Interviste

Timothy Moore fa rivivere il britpop in Italia: guarda in anteprima il video di “Talk No More”

Aspettando il suo nuovo album – previsto entro la fine dell’anno – incontriamo questo cantautore e musicista con una passione smisurata verso il britpop, soul e classic rock

Autore Tommaso Toma
  • Il2 Febbraio 2021
Timothy Moore fa rivivere il britpop in Italia: guarda in anteprima il video di “Talk No More”

Foto di Virginia Bettoja

Timothy Moore è di madrelingua inglese e padre italiano e dopo aver passato l’adolescenza tra Milano e Londra Moore si è “fatto le ossa” musicalmente a Barcellona con i Mood, un power trio con un album all’attivo e tanti concerti tra Europa, Canada e Sudamerica. Nel 2017 ha fatto il suo ritorno a Milano, debuttando da solista quasi due anni fa con Where Dreams Are Made (Our Time / Believe). Il suo nuovo singolo Talk No More è una pop ballad che racconta luci e ombre nella vita di un uomo ma è anche un invito con leggerezza verso un percorso di ricerca interiore. Conosciamolo meglio.

Quando hai capito che eri in assoluta sintonia con quel periodo storico del pop UK? Nella mia immaginazione ho pensato che hai iniziato facendo le cover di Oasis, Verve… e poi progressivamente suonando quel tipo di accordi, di melodie, hai trovato una tua via.

In realtà ben prima di quel periodo nutrivo naturale simpatia verso l’Inghilterra, avendo una madre londinese e passando lunghi periodi lì con la sua famiglia. La consapevolezza di quello che accadeva in musica è arrivata invece in piena adolescenza, proprio durante gli anni più caldi del Britpop. I Blur sono stati la mia prima grande passione! All’epoca la maggior parte dei ragazzini o erano con i Blur o con gli Oasis, quindi mi cimentavo con le cover dei Blur. Quando ho iniziato a comporre dei brani, poco dopo, mi accorsi dell’influenza di questi personaggi ovviamente. Sicuramente quel genere e momento storico mi hanno ispirato tanto ma non ho mai tralasciato passioni verso altri generi musicali.

Suonando dal vivo e guardando le reazioni sui social, in che tipo di pubblico ti stai imbattendo? Son curioso: millennial nostalgici, giovani neofiti del tuo genere musicale…

Ma guarda, sono contento di aver toccato sui social un pubblico abbastanza eterogeneo, dai nostalgici dei ’90 ai più giovani e curiosi, qualche neofita, certo, chi lo sa! Spero solo di avere la possibilità di suonare i nuovi pezzi dal vivo nei club o in qualche festival.

Prima di intraprendere la carriera da solista hai suonato tanto all’estero. Ci racconti quali Paesi ti hanno sorpreso e quale pubblico ti ha lasciato i più bei ricordi?

Si, ho avuto la fortuna di girare quasi tutta l’Europa, Canada e Brasile con la mia band dell’epoca, i Mood, nata a Barcellona. Sicuramente suonare oltreoceano è stata un’esperienza indimenticabile ma il paese che forse si è affezionato a noi in modo particolare è stato l’Olanda. Lì abbiamo fatto tre tour suonando in posti molto diversi, dal club con cinquanta persone a venue più grandi aprendo per i Turin Brakes. C’è stato anche un concerto speciale durante un tour in Portogallo, in un club da duecento persone sperduto nel mezzo del paese. Quando siamo arrivati di pomeriggio per il soundcheck, quella cittadina era deserta, pioveva e faceva freddo, eravamo sicuri di suonare davanti al tecnico del suono e basta! Invece poi si è rivelato uno dei concerti più emozionanti in assoluto, club strapieno e pubblico elettrizzato e tanto tanto Porto!

Ci racconti com’è nato il nuovo singolo, Talk No More, che mi pare davvero uno dei pezzi più ispirati della tua comunque giovane discografia?

Racconta una reazione a un periodo difficile a livello personale. Mi ricordo che non scrivevo nuove cose da parecchio, era un periodo di secca insomma. Ho sentito repentinamente il bisogno di reagire, e come di solito mi succede, la reazione mi ha portato a prendere la chitarra o sedermi al piano! La canzone è arrivata praticamente di getto, e l’ho vissuta come una liberazione che ha dato il via al flusso creativo per scrivere un intero album.

Timothy Moore - Talk No More - anteprima - foto di Virginia Bettoja - 2
Foto di Virginia Bettoja

Chi ti piace della scena indie italiana e non hai mai pensato di cantare in italiano?

Direi Dargen D’Amico anche se siamo musicalmente distanti. Trovo che abbia doti di scrittura speciali e un’identità molto interessante. Ho già scritto alcune cose in italiano ma sono nel cassetto, non ho mai pubblicato nulla. Per quanto riguarda la musica mi viene più naturale cantare in inglese, ma l’italiano è una sfida che spero di poter accettare prima o poi.

Facciamo un giochino crudele, chi butti giù dalla torre: Richard Ashcroft o Noel Gallagher? E perché?

Butterei me se potessi, col paracadute però, ma se proprio dovessi scegliere darei un calcetto ad Ashcroft. Per essere chiari, i Verve mi sono sempre piaciuti ma penso che Noel abbia una capacità di scrittura formidabile e lo considero uno dei migliori songwriter di sempre. Ha scritto canzoni che rimarranno nella storia, d’innegabile qualità e che trascendono i gusti. Ha fortemente marcato un’epoca e in più mi sta simpatico!

Dimmi i tre album che ami di più e perché.

Parklife, Blur. Rappresenta un momento storico che amo e ne svela il lato che più mi piace. È stato forse il disco che più mi ha influenzato nella scelta di percorrere la carriera musicale. An outstanding masterpiece!

Never Mind the Bollocks, Sex Pistols. Questo disco mi ha fatto innamorare del punk. Le canzoni sono una più bella dell’altra, i testi sono spettacolari e rappresenta quello spirito sovversivo, “in your face”, che un po’ si è perso e di cui penso avremmo tutti bisogno! È un disco rivoluzionario e storico che non morirà mai.

Violent Femmes, Violent Femmes. La prima volta che ho sentito questo disco rimasi profondamente colpito. Registrato dal vivo senza trucchetti. Semplice e vero. Per me rappresenta la musica al suo livello più puro. Anche qui i brani sono tutti stupendi. Pur essendo pop tocca vari generi, soprattutto dal punto di vista interpretativo.

Se tornassi indietro negli anni a quale concerto mitologico vorresti essere presente?

Se fossi Michael J. Fox o Christopher Lloyd e possedessi una DeLorean sicuramente tornerei nel 1986 per vedere i Queen a Wembley!

Guarda in anteprima il video di Talk No More

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