Le “Cenizas” di Nicolas Jaar: dalle ceneri si può solo risorgere
Il nuovo album di Nicolas Jaar è una sorta di Quaresima che rende perfetta la scelta del titolo: quelle ceneri che creano un legame indissolubile con la spiritualità, elemento trascendentale che è sempre stato forte negli artisti sudamericani
Il 27 marzo è uscito per Other People Cenizas, il nuovo album di Nicolas Jaar. A pensarci bene Jaar è ancora molto giovane. Quest’anno arriva ai 30 anni e dal 2011 in poi ha generato musica con una sensibilità invidiabile e una profonda ricerca estetica, tali da rendere questo artista cileno ma naturalizzato negli States una delle figure più importanti della scena elettronica contemporanea.
Nel 2019 è stato molto attivo. C’è chi lo ha visto al festival belga Le Guess Who? in coppia con il compositore Patrick Higgins, oppure nella performance di nove ore consecutive nella chiesa Oude Kerk ad Amsterdam, dove ha anche tenuto una residency all’Het HEM (nel passato, sulle pagine di Billboard, ci siamo occupati di questo interessante caso di riconversione). Inoltre Jaar era presente alla triennale d’architettura di Sharja, la terza città per grandezza degli Emirati Arabi, non lontano da Dubai. Ha lavorato alla produzione di alcune canzoni per il nuovo album di FKA Twigs e infine curato un’installazione a Betlemme stando a contatto con i profughi più giovani provenienti dalla vicina Siria.
Cenizas: la Quaresima di Nicolas Jaar
Cenizas arriva invece dopo un volontario isolamento. L’album è il terzo della sua discografia ma potremmo anche considerarlo il quarto, se includiamo The Color of Pomegranates – ideale colonna sonora per il film Sayat Nova del 1969 di Sergej Paradžanov, un astratto affresco che s’ispira agli ipertoni tragici delle prime sinfonie cosmiche di Klaus Schulze. Nella sua homepage trovate la motivazione: il desiderio di fuggire dalle ombre di alcune negatività che lo accompagnavano e la necessità di ritrovare un equilibrio nuovo.
Ecco, una sorta di Quaresima che rende perfetta la scelta del titolo: quelle ceneri che creano un legame indissolubile con la spiritualità, elemento trascendentale che è sempre stato forte negli artisti sudamericani. Peraltro Alfredo Jaar, suo padre, è un ottimo artista visivo (qualcuno avrà ammirato lo scorso anno le sue opere al MAXXI di Roma o tempo fa all’Hangar Bicocca di Milano). Per decenni si è interrogato sul contesto sociale e politico, sulle immagini e sul loro ruolo nella società, ispirandosi anche alla figura di Seneca che, in quanto a contrizione volontaria, non è da meno alle recenti intenzioni di Nicolas Jaar.
Il sound difficile ma speranzoso di Jaar
“Voglio che questa musica guarisca e aiuti a pensare a domande difficili su se stessi e sulla relazione con lo stato delle cose. Viviamo in un tempo di completa trasformazione, metamorfosi e anche le trasformazioni stanno avvenendo all’interno”. Queste sono le accorate parole di Nicolas, sempre presenti nel suo sito web, incredibilmente coincidono con il sentire comune (siamo sicuri che non sia stato un atto studiato a tavolino) in questo epocale periodo che tutti stiamo vivendo.
Probabilmente Cenizas è la prima opera nata nell’era della nuova peste. Riflette nei suoni e nei toni lo stato di angoscia ma anche di speranza che ognuno di noi vive quotidianamente nella sua intimità. Jaar dichara di aver ascoltato molto anche John Coltrane – altra spiritualità in musica – durante la creazione di Cenizas.
L’album si apre con Vanish, una sorta di canto monastico avvolto in suoni spettrali (molta vicinanza qui con il migliore James Blake). Qui Jaar gioca anche sui contrasti che riflettono i movimenti in direzione contraria che suscitano i nostri pensieri. Voglia di ordine sociale ma anche di fuga: c’è un ritmo metronomico e l’improvvisazione è à la Cage. Mud pare il brano più “abbordabile” dell’intera opera. È quasi radiofonica, con il suo incedere anche qui semi-monastico. Si sviluppa una melodia ipnotica e avvolgente: una delle sue caratteristiche migliori da sempre. Anche la conclusiva Faith Made of Silk è pura meraviglia (una certa assonanza con i lavori di Thom Yorke) e lui sermoneggia: “Un picco è solo la strada verso una discesa”. Ed è quello che tutti noi stiamo aspettando.