Interviste

Zucchero: «Il successo? Una combinazione di cinque fattori all’unisono»

Seduti finalmente vis-à-vis, parlare con Zucchero è stato qualcosa di speciale, al di là dell’incombenza di porre domande sul suo primo ricco album di cover “Discover” (Polydor / Universal Music), in uscita venerdì 19 novembre. Tra aneddoti più o meno conosciuti, l’amore per la terra che lo ha accolto sin da giovane e discorsi sulla fortuna che arriva secondo certe regole, il tempo è volato via

Autore Tommaso Toma
  • Il16 Novembre 2021
Zucchero: «Il successo? Una combinazione di cinque fattori all’unisono»

Zucchero. Crediti: Daniele Barraco

«Ti dispiace se fumo una sigaretta?», chiede con cortesia Zucchero “Sugar” Fornaciari. Eravamo già in conversazione da qualche minuto, e si è capito da subito che sarebbe stata formalmente un’intervista, ma di fatto una conversazione poco formale. «No, puoi farlo. Anche se ho smesso di fumare, stranamente l’odore della sigaretta appena accesa non mi dà fastidio».

Zucchero ha appena fatto uscire un lavoro a cui pensava da tempo e, durante tutto il periodo peggiore della pandemia, in realtà non si è mai veramente fermato. «Sai, abbiamo dovuto riprogrammare tutte le date del tour mondiale che era già quasi tutto sold out, e ho finalmente realizzato Discover».

In questo lavoro di omaggio alle canzoni che lui ama c’è tutta la cosmogonia di Zucchero: l’attrazione per la melodia tradizionale italica, la passione per la musica afroamericana, il desiderio di cantare assieme agli artisti che stima. Tredici brani che occupano decenni lontanissimi tra loro, dal country del 1963 di High Flyin’ Bird alle canzoni scritte di recente come Amore Adesso (No Time for Love Like Now di Michael Stipe e Aaron Dessner). Questa intervista la leggerete integralmente da oggi sul nuovo numero di Billboard Italia.

Sì, eravamo sulle Alpi svizzere e per arrivare su quel ghiacciaio dove abbiamo scattato quella foto, devi prendere un trenino e poi una ovovia e in un istante ti si apre questo mondo totalmente bianco. Avevo appena comprato una bella coperta e ho chiesto di fare la foto avvolta con quella e così è stato.

Ah, che canzone favolosa. Ma è troppo “arzigogolata” e lunga. Ero in vacanza in Grecia e mi sono ascoltato tutta la discografia dei Genesis mentre guidavo. Ti devo dire che mi sono proprio distaccato dal mondo radiofonico di oggi. Pensavo: “Questa è musica sacra! Niente da invidiare a Mozart, che melodie!”. Tutti quei tempi dispari suonati alla batteria da Phil Collins e le evoluzioni armoniche di Tony Banks… Comunque Follow You Follow Me è una canzone che mi rilassa e anche se è forse una delle canzoni più pop dei Genesis, poi c’è quel ritmo quasi da New Orleans. Forse tu non lo sai ma adoro la batteria: mi son sempre dilettato nel suonarla e per via del Covid ci ho dato dentro. Non è stato difficile farne una cover.



Discover (Polydor / Universal Music) uscirà in formato CD, doppio LP e in esclusiva per Amazon ci saranno anche versioni autografate. Esiste poi un box set in vendita in esclusiva sul sito di Universal Music, contenente un CD con cinque tracce bonus, i due LP di colore bianco e uno speciale 10″ azzurro con le bonus track

«Nella scelta delle cover devi essere serio e responsabile. Una delle mie canzoni preferite è A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum, ma è un capolavoro intoccabile, anche se l’hanno rifatta in centinaia»

Aspetta, aspetta, allora anche Johnny Cash e… Devi anche essere serio e responsabile. Faccio un esempio, una delle mie canzoni all-time favourite è A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum, ma è un capolavoro intoccabile anche se l’hanno rifatta in centinaia. Allo stesso modo non oserei mai fare una cover di Imagine di Lennon! A forza di eliminare gli “intoccabili” mi son ritrovato davanti a una lista che mi interessava rifare, anche se non è stato per niente facile scegliere tra le canzoni italiane, peraltro.

Una grande melodia e un testo soavemente romantico, ecco, hai fatto l’esempio giusto. Cosa facevo? Mi mettevo a cantare Battisti? Io ho interpretato Ho Visto Nina Volare, grazie all’invito e al suggerimento di Dori Ghezzi che me la indicò tanto tempo fa, tra le bellissime opere nella discografia di De André, e infatti la cantai nel concerto tributo del 12 marzo 2000.

Come sai, la cover del concerto era già contenuta nel disco Faber, Amico Fragile e allora c’era bisogno di una “magia”, di qualcosa di sorprendente, come far riemergere la voce di De André. Volevo renderla più emozionale: alla fine se ascolti bene è una sorta di cameo ed è un tributo molto rispettoso. Riprendendo la tua domanda sulla scelta delle canzoni, c’è una composizione che non è affatto tanto conosciuta ma è bellissima, Lost Boy Calling, dove Roger Waters canta su una partitura di Ennio Morricone, con una parte di arrangiamento originale che mi ha mandato Andrea, il figlio del Maestro.

Un testo dark ma bello, nell’originale è praticamente solo chitarra acustica, io la propongo a modo mio, c’è anche una lap steel (suonata da Federico Biagetti, ndr), è una canzone che mi porto dentro da tanti anni e finalmente ho trovato il momento giusto per farla riemergere.

Zucchero. Crediti: Daniele Barraco

Questo è un esempio di canzone di cui mi sono innamorato anni fa – da tanto tempo che la volevo fare – anche perché Wicked Games una canzone che avrei voluto scrivere io!

Ma c’è dietro una storia bellissima! Lei all’epoca non voleva cantare in italiano, a differenza di quello che si auspicava la Caselli, e infatti Caterina mi chiamò dicendomi che sarei stato l’unico a poter adattare in italiano il testo di Elisa e forse a convincerla… Sai, la Caselli conosceva la mia facilità a coniare sempre delle nuove parole che metricamente si adattavano a un suono inglese, tipo nel testo di Dune Mosse, dove canto: “Dai d’illusi smammai”, che suona come don’t loose my mind

Esatto, ma aspetta… A forza di insistere feci questo testo dopo che Elisa venne a casa mia durante una giornata uggiosa d’inverno del 2000 a Marina di Carrara. La prima cosa che lei mi disse fu: «Io son venuta qui ma non canterò mai in italiano!». Le risposi bruscamente: «Scusa ma io che cazzo c’entro! Facciamo una cosa, vai a fare un giro sulla spiaggia e io provo a fare qualcosa». Scrissi di getto l’inciso “Siamo nella stessa lacrima” e quando tornò dalla passeggiata le suggerii di chiamare la canzone Luce. Io poi partii per la California per preparare Shake e poco tempo dopo arrivò Sanremo. Con Corrado (Rustici, ndr) ci preparammo per vedere la finale con la televisione satellitare.

Quell’anno avevo in concorso una canzone scritta da me per Giorgia, Di Sole e d’Azzurro. E a un certo punto vedo Elisa cantare Luce e penso: «Ma cavolo! Alla fine l’ha fatta in italiano!». Corrado era incredulo che non lo sapessi (ride, ndr). Ero felice del risultato ma non ancora così tanto, fino a quando la compianta Raffaella Carrà annunciò la classifica finale. E… ai primi due posti c’erano canzoni dove avevo messo mano io nei testi! Incredibile!

I Måneskin sono un gruppo cool, sanno stare sul palco, Damiano sa cantare, sono belli e in America adesso sono veramente impazziti per loro. C’era bisogno di qualcosa di rock diverso dal resto e la risposta la potevano dare solo quattro ragazzi come loro, che sono anche “esotici” agli occhi del pubblico rock tradizionale anglosassone. Ma sai, è spesso anche una questione di tempismo, di saper cogliere l’attimo fuggente. Il successo arriva per una combinazione di cinque o sei cose che devono arrivare all’unisono. Con loro è successo tutto per il verso giusto: X Factor, vittoria di Sanremo, vittoria dell’Eurovision… Se non perderanno la voglia di divertirsi dureranno a lungo.

Non lo so neanche io, forse si possono fidare di me. Non sono un loro concorrente, un antagonista, ma una persona con cui è piacevole stare assieme. Anche qui ci sono combinazioni incredibili: pensa a Zucchero accostato a Miles Davis, no? Non c’entriamo nulla, eppure mentre nel 1988 mentre lui era in Versilia per suonare alla Bussola Domani ascoltò in un ristorante di Viareggio la mia Dune Mosse e chiese al promoter Mimmo D’Alessandro di contattarmi perché avrebbe voluto suonarla con me. Vedi? Le coincidenze…

Ecco, se non fosse stato per i jukebox di Viareggio o Forte dei Marmi, che erano zeppi di 45 giri di musica soul e R&B, forse non avrei seguito questo percorso musicale… In quella zona pullulavano complessini che facevano quel genere di musica nei locali. Sai, se i miei genitori fossero rimasti in Emilia forse sarei diventato più un rocker. Quindi sì, devo molto a questa terra.

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PAOLOOO