Elettronica

Vangelis regalò un’anima tenera alla musica elettronica

Scompare all’età di 79 anni il grande compositore ellenico che raggiunse i suoi “momenti di gloria” grazie a strepitose e ispirate colonne sonore

Autore Tommaso Toma
  • Il20 Maggio 2022
Vangelis regalò un’anima tenera alla musica elettronica

Vangelis, foto ufficio stampa

Il Covid continua a mietere vittime, e ce ne accorgiamo ancor di più quando a lasciarci sono personaggi di grande respiro internazionale come Vangelis. Nato nella regione della Tessaglia, il 29 marzo del 1943, Evángelos Odysséas Papathanassíou è stato il compositore più popolare proveniente dalla Grecia.

Per quelli della mia generazione, le note nostalgiche ed epiche di Hymne sono risuonate a lungo, a metà anni ’80, nelle nostre case. Questo grazie alla geniale intuizione della agenzia Young & Rubicam per la campagna pubblicitaria “Dove c’è Barilla, c’è casa”. Ricordo all’epoca schiere di alunni addestrati da insegnanti di musica della scuola dell’obbligo che provavano a riprodurla con quei terribili flauti in plastica. Per me e per milioni di italiani Vangelis era questo, tanto che circolava un detto: “Dove c’è Barilla c’è Vangelis”. 

Ma in realtà Vangelis era molto di più. La sua carriera inziò alla fine degli anni ’60, quando assieme al pingue e talentuoso cantante Demis Roussos e il batterista Lucas Sideras cercarono fortuna a Londra con la band Aphrodite’s Child.

I primi successi di Vangelis con gli Aphrodite’s Child e l’inizio della carriera da solista

Non ci volle molto ad avere i primi enormi consensi, grazie al primo singolo del 1968, Rain And Tears che nacque da una geniale intuizione. Rivisitare il celeberrimo Canone di Pachelbel con orchestrazione barocca e controcanto alla Ennio Morricone. Furono tre gli album che incisero e l’ultimo, 666 del 1972, rimane ancora oggi una delle pietre miliari del rock esoterico. Una sorta di Sgt Pepper degli inferi. Pietra angolare del disco è la jam blues-rock psichedelica Four Horsemen.

Il desiderio di continuare da solista, Vangelis lo aveva già manifestato incidendo una serie di album “preparatori”, propedeutici al suo futuro. Fais Que Ton Reve Soit Plus Long Que La Nuit (WEA, 1968), Sex Power (Philips, 1970), Hypotheses (Byg, 1971). Ma capì ben presto che una dimensione perfetta per lui era quello di lavorare per immagini, per colonne sonore. E infatti il suo primo capolavoro fu colonna sonora di L’Apocalypse Des Animaux (Polydor, 1973).

Si trattava ancora di un album strumentale, ma dava forma compiuta ad alcune sue più riconoscibili cifre stilistiche come la creazione di motivi teneri e malinconici, vedi La Petite Fille De La Mer. Amplificando e assestando quella sorta di melodismo struggente che potrebbe far ricordare certi grandi compositori russi, Vangelis continuò album dopo album ad avventurarsi nei meandri della musica elettronica. Trovando ispirazione anche attraverso l’astronomia e riscuotendo sempre più rispetto tra gli europei come tra gli americani. Tra il 1975 e i primi anni ’80 sono tanti gli album incisi e su tutti è da ricordare un’altra colonna sonora per il bellissimo documentario del regista Frédéric Rossif, Opéra Sauvage (Polydor, 1979), da cui arriva proprio il brano Hymne.

La fortuna di Vangelis con le colonne sonore di Chariots Of Fire (Momenti di gloria) e Blade Runner

Quando oramai era assolutamente chiara la cifra stilistica di Vangelis ecco arrivare il successo mondiale. Il merito è della colonna sonora di Momenti di gloria del regista Hugh Hudson e pubblicato dalla Polydor nel 1981. L’album vinse il Premio Oscar come migliore colonna sonora nell’anno successivo, e restò nella classifica Billboard Top 200 per 4 settimane. Il celeberrimo brano Titles, pubblicato come singolo, rimase nella Billboard Hot 100 per 5 mesi, raggiungendo anche la prima posizione. Un evento straordinario per un compositore ricercato e visionario, per di più greco.

Il suo secondo successo rimase un’altra colonna sonora, quella del film di culto Blade Runner (Atlantic, 1994), che però vedrà la luce nella versione dell’autore soltanto dodici anni dopo. La versione del 1982 infatti non contiene la musica originale di Vangelis, bensì versioni arrangiate e orchestrate da altri compositori. Qui Vangelis tornò anche allo spirito romantico di Apocalypse.

In parallelo alla sua attività maggiore Vangelis ha anche scritto canzoni più convenzionali per il cantante degli Yes, Jon Anderson. I Hear You Now (Short Stories del 1979), I‘ll Find My Way Home su The Friends Of Mr Cairo (1981). La collaborazione la si ritrova poi nell’album del 1983 Private Collection.

Nel 2015 scompare il grande amico Demis Roussos e compagno negli Aphrodite’s Child. La carriera di Vangelis continua nel tempo a lasciare opere altalenanti di qualità. Uno dei migliori lavori, per me, rimarrà Direct del 1988 ma è oramai un personaggio del gotha della musica elettronica. Un grande compositore di melodie adatte per cori, orchestre o divagazioni elettroniche, capace di momenti di estrema naiveté, lampi cosmici e un melodismo struggente e delicato.

Addio maestro,

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