coraggio: qual è la cosa più coraggiosa che hai fatto tu per la musica?
Credo di lasciare andare e dire addio a delle persone che erano nella mia vita per seguire questa cosa della musica. Persone che erano i miei punti fermi ma allo stesso tempo rischiavano di fermarmi.