Rappare “al contrario”: le regole del riocontra
La parlata “al contrario” resa celebre da personaggi come il Dogui e Diego Abatantuono è tornata di moda fra i rapper milanesi, con un dubbio: qual è la forma stagiu?
Il riocontra sta vivendo una nuova primavera. Lanciata dai Paninari negli anni ’80, questa parlata fondata sull’inversione delle sillabe (contrario/riocontra) è strisciata per oltre trent’anni nelle strade di Milano fino a suggestionare le nuove generazioni di rapper, che oggi lo hanno raccolto dai marciapiedi per portarlo nei dischi.
Saca, gafi, nogra sono parole al riocontra rese celebri da personaggi milanesi come il Dogui (Guido Nicheli, archetipo cinematografico del cummenda lombardo) e Diego Abatantuono, che nel film del 1983 Il Ras del quartiere dà una spiegazione rimasta nella memoria di molti. «Ma come cazzo parli?», chiede Domingo (Abatantuono) a Jena (Mauro di Francesco). «Al contrario – risponde lui – È un modo tosto per esprimersi. Treno diventa notre. Casa, saca. Cinque, quinci. È un modo per parlare senza farsi capire. È un gorge, un gergo».
Il riocontra non è tuttavia un’invenzione milanese. “Parlate simili sono state segnalate in altre parti d’Italia e del mondo. La più famosa è il Verlan francese (inversione semplificata della pronuncia di l’envers, ‘contrario’), ma esiste anche il Vesre nei sobborghi di Buenos Aires”, riporta il libro fresco di stampa Il Riocontra Illutostra, primo manuale dedicato al fenomeno, edito da “Giulio È In Audi” e firmato da Aldofre e Nigiova Di Nobru. “Fra le varianti italiane, parlate soprattutto in Lombardia, segnaliamo il Trancorio bresciano, che però ha regole tutte sue”.
E proprio la questione della corretta inversione sillabica riaccende oggi l’interesse per il riocontra. “L’obiettivo non è chiudere il riocontra in una gabbia di regolamenti”, scrivono i fratelli Di Nobru nella quarta di copertina, “Non vogliamo alterare la sua anima corsara e la sua natura clandestina. Sarebbe imperdonabile”. Alla presentazione del manuale ribadiscono che “il riocontra non ha regole se non quella del suono: è in continua evoluzione, è anarchia totale. Il nostro è un libro di metodi, ma sono indicazioni che possono cambiare”.
Non la pensano uguale Nerone e Warez, rapper milanesi classe 1991 e 1986, che insieme a Secco hanno formato la crew La Miaccade Llade Scacru, un trio hip hop che vuole scrivere canzoni solo al riocontra. La prima, che ha dato il nome al gruppo, è contenuta nell’ultimo disco di Nerone, Max, uscito a maggio in digitale e da poco in copia fisica. È la Miaccade llade Scascru la scacru, I dicusto del riocontra dichie a noi la rmafo stagiu (“È l’Accademia della Crusca la crusca, i custodi del riocontra chiedi a noi la forma giusta”), canta Warez nel bridge del brano.
«Quando ci siamo incontrati ci siamo resi conto che c’erano robe che non quagliavano, regole su come spezzare le parole», spiega Nerone, campione 2014 del programma di freestyle MTV Spit. «Warez ha sempre ragionato su come suonasse meglio, io grammaticalmente. Poiché nessuno ha mai impostato delle vere regole, le abbiamo stabilite noi. Questa roba ha preso senso quando la gente ha iniziato a litigare sul riocontra in piazza, e venivano da noi, che siamo quelli che lo parlano più fluido, a chiedere se invertissero le sillabe nel modo giusto. C’è necessità di uniformare, perché se no la gente discuterà sempre».
I tre non sono i primi né gli ultimi rapper milanesi a infilare il riocontra nelle rime. Facciamo un rapido brainstorming e dal passato affiorano numerosi esempi: Marracash nel 2005 (“La tipa balla Soca, le do il zzoca”), Esa nel 2006 (“Nella city i raga parlano in riocontra, nella foga cash zzoca non si gioca si fa la rivolta”), Oscar White nel 2012 (“Lafi a saca che vi mando a casa al contrario”). Grande intenditore del gergo è anche Gué Pequeno: “Non mangio roast beef è l’anagramma di sbirro”, rappa nel 2009 in Dogorazia, quarto album dei Club Dogo. Nel 2015 si ripete nel disco solista Vero, dove in Bosseggiando, Fuori Orario, Pequeno e Nouveau Riche spuntano parole come locu, iatro, gafi e nogra, oltre alla già citata zzoca, la cui ricomparsa nel 2016 nella hit doppio platino Scooteroni (“Omozigota gemella che mi sbarella sul zzoca, Eva Herzigova”) l’ha probabilmente resa l’espressione al riocontra più famosa in Italia.
A dimostrare la ritrovata vitalità del linguaggio c’è anche il fascino che esercita sulle nuove leve. Come in Francia Stromae ha usato il Verlan per coniare il suo nome d’arte, dai quartieri di Milano sono usciti negli ultimi tempi i 23enni Rkomi (Mirko), Tedua (noto in precedenza come Duate) e il 24enne Lazza, che ha titolato il suo primo album ufficiale Zzala. «Lazza e Rkomi sono della nostra zona – dice Nerone – Zona 4 parla il riocontra, c’era scritto anche sui muri». Warez continua: «È stato utilizzato dai giovani che hanno preso spunto dai film per non farsi capire dai grandi ma penso che mai nessuno, a parte noi, abbia fatto una traccia tutta al contrario».
«Noi non nasciamo per educare – precisa Nerone – ma per mettere tutti d’accordo, per capirci. Noi vorremmo che tutta Italia parlasse come zona 4».
«Lo abbiamo fatto per mettere la bandierina, per dire “questa roba è nostra”: chi lo apprezza, bene, noi lo mettiamo lì, e se la cosa va avanti faremo altri pezzi», annuncia Warez, che per il prossimo disco ha già pronta la parte 2 della canzone tutta al riocontra. «Ti do un altro spoiler – anticipa Nerone – sto per lanciare una roba figa al riocontra: la mia prossima linea di merchandising. Ci saranno marche famose con le scritte invertite: Ccigu, Nomoschi, Lafi».
“Se lo usi per fare il figo sei un boba di gnole”, scrivono i fratelli Di Nobru, che dopo essere stati informati sui progetti de La Miaccade Llade Scacru commentano: “Sono dei bobaz, contestiamo il fatto che vogliano imbrigliare il riocontra in regole precise. Se lo amano non lo devono ingabbiare, devono lasciarlo libero”. E mentre i nuovi custodi del riocontra si dilettano a rappare con il gorge della dastra, gli storici appassionati osservano con scetticismo: “Il riocontra nasce per fare antimosga, per non farsi capire dalla drema, dal drepa e dal rosbi, ma se diventasse mainstream, diventerebbe mosga”.
di Alessandro Minissi