Dobbiamo trattare con cura l’eredità che ci ha lasciato Mac Miller
A tre anni dalla scomparsa del cantante abbiamo ripercorso i punti più importanti della sua vita, tra fragilità e ricerca della pace interiore
Durante il primo lockdown la sensazione che ho provato per la stragrande maggioranza del tempo è stata l’incompiutezza. Poi è arrivata, con più calma, anche la solitudine. Infine, la tristezza. Abituata ad ascoltare musica in maniera quasi ossessiva durante l’arco della giornata, mi sono ritrovata pian piano a non volerne nemmeno sentir parlare. D’improvviso, però, ho cominciato ad ascoltare un solo, unico, album, croce e delizia di quelle giornate che oggi sembrano lontanissime ma in quell’istante sembravano eterne. Quel disco è Circles di Mac Miller.
Uscito il 17 gennaio 2020, l’album postumo del rapper originario di Pittsburgh è stato un’ancora di salvezza. E a qualcuno potrebbe sembrare strano, visto che nel progetto troviamo temi quali la depressione, i pensieri ossessivi, la paura e l’accettazione della morte.
Mac Miller, però, con Circles mi ha insegnato sicuramente una cosa: la scrittura aiuta ad esorcizzare. Sicuramente non una novità. Non sono arrivata a scoprire nulla, lo so, ma ho “semplicemente” avuto, ancora una volta, la conferma di come scrivere possa aiutarci a rendere meno pesanti i macigni che portiamo dentro.
A tre anni dalla sua scomparsa, il 7 settembre 2018 a causa di un overdose di cocaina, fentanyl e alcol, proviamo a raccontarvi perché Mac Miller ci ha lasciato in eredità una serie di storie e lavori che difficilmente riusciremo a dimenticare.
Com’è difficile essere Mac Miller
«Voglio essere capace di vivere belle giornate e brutte giornate» ha detto Mac Miller in un’intervista a Volture nel 2018. Una frase tutt’altro che banale e scontata. Il rapper ha dovuto lottare, nel corso della sua breve vita, con l’abuso di sostanze stupefacenti, a cui faceva spesso riferimento nei suoi testi. Ma non solo. Perché Mac ha dovuto combattere anche contro la depressione, altra tematica ricorrente nei suoi brani.
A tutto questo si è aggiunta la relazione con la popstar Ariana Grande. Un rapporto, durato due anni, che ha fatto nascere il suo penultimo lavoro in vita: The Divine Feminine. Nonostante il progetto sembrasse permeato da un grande senso di equilibrio, segno di una sorta di “rinascita” di Mac Miller, la fine della relazione lo ha fatto ripiombare in un vortice di depressione che ha sottolineato ancora una volta la sua incredibile fragilità.
Mac Miller è stato il ragazzo scanzonato dei primi album e mixtape, pubblicati in adolescenza. Ma è stato anche Larry Lovestein, suo alter ego appassionato di musica jazz. È stato, soprattutto, un giovane artista capace di raccontare, in modo diretto e sincero, quanto sia difficile prendersi cura della propria salute mentale.
Ying e Yang, Swimming e Circles
“Due facce della stessa medaglia“. Non potremmo trovare termine più azzeccato per parlare dell’ultimo disco in vita e del primo album postumo di Mac Miller, Swimming e Circles. I due progetti sono nati per vivere insieme, complementari nella loro diversità.
I due dischi sono sicuramente diversi dal punto di vista musicale. Col tempo, infatti, Mac Miller ha svestito i panni del rapper scanzonato che troviamo, ad esempio, in Blue Side Park, suo primo album in studio pubblicato nel 2011, o K.I.D.S., suo quarto mixtape pubblicato nel 2010 e disponibile, per la prima volta, dal 2020 su tutte le piattaforme di streaming. Con Swimming, infatti, Mac ha sperimentato sonorità diverse. Il cantante, ne parleremo più avanti, negli anni ha affinato il suo gusto musicale, diventando un vero e proprio artista dalle mille contaminazioni.
Con Circles, invece, Mac sembra abbandonare quasi del tutto la sua “rap attitude”, proponendo diversi brani cantati e moltissimi strumenti, molti dei quali probabilmente suonati da lui stesso. Anche i testi raccontano due facce della tormentata vita di Mac Miller. Se da una parte in Swimming si percepisce la volontà di “rimanere a galla” di chi ha capito di aver toccato il fondo e vuole provare a risalire in superficie, con Circles ci troviamo davanti a un artista consapevole della direzione che sta prendendo la sua vita. Una deriva che Mac Miller sembra aver completamente accettato, in brani come Everybody (cover di Everybody’s Gotta Love dei Love) e Surf.
“And I know that somebody knows me / I know somewhere there′s home / I’m startin′ to see that all I have to do is get up and go” è forse una delle strofe più semplici, e dure, presenti in Circles. Un chiaro riferimento alla morte, a quella luce e quella pace tanto agognate che, chissà, forse Mac ha trovato in un luogo lontano da quello terreno.
Produttore, musicista e cantautore: la grande eredità di Mac Miller
Dall’inizio della sua carriera alla sua fine, Mac Miller ha pubblicato una quantità di progetti, tra mixtape e album, che sembra difficile da immaginare. Il suo primo mixtape, But My Mackin’ Aint Easy, è uscito nel 2007, quando aveva solo 15 anni. L’ultimo, Run-On Sentences: Vol. 2, nel 2015. Il suo primo progetto in studio vero e proprio, Blue Side Park, è uscito nel 2011. A questo sono seguiti altri cinque album, di cui uno postumo. La sua eredità, però, è sicuramente corposa non solo perché prolifica.
Infatti, Mac Miller è stato in vita un polistrumentista autodidatta. Dalla chitarra alla batteria, fino al pianoforte, il cantante ha coltivato la sua passione per la musica dalla tenera età al giorno della sua morte. Come già accennato, inoltre, Mac ha sempre avuto un gusto per la musica che andava oltre il rap. Appassionato di rock e jazz, nel 2012 ha pubblicato You, EP sotto il nome d’arte di Larry Lovestein. Un progetto dove le strumentali jazz accompagnano la sua delicata voce, mai sopra le righe, a differenza della sua vita.
Scrittore di rime fin da bambino, Mac Miller è stato un cantautore dalla penna sopraffina, in grado di passare da brani scanzonati a testi dove l’introspezione è diventata la cifra stilistica che lo ha accompagnato, soprattutto, nei suoi ultimi progetti.
Un altro aspetto da non sottovalutare, nell’incredibile brevità e allo stesso tempo lunghezza della sua carriera, sono le collaborazioni. Da Kendrick Lamar a Anderson .Paak, da Ariana Grande ai Free Nationals, Mac Miller ha lavorato con tantissimi grandi della musica che lo hanno accompagnato, forse anche inconsapevolmente, nel suo processo di maturazione.
Mac Miller con la sua musica voleva fare una cosa sopra le altre: emozionare le persone. Noi, io in particolare, crediamo che ci sia riuscito. Non solo con Circles, considerato da tanti tra i migliori album (anche postumi) del 2020, ma con la sua intera discografia. Mac ci ha mostrato, dal suo primo album al primo mixtape, fino all’ultimo capitolo (fino ad ora) della sua carriera, quanto sia difficile crescere e diventare consapevoli di chi si è. Ma quanto, in un certo senso, anche se tormentato, il grande viaggio che è la vita si possa forse concludere trovando, finalmente, anche solo una scintilla di consapevolezza e pace.