The Divine Comedy: «Quanto mi piacerebbe che gli inglesi amassero Paolo Conte»
Seppur nata sotto l’onda del brit pop, la musica di Neil Hannon si seppe ritagliare la sua fetta di pubblico sofisticato, come accadde ai Pulp o ai The Auteurs di Luke Haines. La band sarà dal vivo a Milano il 17 marzo e per una notte saremo tutti indie anni ’90 ma un po’ blasé
Trent’anni di stilosissima carriera per il nordirlandese Neil Hannon che, “carico” di dotte citazioni, ha chiamato il suo progetto musicale The Divine Comedy. I suoi primi album, usciti nel pieno dell’epoca del brit pop, si distinguevano per una forma del pop che richiamava i grandi maestri della terra d’Albione come Scott Walker (da lui amatissimo) e Ray Davies dei The Kinks, senza dimenticare i colti riferimenti letterari ad autori come Scott Fitzgerald, William Wordsworth, Anton Čechov.
Almeno due album fondamentali da riscoprire: Casanova, il suo quarto album in studio con dei classici come Something for the Weekend e Becoming More Like Alfie, e il delizioso A Short Album About Love, che vide il supporto di un’orchestra di 30 elementi.
Proprio per celebrare il rotondo anniversario è uscita in queste settimane un’esaustiva raccolta, Charmed Life. The Best Of The Divine Comedy. Potremo vederli dal vivo prestissimo a Milano, il 17 marzo al Teatro della Triennale.
Vorrei tornare ai tempi di Londonderry a fine anni ’80: come ti sei nutrito di letteratura e canzoni? Sei arrivato al grande pubblico con il tuo secondo album Liberation, che mostrava una qualità di pop estremamente sofisticato.
Ecco, tutti arrivano da qualche parte… E forse l’Irlanda del Nord non è così “arretrata” culturalmente come alcune persone pensano che sia. La contea di Derry ha dato i natali a Seamus Heaney – un premio Nobel – e ai The Undertones, una delle più grandi band punk / new wave. Enniskillen, dove ho trascorso la mia adolescenza, è stata il luogo in cui hanno studiato Oscar Wilde e Samuel Beckett. Discendo da genitori istruiti che guardavano la BBC!
Tornando indietro nell’epoca del brit pop, tu e Jarvis Cocker sembravate gli unici due “intellettuali” del pop che godevano di quel momento di euforia dell’industria musicale inglese anche con un leggero distacco nell’attitudine… Cosa ti piacque di più di quel periodo?
In quella lista metterei anche Luke Haines e, in certa misura, Damon Albarn. Guardando indietro vedo che è stato un periodo piuttosto speciale, perché la musica con un certo stile e della buona sostanza ha avuto un autentico impatto sul mainstream. Ovviamente non è durato a lungo…
Negli anni ’90 chi ti piaceva invece da ascoltatore? Magari pensando: “È bravissimo ma peccato che non abbia il successo che si merita!”.
Ero davvero ossessionato dai Ride. Adesso per fortuna stanno avendo una piccola rinascita, ma quando avevo 20 anni pensavo che sarebbero diventati grandi quanto gli U2!
Come conoscesti Joby Talbot? Assieme avete scritto album favolosi come Casanova.
Lo conobbi tramite Chris Worsey, il mio violoncellista (dai tempi di Promenade, ndr). Ad essere onesto, non sono ancora sicuro di comprendere a posteriori come sia stato coinvolto Chris. Comunque Chris e Joby avevano frequentato insieme la Guildhall School of Music. Joby era ancora lì a studiare composizione quando iniziò con i Divine Comedy. Fortunatamente smise la scuola proprio mentre incidemmo Casanova. Joby Talbot è stato davvero fondamentale per portare a compimento le mie grandi idee. Tanto per cominciare, è un ragazzo simpatico e allegro. È stato un giorno triste quando ci siamo separati, ma lui aveva bisogno di spiccare il volo da solo e io avevo bisogno di un nuovo inizio. Stranamente, cenerò con lui la prossima settimana per la prima volta dopo anni!
Nel 2009 scrivesti una canzone sul crack finanziario, The Complete Banker. Hai pensato a scrivere una canzone invece su questo periodo che stiamo vivendo?
È stato facile con The Complete Banker: c’era qualcuno da incolpare! Molto più difficile scrivere in modo specifico su una pandemia. È semplicemente orribile e triste. In realtà nell’album bonus che viene fornito con l’edizione limitata in CD c’è una canzone chiamata When When When che in qualche modo è stata ispirata dai lockdown. È una bella canzone.
Curiosità: tre band o artisti che avresti voluto vedere ma non sei mai riuscito a farlo?
Ovviamente il primo è Scott Walker. È il mio eroe, ma non ha fatto concerti dopo gli anni ’70. Non ho mai visto i My Bloody Valentine dal vivo. Ho sentito dire che sono piuttosto rumorosi… E mi sarebbe piaciuto vedere Marlene Dietrich cantare.
E secondo te chi e l’artista più sottovalutato?
So che Paolo Conte è enormemente famoso in Italia e in gran parte dell’Europa, ma pochissime persone hanno ascoltato la sua musica nel Regno Unito o in Irlanda. Mi piacerebbe molto che ciò cambiasse perché penso che sia un vero genio.
Cosa pensi di tutto questo mega-revival della musica pop anni ‘80 e ‘90 nelle serie TV e nei film? Solo retromania o mancanza di idee?
Probabilmente entrambe le cose. Ricordo che negli anni ’80 in tanti si rifacevano agli anni ’60.
Cosa ti piaceva e cosa invece detestavi quando suonavi nei festival come Reading o V Festival a Chelmsford?
Odio i festival.