Kanye, pensa a rappare
Ye è di nuovo al centro delle polemiche degli ultimi giorni per alcune dichiarazioni molto controverse che hanno coinvolto la comunità ebraica, Black Lives Matter e George Floyd. Persino Donald Trump si è distaccato dal rapper
Sì, lo sappiamo, questo titolo è in netto contrasto con il pensiero che avevamo espresso qualche settimana fa in occasione delle elezioni politiche sulla formula sentita e risentita “Sei un cantante, pensa a cantare”. A volte, però, anche la libertà di pensiero e di espressione ha un limite. Tipo quello che Kanye West ha valicato con le cazzate sciorinate negli ultimi giorni. Sul serio, le ha sparate così grosse che persino Donald Trump, notoriamente non un baluardo di saggezza, ha preso le distanze da Ye. Ma prima di spiegare perché Kanye West è uno dei casi in cui gli artisti dovrebbero limitarsi a fare arte, occorre riavvolgere i fili del discorso.
I deliri del “giovane” Kanye
I deliri di Kanye non sono sicuramente una novità nel mondo della musica, ma le sue ultime dichiarazioni (e azioni) ci hanno letteralmente lasciati senza parole. Il seme della discordia viene lanciato circa due settimane fa durante la settimana della moda di Parigi. In quell’occasione, Ye aveva indossato una t-shirt che recava sul retro la scritta “White Lives Matter”, noto slogan dei gruppi neonazisti e dei suprematisti americani di estrema destra in risposta al movimento Black Lives Matter. Non pago del (lecito) polverone scatenato, Kanye ha risposto alle polemiche rincarando la dose. «Black Lives Matter era una truffa, lo sanno tutti», ha scritto West in una Instagram Story. Kanye deve aver preso una A+ al corso di “Toppa peggio del buco”, altrimenti non si spiega. Se tutto questo vi sembra assurdo, tranquilli: il peggio deve ancora venire.
Se voi quando vi svegliate mattino vi chiedete cosa mangiare per colazione, Kanye probabilmente si chiede in che modo potrà farsi sospendere da Twitter. Ma sì, perché non scrivere che se fosse per me alzerei al livello 3 l’attacco agli ebrei? In effetti nel palmarès di Kanye West mancava una bella dichiarazione antisemita e che fai, te ne privi?
Donald Trump ha preso le distanze da Kanye West
Il tweet gli è valso non solo il ban dalla piattaforma per violazione delle policy, ma anche una pioggia di critiche da parte delle celebs, compreso l’ex amico John Legend (con cui Kanye aveva tagliato i ponti per il mancato supporto alla sua campagna presidenziale. Quando si dice la democrazia) e, sorpresa delle sorprese, Donald Trump. No, non avete letto male, proprio quel Donald Trump. Nonostante la “stima” (?) che lega i due, l’ex presidente degli Stati Uniti si è reso conto che stavolta Kanye era indifendibile. Il magnate avrebbe infatti confidato ad alcune persone molto vicine a lui che il rapper “sta andando fuori di matto e avrebbe bisogno di aiuto”. Avreste mai pensato di essere d’accordo con Donald Trump? Noi no.
Anche in questo caso, Ye ha cercato di salvare il salvabile, tentando di fare una dimostrazione attraverso un sillogismo un po’ strampalato. Tutti i neri sono ebrei, io sono nero, dunque sono ebreo e non posso essere antisemita. Niente, Twitter non ha accolto le tesi di Kanye e lo ha bannato senza pietà alcuna.
Kanye West: «George Floyd è morto per overdose di fentanyl»
Pensavate che Kanye si fosse calmato dopo le polemiche degli scorsi giorni? Beh, abbiamo una brutta notizia per voi. Nelle ultime ore, infatti, Ye ha raggiunto l’apice dell’assurdità, e lo ha fatto toccando la carne viva della storia della comunità afroamericana, infierendo su una delle sue ferite più profondo che ancora non si è rimarginata. Durante la sua partecipazione al programma televisivo Drink Champs, Kanye West si è lasciato andare a delle dichiarazioni che definire scioccanti sarebbe un eufemismo circa la morte di George Floyd. Il rapper di Atlanta ha infatti sostenuto che la morte dell’uomo non sarebbe stata causata dal soffocamento da parte di Derek Chauvin (condannato dalla corte federale, ricordiamo, a 22 anni di carcere per omicidio e violazione dei diritti civili), bensì da un’overdose di fentanyl.
A “supporto” delle sue teorie, Kanye West ha addotto il documentario Greatest Lie Ever Sold: George Floyd and the Rise of BLM, un documentario prodotto dalla giornalista conservatrice Candace Owens. «Ho visto il documentario. Uno dei due coinquilini di Floyd diceva che il giorno in cui è morto ha pregato per otto minuti. Lo hanno stordito con il fentanyl. Se guardi bene, il ginocchio del poliziotto non era nemmeno sul suo collo». Se anche voi state rabbrividendo, sappiate che non siete soli. Le parole di Kanye hanno ovviamente avuto conseguenze immediate. Lee Merritt, uno degli avvocati della famiglia Floyd, ha infatti fatto sapere che quest’ultima sta valutando la possibilità di fare causa al rapper per le falsità riportate durante la sua intervista.
Lo ripetiamo: non apprezziamo il pensiero “Sei un cantante, pensa a cantare”, è limitante e non tiene conto del principio fondamentale dell’uomo, ossia il suo essere un animale sociale inserito in un contesto in cui tutto è politica. Ciò che apprezziamo è la libertà di espressione e di pensiero, anche quando quest’ultimo si discosta dai valori e dalle idee in cui ciascuno di noi crede. Ciò che troviamo molto pericoloso è quando alcune dichiarazioni non sono frutto di un pensiero ragionato e ponderato, ma assurdità che non solo oltrepassano qualsiasi limite dell’etica e della decenza umana, ma poggiano anche su basi completamente infondate. Quindi, nel caso in questione, questa frase ci viene proprio dal cuore: Kanye, sei un rapper. Pensa a rappare.