Elettronica

The Avalanches: «Amiamo campionare tutto, anche il suono della radio che non si connette»

The Avalanches hanno fatto uscire a fine 2020 uno degli album più sorprendenti e inaspettati. Qui un’anticipazione dell’intervista

Autore Tommaso Toma
  • Il30 Gennaio 2021
The Avalanches: «Amiamo campionare tutto, anche il suono della radio che non si connette»

The Avalanches, foto di Grant Spanier

We Will Always Love You (EMI / Modular Recordings / Universal) degli Avalanches è arrivato quasi senza aspettarcelo a fine anno, ed è risultato uno degli album più sorprendenti e inaspettati dell’anno. Nonostante ogni album degli The Avalanches sia sempre un ottimo prodotto, hanno realizzato solo tre album in 20 anni, tanto da far guadagnare loro la nomea di uno dei gruppi più “pigri” sul Pianeta.

Il modo di campionare dai tempi del loro primo successo, Since I Left You, è passato dalla euforica compulsività a raffinato strumento per la sempre più crescente maturità compositiva del duo australiano, Robbie Chater e Tony Di Blasi (che per l’occasione sono stati affiancati dal connazionale Andrew Szekeres).

Nessuna “Sindrome Gorillaz”

E nonostante una pletora di ospiti altisonanti, da nomi storici come Mick Jones, Johnny Marr o Vashti Bunyan a nuove stelle del calibro di Blood Orange, Denzel Curry o Leon Bridges, gli Avalanches non cadono mai in un “sindrome Gorillaz”. Ovvero nel pericoloso tunnel del disco collage, ma ci regalano un concept album, dove il cosmo è solo un pretesto tematico per donare attimi di gioia a noi terrestri colpiti da una epocale pandemia.

Partirei da un piacevole ricordo personale di te e Tony. Era il 2001 ed eravate venuti a suonare a Milano ai Magazzini Generali, ero uno dei resident DJ e rimasi incantato dalla quantità di vinili che riuscivate a suonare, vecchi LP, nuovi 12” e stranissimi 7”…. Penso che alla fine siate rimasti gli stessi. Ovvero persone con una grande passione per la musica possibilmente in vinile e meglio se del passato, è una giusta come impressione?

Sì, devo ammettere che amiamo ancora così tanto il vinile… Davvero. Ed è incredibile che nell’era dello streaming stia accadendo un autentico revival. In effetti il vinile è tornato ad essere il formato fisico  che le persone ora acquistano. Una volta si puntava tutto sul CD, ma oggigiorno se uno vuole “toccare” un prodotto musicale, allora vanno proprio sul LP ed è alla fine fantastico perché sa mettere in risalto, fa risplendere ogni aspetto del prodotto, come accade per gli artwork.

The Divine Chord ft. MGMT Johnny Marr

Sampling Mon Amour

E invece parlando del sampling – di cui voi siete maestri – i campionamenti sono stati uno stimolo per la realizzazione di una traccia o li avete scelti con un fine ben preciso?

Entrambe le cose. All’inizio i campioni sono puramente ispiratori. Ma quando costruiamo i diversi strati di una traccia-canzone ci comportiamo in maniera diversa. Lì aggiungiamo per esempio dei campioni più specifici e strategici che si legano alle tematiche dell’album come abbiamo fatto questa volta con l’aggiunta del suono dell’elettricità statica o di un pianeta orbitante, che abbiamo trovato su YouTube come riempimento del sound. Abbiamo imparato che quel sound che senti sulla tua radio quando non è sintonizzata correttamente su un canale è identico al rumore di un Big Bang! Amiamo cose del genere e le incorporiamo nella musica.

Più pop che mai

Un’altra impressione che ho avuto è che questo sia un album molto pop, ne avevate voglia rispetto ai precedenti?

Ecco, questa non era un’intenzione! Ma alla fine il disco ha quest’anima. Amiamo la musica pop e le belle melodie, siamo sempre alla ricerca di quella sensazione che ti fa rimanere impresso una canzone nella tua testa dopo averla ascoltata…

La prova di questo atteggiamento pop, è la bella Interstellar Love parte con un sampler molto riconoscibile – Eye In The Sky degli Alan Parsons Project – mi pare che sia la prima volta che fare un intro con qualcosa di molto popolare? Ci raccontate di questo delizioso brano?

Beh, questa canzone degli Alan Parsons Project è così iconica… Ero quasi certo che non ci dessero l’autorizzazione a utilizzarla ma alla fine, in qualche modo abbiamo ottenuto il permesso di usarla. Ci sentiamo così grati di avere il permesso di usare campioni come quello. E poi Leon Bridges è il ragazzo più dolce del mondo e per di più ha fatto un lavoro da autentico maestro. È entrato in studio con niente e quando ce ne siamo andati avevamo questo bellissimo arrangiamento vocale da parte sua. Emozionante lavorare con persone dal talento così forte!

Puoi leggere l’intera intervista a The Avalanches sul prossimo numero di febbraio di Billboard Italia.

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