Hip Hop

Federico Spinas, dalle passerelle alla musica: «L’Italia deve rompere le barriere linguistiche»

Dall’incontro con Virgil Abloh al suo nuovo singolo, “Nike V2”, la nostra intervista al giovane modello da tenere d’occhio

Autore Benedetta Minoliti
  • Il11 Dicembre 2021
Federico Spinas, dalle passerelle alla musica: «L’Italia deve rompere le barriere linguistiche»

Federico Spinas, foto di Blacc.o

Quello che mi trovo davanti, alle 12.30 di un grigio giovedì di dicembre, è un ragazzo dai capelli ossigenati, con una maglietta tye-die coloratissima e un sorriso a trentadue denti. Che Federico Spinas sia bello è innegabile, sfiderei chiunque a dire il contrario. Dietro questo giovanissimo modello, classe ’95, si nasconde un mondo che va al di là della moda e delle passerelle.

Federico ha iniziato a studiare musica al conservatorio, sognava di avere una rock band, ma ha imparato a suonare il clarinetto prima e il sassofono poi. Anche se figlio d’arte (sua madre è una modella, ndr.), ha intrapreso la carriera da modello una volta arrivato a Milano, dove ha attirato l’attenzione di Dolce & Gabbana.

Dopo aver lavorato con brand come Off-White, MSGM e Versace, ed essere stato protagonista della cover di Vogue, insieme a Mariacarla Boscono, nel settembre 2017, Federico Spinas ha pubbliato venerdì, 3 dicembre, il suo primo singolo per Sony Music – Epic Record Italy, Nike V2, in collaborazione con il rapper tedesco Ossée!.

Abbiamo intervistato Federico Spinas su Zoom per parlare del suo nuovo singolo, della passione per la musica e di Virgil Abloh, fondatore di Off-White recentemente scomparso.

La nostra intervista a Federico Spinas

Bella domanda (ride, ndr.). Il mio primo approccio con la musica è stato a 5/6 anni. Vivendo in Sardegna, con il vantaggio di avere onde quasi tutte le settimane, ho iniziato a fare surf da bambino. Mia madre mi portava in macchina a surfare e lei ha sempre ascoltato tantissima musica, di qualsiasi tipo, e durante ogni viaggio ascoltavamo un disco diverso, dai Fugees ai Red Hot Chili Peppers, fino ai dischi soul o di musica classica. Ricordo che imparavo sempre le melodie a memoria, riuscendo a distinguere i diversi strumenti. È stato in quel periodo che ho iniziato a sognare di suonare in una rock band, perché era la cosa più figa che potevi ambire a fare.

Ho iniziato a suonare la chitarra, con scarsi risultati (ride, ndr). Da lì però è nata l’idea di andare in conservatorio, principalmente perché volevo imparare a suonare uno strumento e poi perché c’era una bambina che mi piaceva e volevo seguirla. Scherzi a parte, non sono stato preso al corso di chitarra, ma mi hanno preso alle percussioni. Purtroppo, però, eravamo in pochi e il corso non è partito. Così, mi sono ritrovato a suonare il clarinetto.

Sinceramente entrambi, perché è bellissimo e complicato allo stesso tempo. Poi io non sono mai andato d’accordo con le istituzioni, perché sono un po’ ribelle e autodidatta per indole, quindi quando qualcuno mi mette davanti a qualcosa e mi dice “fai in questo modo”, io impazzisco. Da lì in poi infatti sono passato al sassofono, perché si avvicinava a generi musicali che mi piacevano di più, nonostante io non sia mai diventato particolarmente bravo con questo strumento.

Federico Spinas: «Nike V2 mi ha fatto pensare che fosse arrivato il mio momento di pubblicare musica»

Al liceo, quando ho conosciuto il mio migliore amico. In quel periodo andava tantissimo l’EDM e abbiamo iniziato a lavorare insieme. Penso che quello della musica classica e questo siano stati i passaggi più importanti per me: con la prima ho imparato a leggere e scrivere la musica. Soprattutto, mi ha dato l’orecchio. Anche il solfeggio è stato importante, perchè anche se palloso mi ha insegnato il ritmo della musica. Con la musica elettronica invece ho imparato a produrre e fare il DJ. Alle feste io e il mio amico eravamo i classici nerd che smanettavano alla consolle mentre gli altri ballavano.

Il mio migliore amico è entrato all’università e ci siamo un po’ persi. Faccio il modello da 6/7 anni e negli ultimi mi sono ritrovato in diversi studi a Milano. Una sera, tra una risata e l’altra, mi hanno convinto a buttarmi per registrare qualcosa. Quella è stata la prima volta che ho provato l’autotune e ho pensato “vorrei averlo sempre installato nella mia gola, è una figata” (ride, ndr.). Alla fine ho passato tantissimo tempo in studio, fino a comprare tutto ciò che mi serviva per registrare e ho iniziato a girare il mondo.

Adesso, ad esempio, sono in Portogallo e ho ovviamente la mia valigia dentro la quale ho il mio studio componibile, per poter registrare ovunque mi trovi. Ad oggi credo di aver registrato circa 50 pezzi, fino ad arrivare a Nike V2, il primo che mi ha fatto pensare che fosse arrivato il momento di pubblicare la mia musica.

Lo studio mobile per fare “al 100% quello che mi piace”

Magari con il tempo questa cosa cambierà, perché crescendo dovrò uscire un po’ dalla mia bolla, ma lavorando in questo modo riesco a fare al 100% quello che mi piace. Soprattutto in Italia mi è capitato di lavorare con tante figure e tutti tendono a fare le cose allo stesso modo. Io invece le faccio come mi suonano meglio, senza vincoli. Inoltre, tendenzialmente in Italia lavori solo con italiani, mentre io sono andato a cercarmi le persone con cui volevo e che volevano lavorare con me.

Esatto, infatti adesso sto lavorando soprattutto con produttori francesi, tedeschi e americani. In questo modo io mi trovo da solo, nella mia camera a fare la mia musica, ma nel giro di due ore il mio pezzo ha già fatto il giro del mondo e sto collaborando con persone che vengono da Paesi diversi.

Questo per me è il futuro della musica. Adesso stiamo vedendo diverse realtà, come ad esempio i Maneskin, che stanno facendo il giro del mondo e, secondo me, bisogna rompere le barriere linguistiche e capire che anche negli altri Paesi quello che facciamo potrebbe piacere. Ciò che conta è il sound, non la lingua. Questa è una cosa fighissima, perché la musica è un linguaggio internazionale, siamo tutti uguali e non ci sono barriere.

La storia dietro il singolo Nike V2

Nike nasce come un pezzo triste, in un momento di down totale, subito dopo l’ultimo lockdown a gennaio scorso. Mi trovavo a Milano nel mio B&B e sono rimasto chiuso in casa per una settimana a fare musica tutto il giorno. In questo tunnel di pazzia una sera Cryptic, il mio produttore, mi ha mandato dei beat e mentre cucinavo ho iniziato a canticchiare il ritornello e mi sono messo subito a registrare. In circa 20 minuti avevo chiuso il pezzo.

Sì, perché quando sento il beat giusto ho come una sorta di adrenalina che mi sale dalla pancia e registro tutto, frase dopo frase, senza fermarmi. Io al momento non scrivo, mi metto davanti al microfono e canto. Quando ho finito ho riascoltato il pezzo e mi sono reso conto che poteva funzionare.

Lui è stato uno dei primi con cui sono entrato in contatto telematicamente, perché ci siamo conosciuti durante il lockdown. Siamo cresciuti musicalmente insieme ed è una sorta di amico di penna (ride, ndr.). Gli ho mandato il pezzo per avere un feedback e dirgli se voleva registarci qualcosa. Mi ha chiamato subito, gasatissimo, e mi ha mandato il suo verso.

A quel punto ho girato il pezzo a Cryptic che a sua volta lo ha girato in America ad Nami e Teddi Jones, gli altri produttori. Ho scritto un pezzo partito da un momento di tristezza che però mi ha portato ad una fase di energia positiva. È stato un momento di rottura che mi ha fatto davvero bene, perché volevo che questo fosse il mio inizio, per settare un po’ il mio sound e il mio mood.

Federico Spinas Ossée!
Federico Spinas e Ossée, immagini tratte dal videoclip, foto di Blacc.o

Federico Spinas: «Faccio musica per passione. Immagino che qualcuno potrà non capirmi o dire “ma questo chi è?”, ma a me non importa»

Non è un dissing. È una sorta di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, sono io che sto parlando a me stesso. C’è stato un momento in cui mi sono seduto e guardavo le persone e le situazioni che mi giravano intorno, ma anche la società, a cui non mi sento sempre di appartenere, e con questo brano è come se mi stessi creando il mio posto, anche musicalmente. Non mi sento di appartenere a nessun contesto e questo “siete tutti falsi o sono io lo stronzo” riguarda quelle persone che danno un’opinione di te che non corrisponde alla realtà.

Ti dico sinceramente che speravamo mi facessi questa domanda, perchè voglio proprio dire cosa ne penso. La musica è stata una conseguenza di cose e non voglio “categorizzarmi” perché in Italia si va molto per stereotipici, della serie “o sei pop, o sei street”. Poi ovvio, ci sono anche altri generi, ma questi sono i due che vanno per la maggiore. Io mi sento a metà tra i due.

Sì, soprattutto negli ultimi anni. Io faccio parte della generazione che ha lanciato lo streetwear che, diciamolo, è tutto meno che street, perché costa tantissimo. Personalmente fino ad un po’ di tempo fa io neanche me li potevo permettere capi di questo tipo. Moda e musica comunque si influenzano sempre, basta guardare Virgil Abloh e Kanye West, per citarne due. Io ho avuto la fortuna di lavorare con tantissime persone che mi hanno influenzato su diversi livelli, sia nella musica che nella moda.

Io faccio tutto per passione, non per i soldi. Poi certo, mi immagino che qualcuno potrà non capirmi o dire “ma questo chi è?”, ma a me non importa. So che sto portando la mia musica e sono contento così.

L’incontro con Virgil Abloh

Ho conosciuto Virgil quando sono venuto a Milano. Sono partito dalla Sardegna per trovare un’agenzia, con 200 euro in tasca. Alla fine sono rimasto a Milano e il primo brand che mi ha preso a lavorare è stato proprio Off-White, che ai tempi non era famoso come oggi, e facevo i fitting. Questo lavoro mi ha dato due possibilità fighissime: la prima di pagare le bollette, la seconda di conoscere Virgil, perché ho lavorato con lui due volte a settimana per un mese. È una persona meravigliosa, super alla mano e un grande ascoltatore.

Dopo la mia carriera è partita e a distanza di un anno mi sono ritrovato a New York. Mentre camminavo ho sentito una voce che mi chiamava. Mi giro ed era Virgil. L’ho guardato e ho pensato “come cavolo fa a ricordarsi di me?”. Alla fine ci siamo fatti una bella chiacchierata ed è stata l’occasione in cui ho pensato che non importa a quale livello tu sia, nella tua carriera o nella vita, l’importante è rimanere sempre umani. I rapporti umani sono la cosa più importante. Sono questi che ti fanno raggiungere davvero successo nella vita.

Guarda il videoclip di Nike V2 di Federico Spinas feat. Ossée!

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PAOLOOO