Interviste

Trentemøller, citazionismo con stile: «Ma non parto mai da una spinta nostalgica». L’intervista

Esce il nuovo album del producer danese, “Memoria”: un viaggio tra i ricordi della musica new wave / shoegaze, sempre con quel tocco cinematografico, e ideato tutto in casa durante la pandemia, compresa la presenza alla voce della sua compagna architetto

Autore Tommaso Toma
  • Il10 Febbraio 2022
Trentemøller, citazionismo con stile: «Ma non parto mai da una spinta nostalgica». L’intervista

Foto di Karen Rosetzsky

Quando ti capita di intervistare un artista che ha le tue stesse passioni, è un coetaneo e scatta la chimica giusta, ogni istante diventa piacevole. Se poi c’è di mezzo Zoom, che in quest’epoca ci permette di entrare nelle case, allora l’intervista si trasforma a tratti in un dialogo da collezionisti, del tipo: “Anders, so che ami i Mazzy Star, ma tu ce l’hai questo album degli Opal?”. E Trentemøller, dopo avergli mostrato come un trofeo la copia edizione UK del 1987 di Happy Nightmare Baby, unico album del lontano progetto di David Roback, sgrana gli occhi e dice: “Ma è raro, bellissimo!” Oppure sfoderando un 12″ dei Bauhaus mi accorgo di quanto gli piaccia davvero questa band…

Memoria (In My Room Records, disponibile anche in curati formati fisici come il doppio vinile o la cassetta) è il nuovo album del producer danese che esordì nel 2006 con un magnifico album The Last Resort. Alla fine in quest’intervista si parla tanto di ricordi e rimandi. Ma non pensiate che Trentemøller sia solo un abile citazionista del dinamismo sonoro del post punk e di una specifica scena indie anni ’90. Perché lui dimostra ancor di più in questo nuovo album una capacità narrativa notevole, tanto da evocare scenari notturni dai racconti gotici della sua conterranea Karen Blixen o dalle pellicole di David Lynch.

L’intervista che leggerete è presente anche nel nuovissimo numero del nostro magazine.

Chiariamo da subito quella tua inclinazione verso certe sonorità, ancor più che hai intitolato questo album Memoria. Sono convinto che tu sia ben lontano da ogni tipo di manierismo, ma vorrei sapere cosa ti spinge a ricreare quel tipo di sound molto spesso.

Senza dubbio quella è la musica che ho ascoltato da adolescente, molti dischi degli anni ’80 sono rimasti indelebilmente legati alla mia vita. Tutti sappiamo che le band e le canzoni ascoltate in quel periodo avranno un forte impatto anche per il resto della tua vita ma ci tengo a dire che la mia attitudine nel comporre non parte mai da una spinta nostalgica. La sfida personale è come “incorporare” nel mio modo di comporre questo retaggio sonoro senza creare una sorta di cover di canzoni dei New Order o dei Joy Division.

Senza dubbio la memoria gioca comunque un ruolo importante nel tuo modo di scrivere.

Certo, ma non solo in questo senso, che è una sorta di memoria sedimentata e stabile nel tempo. C’è anche un’altra tipologia di memoria che mi spinge alla scrittura ed è più labile, impercettibile, difficile da catturare con la stesura di una melodia. Solitamente, prima di addormentarmi, faccio molti pensieri e improvvisamente mi vengono in mente alcune piccole melodie, piccoli giri melodici che poi la mattina seguente tento di recuperare, spesso con alcune distorsioni ma è importante per me quest’attività al fine di creare musica. Quindi sì, attingo tanto dalla memoria, da una fonte lontana e da una vicinissima.

Tutto quello che ci sta succedendo collettivamente ti ha influenzato?

Il periodo pandemico? Non molto. Durante il processo di costruzione di un album sono solito isolarmi nel mio studio per scrivere, eseguire ed arrangiare. L’unico vero cambiamento rispetto al passato è che prima di mettermi a lavorare su Memoria non avevo fatto un tour, non avevo testato nulla dal vivo. Perché nel periodo di uscita Obverse avevo deciso di fareil padre a tempo pieno per mio figlio di due anni e poi è partita la pandemia… è stata una decisione dal tempismo perfetto (ride, ndr). Ma ora tornare dal vivo avrà un gusto diverso anche per altre ragioni, non solo la lunga attesa.

Ovvero?

Come ti dicevo, mi sono isolato davvero per comporre Memoria, e ho fatto tutto da solo, a differenza di prima. Non ho neanche coinvolto le cantanti, come facevo solitamente, e dopo dieci anni che suonavamo assieme ho deciso di cambiare la mia band, nonostante fossimo tutti in ottimi rapporti. Ecco, questo è stato un cambiamento importante!

In effetti c’è solo Lisbet Fritze, la tua compagna, a cantare nel disco. È un “affare di famiglia”!

Come ti dicevo, mi sono concentrato su me stesso, sullo sviluppare le linee melodiche sotto il mio controllo. Sai, lavorare con la tua compagna è davvero diverso: puoi dire una frase come “questo non va bene!” senza aspettarti che l’interlocutore ci rimanga male (ride, ndr). Comunque non è che avessimo a disposizione tutto il tempo del mondo nonostante il lockdown: al massimo solo due o tre ore al giorno per provare le parti vocali e registrare. Lisbet è architetto nella vita, e poi c’era il bambino da accudire…

Trentemøller - 2 - foto di Karen Rosetzsky
Trentemøller (foto di Karen Rosetzsky)
Bella la copertina.

Opera di un’artista e amica islandese. Si vedono due mani sovrapposte ma attraverso i raggi X si crea quell’effetto di smaterializzazione, si crea un’immagine fantasmagorica… Alla fine quest’immagine è una sorta di metafora della parola “memoria”, che è presente in noi ma tende a svanire, a diventare una materia evanescente…

Dead or Alive è pazzesca, mi fa ricordare i Bauhaus di The Passion of Lovers.

Questa è una delle ultimissime canzoni realizzate per l’album ed è uno dei momenti più muscolari in un album forse altrimenti troppo dreamy. Ci voleva una scossa finale (ride, ndr). E ne abbiamo davvero bisogno in questo momento storico, se ci pensi…

In the Gloaming è una canzone meravigliosa: com’è nata?

Ah, questa in particolare fuori dalle mura domestiche. I primi accenni di quello che sarebbe diventato il brano sono venuti fuori durante una vista ai miei genitori, che vivono nella campagna danese a sud di Copenhagen. Non avevo con me alcuno strumento, così abbozzai la sua forma primitiva nel mio laptop ma non sarebbe poi cambiata molto rispetto alla prima intuizione. Mi piace cercare di mantenere l’immediatezza delle prime idee. Mi dà l’impressione che una canzone sia più “pura” ma ovviamente non è sempre facile. Comunque non amo le sovra produzioni.

Hai intenzione di far uscire dei remix prossimamente?

Non voglio ritornare sulle belle intuizioni che ho già sviluppato per questo album. Va bene così.

So che per il precedente album avevi fatto un ascolto in anteprima in un cinema al buio! Farai qualcosa di simile anche per Memoria?

Sì, assolutamente. Lo faccio in sinergia con Pitchblack Playback (collettivo londinese di audiofili che in location varie, dai cinema ai club, offre esperienze di ascolto di album in alta fedeltà e in condizioni di assoluto buio, ndr). È un modo per concentrarsi solo sulla musica isolandosi nel buio. Dovresti provare ad andare a un loro evento!

Ho letto che riserverai interessanti soluzioni visive nei tuoi prossimi show dal vivo.

Tutto vero. Ho avuto la fortuna di collaborare con un grande light designer come LeRoy Bennet, che ha lavorato per Paul McCartney, Nine Inch Nails, Lady Gaga e Ariana Grande. Non sapevo che fosse un fan delle mie produzioni. All’inizio pensavo che mi avessero orchestrato un bello scherzo, invece era vero. Lui ha deciso tutto sulle luci e le sue realizzazioni per me sono sorprendenti!

Una curiosità finale. C’è una canzone che ami particolarmente sentire in un determinato momento del giorno?

C’è una canzone dei Mazzy Star che amo sentire, soprattutto in autunno, magari mentre piove e a fine giornata. Si intitola Into Dust.

Ascolta Memoria di Trentemøller

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