Hip Hop

Caparezza su “Exuvia”: «Ho accettato il passato ma vivo di paradossi»

Esce il nuovo album di Caparezza: opera monumentale e cinematografica. E il rapper parla di vita, politica, Fellini e Fedez

Autore Silvia Danielli
  • Il6 Maggio 2021
Caparezza su “Exuvia”: «Ho accettato il passato ma vivo di paradossi»

Caparezza, foto di Albert D’ Andrea

Caparezza torna sulla scena musicale da protagonista, eppure rimanendone fuori. Esce dalla prigione mentale e fisica di Prisoner709 (2017) e presenta Exuvia, l’album in uscita domani dove ha cambiato tutte le carte in tavola, ovvero tutti i suoni a sua disposizione. Li ha personalmente prodotti, aggiungendoci i suoi testi taglienti e più intimisti che mai, per regalarci un ritratto suo e della contemporaneità che proprio tanto felice non è.

Eppure, come il rapper di Molfetta ha scritto nelle premesse dell’album “Volevo fare un disco allegro”, citando Fellini che si era scritto sulla cinepresa mentre lavorava a 8 e ½ “Ricordati di fare un film allegro”. Ma Caparezza vive di paradossi, come e più di tanti, ne è cosciente, e a questo ha anche dedicato il brano Eterno Paradosso.

Il primo importante di questi è che torna con un album monumentale, ben 19 brani, costruito come un concept di un viaggio verso la salvezza, quando ora i dischi si ascoltano soprattutto in streaming, quindi in maniera assolutamente frammentata. «Lo so, io ho ancora un pubblico che compra i CD in fisico. Un pubblico assolutamente molto educato, come mi hanno detto spesso tanti organizzatori degli appuntamenti instore. Io ho bisogno di un contesto, di una visione cinematografica. Non riesco proprio a ragionare per singoli». Un album ricchissimo di riferimenti: da Federico Fellini a Kafka. Da Kubrick a Lewiss Carroll. Dal leader dei Talk Talk, Mark Hollis a Beethoven, come nel dialogo de La scelta, il singolo che sta già andando benissimo in radio.

Per presentare questo nuovo lavoro, Caparezza ha deciso per i giornalisti di organizzare in un bosco (le foto sono state scattate nella foresta umbra in Puglia, zona Gargano) un meraviglioso tour virtuale che regalerà appunto anche ai suoi fan nei prossimi giorni. «La sensazione di angoscia e stupore che probabilmente avrete provato girando virtualmente in questa foresta è la stessa che ho provato io in questi anni. Non solo questi ultimi 4, anche quelli precedenti. È un album sofferto in generale. Viene dopo 7 dischi, quindi si restringono le possibilità delle cose da dire». Del significato di Exuvia si è già parlato: è la muta che gli insetti lasciano a terra quando cambiano stato e la prima domanda è proprio su quello che Caparezza, all’anagrafe Michele Salvemini, ha voluto abbandonare.

«Mi sono messo alle spalle il mio passato. Dal punto di vista artistico: perché è di proposito diverso da tutti gli altri. Non c’è l’aggressività tipica dei miei precedenti. Io sono del ‘73 quindi per me il distorcere del rock era automatico. Ha meno suoni dal vivo. Parla di argomenti più malinconici rispetto al passato ma in maniera più scanzonata perché ci sono tanti cantati. E comunque ogni volta che mi incasello mi smarco. Non mi piace rimanere fermo. Fuggo».

Caparezza: «Dopo Prisoner non era detto che facessi un altro disco. E fare un altro disco, quindi, è sempre rivoluzionario!»

Questo disco è piuttosto rivoluzionario e spiazzerà i tuoi fan probabilmente.

All’epoca di Fuori dal tunnel non avevo questa malinconia, ora ce l’ho da un po’, credo si chiami crescere. Dopo Prisoner non era detto che facessi un altro disco. E fare un altro disco, quindi, è sempre rivoluzionario! In più di 20 anni del mio percorso, volevo fare disco completamente diverso. Credo che poi pian piano tutti i riferimenti che emergeranno faranno capire tutto il lavoro che c’è dietro. Mi rimproverano di pubblicare un disco ogni 4 anni ma non è perché sono lento. C’è un lungo lavoro dietro, ed è anche perché io mi produco le basi e quindi ci metto tanto.

In El Sendero, pezzo molto toccante con la cantante messicana Mishel Domenssain, parli di padri e nonni, dici che sei l’unico della famiglia che ha realizzato i suoi sogni ma in fondo ti manca sempre qualcosa.

Il fil rouge è la mia famiglia, parlo di mio nonno che ha fatto la guerra e ha perso tutto ciò che aveva. Mio padre che voleva diventare un cantautore e ci è arrivato vicinissimo. Ma poi per la morte prematura del padre ha dovuto fare l’operaio. Io sono l’unico che ha fatto il cantante. Però i miei altri famigliari hanno intrapreso un sentiero, un sendero, fatto di gioie e dolori e io sento di non aver sperimentato abbastanza. Soprattutto i dolori.

Caparezza: «Ho deciso di perdonare Mikimix, in fondo avevo solo 19 anni. Quindi credo che si possano perdonare i rapper finché sono giovani»

Quali strumenti utilizzi per produrre la tua musica?

Parto dalla sensazione che voglio raccontare. Per esempio, su Zeit!: stavo correndo attorno a casa e pensavo al fatto che il tempo si era come congelato. Ansimavo e sentivo i miei passi. Ho preso il cellulare e li ho registrati e poi ho usato Logic. Il sequencer che ti fa riprodurre qualsiasi suono con cui puoi fare tutto, dalla batteria al basso. Sono maniaco dei campionatori, poi.

In Campione dei 90 parli della tua prima esperienza artistica di Mikimix, che anche se hai considerato un passo falso alla fine però l’hai accettata. Dici: “Ascolto roba new, è una robina/ il vuoto di una hit continua/ in confronto Mikimix è Bob Dylan”. Hai spiegato essere una frecciata al mondo del pop. Invece il mondo del rap oggi in Italia e all’estero come lo vivi? Ti è ancora di ispirazione?

Ho deciso di perdonare Mikimix, è vero, in fondo avevo solo 19 anni. Quindi credo che si possano perdonare i rapper finché sono giovani, hanno tutto il tempo di diventare Dostoevskij. Sono sempre stato influenzato dall’hip hop senza nemmeno capire all’inizio che fosse un movimento. Ascoltavo Run DMC, Beastie Boys, Public Enemy, Eminem. Ancora oggi sì mi piacciono rapper come Tyler, The Creator. In Italia mi è piaciuto l’ultimo album di Marracash e apprezzo Leon Faun, che si è inventato un mondo tutto suo. Poi non vedo l’ora di ascoltare album di Iosonouncane che non è certo un rapper.

Come hai vissuto l’affaire Fedez al Primo Maggio?

Ho parlato molto spesso anche io al Primo Maggio, sia al concertone di Roma che a quello di Taranto, è un palco che ti spinge a prendere delle posizioni. Credo che quello che ha detto Fedez sia condivisibile da tutti al 100%, chi potrebbe obiettare? Il fatto è che poi si è iniziato a parlare delle telefonate e dei vertici Rai e come al solito si è spostata l’attenzione su un tema sacrosanto come il DDL Zan ad altro. Come spesso accade e ciò non va bene.

Caparezza, quando si diventa vecchi veramente?

Quando perdi la curiosità. Io temo solo questo.

Troverete una lunga e approfondita intervista sul prossimo numero di Billboard Italia.

Share:

PAOLOOO