Fabio, Loro, Gli Altri. Andrea Bianchera ha racchiuso in un libro la “personificazione” di Marracash dal 2019 ad oggi
È uscito il 29 novembre Io, Loro, Gli Altri, un’imponente e intensa raccolta di immagini – o, come ci racconta il fotografo, «un vero e proprio album dei ricordi» – che ripercorre gli ultimi tre anni del rapper milanese, dalla lavorazione di Persona al trionfale tour nei palazzetti italiani
Sono stati tre anni intensi e vissutissimi per Marracash, forse i più importanti della sua vita. Due dischi, Persona e Noi, Loro, Gli altri, che hanno portato il rap non solo ad un livello lirico ancora più alto, ma che più di tutti hanno contributo a ridefinire i confini della grande musica d’autore. Il primo tour nei palasport italiani, rimandato più e più volte a causa della pandemia e culminato con ben sei date al Forum di Assago, per quella manciata di notti la vera reggia del King di Milano. In tutti questi momenti, però, la costante era sempre una: la presenza di Andrea Bianchera. Accompagnato dalla sua macchina fotografica, negli ultimi tre anni Andrea ha seguito Marracash in tutto e per tutto, dalla lavorazione immersiva di Persona ad oggi, facendo della fotografia un elemento centrale del percorso di Marra dal 2019 in poi.
Un percorso che doveva e meritava di essere celebrato e ricordato in modo granitico. E a farlo ci ha pensato Andrea Bianchera in Io, Loro, Gli Altri, il suo primo libro fotografico pubblicato il 29 novembre per Rizzoli in cui con i suoi scatti ripercorre questo rollercoaster di eventi e sensazioni.
Una delle prime cose che Andrea mi racconta durante la nostra telefonata è che uno dei requisiti fondamentali per seguire Marra – o Fabio, come più amichevolmente lo chiama lui nel corso della chiacchierata – sia essere una presenza discreta. E discreto lo è anche il suo obbiettivo, intimo ma mai invasivo, capace di catturare anche i momenti apparentemente più semplici trasformandoli in arte. In Io, Loro, Gli Altri, infatti, c’è sì Marracash, con le tappe nei palazzetti completamente sold out, i backstage, le foto dai set dei video ufficiali, ma c’è anche – e, forse, soprattutto – Fabio e la sua sfera più privata, quella di casa sua e della scrittura, in cui niente ha più senso e importanza se non la musica stessa. Un processo creativo così straniante e incredibile di cui doveva necessariamente restare traccia, anche visiva.
Perché a volte, per rendersi davvero conto del buono che si è fatto e capirne veramente il valore, bisogna fermarsi e mettere le cose nero su bianco. O imprimerle su una pellicola fotografica per rendere, appunto, immortali.
Quando e come hai iniziato a lavorare con Marracash?
Mi sono inserito nella vita di Fabio a giugno del 2019, quando sono stato per la prima volta a casa sua. Il libro, infatti, parte con le foto di quella giornata. All’epoca Marra stava iniziando a lavorare concretamente a Persona con Marz, c’erano solo delle basi e ovviamente il concept. Loro due avrebbero poi passato tutta l’estate insieme a registrare il disco. Le foto di quella prima giornata a casa sua piacquero molto a Fabio e da quel giorno iniziai a seguirlo, partendo dalla promo di Persona fino ad oggi.
Tu infatti segui Marra assiduamente ma scatti anche per altri artisti, dall’esterno però sembra che tra voi due si sia ormai instaurato un rapporto quasi simbiotico.
Con lui sono riuscito a creare un rapporto duraturo nel tempo e quando questo accade subentra anche tanta fiducia. Chiaramente non può circondarsi di persone a caso e per lui ci vuole qualcuno che sia discreto. Col tempo, quindi, ci siamo trovati proprio su questa cosa. Nel caso di Marra poi con la fotografia sono entrato nella sua intimità.
E assistere alla lavorazione di Persona e Noi, Loro, Gli Altri come è stato?
Quando ti parla delle sue idee a volte è davvero difficile stargli dietro e questa è una cosa bellissima. È altrettanto bello quando riesco a tramutare queste idee in fotografia. Le foto nella villa del capitolo “Noi, Loro, gli Altri” sono state scattate mentre era al tavolo con Marz e Paola (Zukar, ndr) e stava recitando loro le rime. Vedere e vivere una cosa del genere, quando la canzone ancora non esiste, è incredibile. Quando crea poi ha questa cosa bellissima per cui niente ha più senso, se non la scrittura e la musica, e se non ci fossi io a fotografarlo non rimarrebbe immortalato.
Quanto è importante poi rivedere in foto questo processo?
Ti posso dire che qualche giorno fa sono stato a casa sua, gli ho fatto vedere il libro e gli è piaciuto rivedere tutto. Per Marra è proprio un album di ricordi, l’obiettivo del libro era anche creare una cosa del genere per lui.
Quando è sorta invece la volontà di raccogliere il tutto in un progetto organico?
L’idea è nata dopo che ho scattato le copertine di Noi, Loro, Gli Altri. La sera stessa ho pensato a questa cosa perché se Fabio mi aveva affidato le copertine voleva dire che aveva tanta fiducia in me e in virtù di ciò avrei potuto chiedergli questa cosa. Io avevo già pronti due anni e mezzo di archivio, mancavano solo le foto del tour che era fondamentale ci fossero. Questi due dischi meritavano un tour del genere.
Ecco, a proposito del tour, come te lo sei vissuto?
L’idea del libro si è concretizzata quando siamo partiti in tour, quindi mentre eravamo in giro io preparavo il libro. Il primo mese ho rifatto l’archivio e man mano durante il tour estivo aggiungevo le foto. Ho consegnato il tutto alla fine delle sei date al Forum. Praticamente per sei mesi non ho pensato ad altro che al libro.
Per altro sfogliando Io, Loro, Gli Altri si trovano dei tuoi testi molto interessanti che corredano le foto, e in uno dici che scattare la copertina di un album di Fabio per te era diventato un tormento dal primo giorno in cui sei stato a casa sua. Mi spieghi questa cosa?
Semplicemente non ho mai creduto troppo in Instagram. Non mi piace per niente che il fine di scattare una foto sia pubblicarla su un social e per questo tendo sempre a preferire scatti delle copertine di album. Sono ancora molto legato alla carta, alla fisicità della fotografia. E se ci pensi nella musica le uniche foto che restano sono le copertine degli album.
L’idea delle tre copertine invece come era venuta fuori?
L’idea è stata di Fabio. Lui è venuto da me dicendomi «tu scatterai le copertine dell’album e voglio che “Noi” sia chi per me è noi, “Loro” chi per me sono i “nemici” e voglio che tutti si vedano in faccia». Questo perché, nel bene e nel male, quelle raffigurate erano per lui le persone importanti. Devo dire poi che questa cosa ha fatto riflettere anche me sulle persone che mi circondano. Lui mi ha detto cosa voleva e io ho dato un senso e un tono. Per quanto riguarda invece la copertina de Gli Altri, la decisione di mettere tutti di schiena è stata mia perché volevo dare quella sensazione che si ha quando si pensa alla massa, ossia il fatto di non avere un volto preciso.
E quando scatti quanto lo fai a carta bianca, in modo istintivo e quanto invece confrontandoti con chi hai davanti?
Quando si parla di cose come la copertina di un album il dialogo è necessario. Io devo essere me stesso ma approcciandomi all’artista. Poi ci sono fotografie diverse. Ad esempio, una delle cose più belle delle foto a casa di Fabio è che era la prima volta che un artista mostrava casa sua e ci si faceva fotografare. Questo credo sia stato l’inizio della “personificazione” di Marracash. Io e lui abbiamo molte cose in comune, tra cui la ricerca del vero. Quando fotografo un momento non deve essere un momento estetico o artefatto, ma realistico. Il mio ruolo è solo metterlo in ordine.
Ci sono stati scatti più difficili di altri da realizzare? Non a livello tecnico, ma proprio a livello di situazione e stato d’animo che magari si portava dietro.
Sono passati quattro anni dall’inizio di questo percorso, quindi sono proprio maturato io a livello biologico. Quando ho iniziato a scattare con Fabio facevo ancora l’Accademia, in questi anni sono cresciuto anche di testa ed è maturato il mio modo di pensare alla fotografia. Più vado avanti, più la parte sicura di me prevale. Le foto più difficili sono state quelle del tour. Marra è una persona difficile e non sai mai come la trovi, quindi ci sono delle situazioni belle e altre belle e da scattare, così come ci sono situazioni complicate e complicate da scattare. La mia abilità in quei contesti sta nel capire quando posso fotografare e quando no.
Sicuramente quello di Marracash è un progetto piuttosto immersivo e intenso, da cui immagino sia difficile riuscire a mantenere troppo distacco emotivo. Quanto questa cosa ha influenzato il tuo lavoro e, al contrario, quanto la tua visione artistica ha influito sul lavoro di Marra?
Eh, questa è tosta. Un esempio che posso farti è una foto che avevamo fatto prima di partire per il tour. L’obbiettivo che mi ero posto era di raffigurare la canzone Nemesi, dell’ultimo album di Marra. Volevo mostrare come questo disco chiudesse un ciclo e ne facesse iniziare uno nuovo. Le cornici vuote, per quanto ricoperte d’oro, rappresentano come Fabio sia orgoglioso, ma libero da tutto quello che ha fatto in passato e pronto ad un nuovo capitolo, pronto a dipingere nuove tele.
Per me è fondamentale essere dentro la cosa per poterla fotografare. Più poi si va avanti nel tempo, più riesci a lavorare sempre meglio perché conosci la persona che stai scattando. La sensibilità per me è importantissima, soprattutto per quanto riguarda un progetto del genere. Questo è ciò che mi permette di entrare in posti e fotografare cose che non potrebbe fare nessun altro. Il mio lavoro è ovviamente influenzato dall’artista, soprattutto con Fabio visto che lo scatto da molto tempo.