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Everything Is Recorded: il suono di Londra, adesso! – Intervista

Richard Russell ha lasciato l’aspetto imprenditoriale della sua vita, dedicandosi alla produzione sotto il nome Everything Is Recorded e l’omonimo album si avvale di ospiti eccellenti: Kamasi Washington, Ibeyi, Sampha, Peter Gabriel e Damon Albarn

Autore Tommaso Toma
  • Il15 Marzo 2018
Everything Is Recorded: il suono di Londra, adesso! – Intervista

Richard Russell non evoca d’emblée entusiasmi da stadio, ma se vi scriviamo che dietro a questo signore londinese c’è la XL, l’etichetta che ha lanciato la carriera dei Prodigy o scoperto Adele e The xx, è probabile che il vostro interesse s’accresca. Adesso mr. Russell ha lasciato l’aspetto imprenditoriale della sua vita, dedicandosi alla produzione sotto il nome Everything Is Recorded e grazie alle sue “conoscenze” l’omonimo album in uscita (ovvio, per XL) si avvale di ospiti eccellenti: Kamasi Washington, le amiche Ibeyi, Sampha, Peter Gabriel e Damon Albarn.

Seduto elegantemente su un divano di una suite del Principe di Savoia a Milano, Richard mi accoglie mentre sta accendendo una “foglia d’incenso” dal profumo non invasivo. Ci tiene a dire che la sua città, Londra, è «da sempre il filtro di tutte le sonorità che mi ispirano: i soundsystem giamaicani del Carnevale, i suoni grime delle periferie o la dance innovativa che per anni hanno suonato le radio pirata».

Devo ammettere che l’album è davvero un’istantanea del sound londinese – c’è il grime, un tocco di trip hop, l’eterna musica reggae, le armonie del soul – impreziosita da dotti repechage come la magnifiche e misconosciute Wet Looking Road di Keith Hudson e Cane di Gil Scott-Heron & Brian Jackson: «Le Ibeyi hanno totalmente “rinfrescato” l’originale che fu inciso nel 1978».

A proposito del presente, non posso esimermi dal chiedere a un geniale e illuminato ex discografico come lui cosa pensi del modo di consumare oggi la musica: «Mi appassiona il modo in cui i giovani si scambiamo le canzoni. Un esempio concreto: in queste giornate in Italia ho avuto la possibilità di parlare con ragazzi che ascoltano hip hop e appena mi nominavano un cantante rap – che so, napoletano – mi facevano vedere un video o andavano su Spotify. Così tutto è in tempo reale, parlare di musica ed ascoltarla. In poche ore ho ascoltato musica italiana per me fino ad adesso totalmente ignota e che io non avrei mai scoperto senza queste conversazioni».

Richard Russell è quel tipo d’inglese che vorresti sempre incontrare: elegante nei gesti, colto e sempre impeccabilmente politically correct. Il giorno in cui ha deciso di andarsene dagli uffici della XL (ma dimenticatevi degli uffici “tradizionali”) ha appeso alla parete degli spazi condivisi, dove in pratica si beve il caffè, un decalogo, molto romantico, per “amare e ascoltare la musica”, le cui parole sono state scritte dal grande Gil Scott-Heron: «Spero almeno che i nuovi ragazzi appena arrivati le prendano in considerazione…», dice Richard con un sorriso paternale.

Prima di salutarlo gli chiedo se non gli manca il lavoro proprio con quei ragazzi in XL e, con un piglio perentorio, mi congeda così: «Non bisogna guardare troppo al passato, rimarresti bloccato. Mi piace creare e poi girare pagina. Mi sento davvero grato delle esperienze che ho avuto con XL ma è il passato è passato e ti assicuro che il presente è molto più interessante. Nick Cave ha deciso di suonare adesso nelle arene e lo ha fatto per la prima volta nella sua vita in 40 anni di carriera e si sente completamente libero ed empatico con il pubblico. Lo ha fatto, ti assicuro, perché ci crede».

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