Mr. Rain: «Racconto le mie fragilità per sentirmi in pace con me stesso»
Il cantante pubblica oggi il suo nuovo album, Fragile, in cui esce dalla sua comfort zone e si racconta senza nascondersi. L’intervista
Parlare delle proprie fragilità non è facile. Lo sa bene Mr. Rain, che le racconta nel suo nuovo album, Fragile, uscito oggi, venerdì 18 marzo.
«Sono carico e teso allo stesso tempo. Non vedo l’ora di sapere cosa ne pensa chi ascolterà l’album, perché ho sperimentato molto e sono uscito dalla mia zona di comfort» ci ha raccontato Mr. Rain durante la nostra intervista.
Scritto e prodotto interamente da Mattia Balardi (vero nome di Mr. Rain, ndr.), Fragile in dieci tracce, con un un unico feat, quello con Annalisa, scava nelle fragilità del cantante, raccontandone tutte le diverse sfaccettature.
La nostra intervista a Mr. Rain
Cosa ti spaventa della fragilità? Nella title track dici: “Sono fragile e non è facile”.
Rispetto agli album precedenti, dove cercavo di dare qualche informazione in meno sulle mie paure e la mia fragilità, adesso ho imparato ad accettare e utilizzare come punti di forza tutte le mie paure. Il titolo dell’album è stata l’ultima cosa che ho scelto. Non ci ho pensato troppo, perché mi ero convinto che sarebbe stato lui a trovarmi.
Ed è stato così.
Sì, perché risentendo più volte l’album, io che non metto mai le title track, ma intro, outro e skit, qui ho detto: “L’album ha bisogno di questa canzone, deve essere un completo flusso di coscienza”. Anche in Invece no pensavo di fare uno skit, ma non mi sembrava giusto. Piuttosto ho preferito fare una canzone che dura due minuti.
A proposito di Invece no, l’hai definita “una canzone breve ma che rimane dentro come un mantra”. Cosa intendi?
Credo che sia molto universale. Parla di un rapporto difficile e credo che tutti ci si possano rivedere. Tra l’altro è una delle tracce in cui ho sperimentato di più a livello strumentale e nel modo di cantare in falsetto. È uno dei brani che mi gasa di più, quando l’ho composta ero in studio e saltavo come un bambino. Devo dire che in questo album, a differenza di Petrichor, che è stato un progetto cupo e difficile da scrivere, ho deciso di cambiare il mio approccio alla musica.
In che modo?
Fiori di Chernobyl l’ho riscritta 5-6 volte prima di avere la versione finale. In Fragile, a parte Crisalidi, che è stata il traghetto tra i due album, tutte le altre le ho composte in tre giorni e sono le stesse che avevo nelle bozze, ho cambiato pochissimo. Ho dato priorità al mio essere spontaneo in quei giorni.
Anche Petrichor è un inno alla fragilità, come lo hai descritto nella nostra intervista in occasione dell’uscita del disco. I due album dialogano tra loro, non hai mai pensato di fare un repack, invece di un nuovo album?
In realtà no, perché dopo aver scritto Crisalidi mi sono reso conto che ciò che stavo facendo era su un’altra linea e non sarebbe stato coerente con Petrichor. Sono andato in studio non per costruire un album, ma per ritrovare la sensazione e la spensieratezza che provavo quando scrivevo le prime canzoni. Questo album è uscito un po’ a sorpresa, anche per me (ride, ndr.).
Parlando di Sincero, non la volevi includere nel disco. Perché?
Ero molto indeciso su diverse tracce in realtà, perché sono canzoni molto fuori dalla mia comfort zone. Mentre nelle strofe mantengo ancora lo stampo Mr. Rain, i ritornelli sono molto distanti da ciò che ho fatto fino ad ora, e questa cosa all’inizio mi spaventava. Con il tempo, riascoltando i pezzi, mi piaceva così tanto che ho pensato: “Devo metterle dentro tutte quante, perché sono pezzi di un puzzle che compongono Fragile“.
E infatti ho avuto la sensazione che siano dieci brani che compongono un’unica storia. Il file rouge sembra essere una relazione finita con tutte le sue sfumature, dalla distanza alle incomprensioni.
Non parlo di una relazione in particolare, ma di cose che ho vissuto sulla mia pelle fino ad oggi. Sono momenti in cui mi sono sentito fragile e che ho voluto raccontare a tutti per sentirmi in pace con me stesso. Ho capito che cercando di nasconderli ci si fa del male, e io voglio imparare a mostrarmi veramente per ciò che sono, non una versione impoverita di me, senza difetti.
Ci sono due brani che mi sembra dialoghino molto tra loro: Nero e Aria.
Sono molto diversi e ho voluto metterli uno dietro l’altro per distinguerli ancora di più, ma sono due visioni differenti della stessa cosa. Nero è una ballad classica, e anche su questa non sapevo se inserirla (ride, ndr.), sempre perché è molto distante da quello che ho sempre fatto.
Dalla collaborazione con Annalisa al ritorno ai live
Hai ribadito più volte di esserti fatto conoscere in un certo modo e di aver deciso di mostrare, con Fragile, chi sei veramente. C’è un po’ quella paura di dover assecondare gli altri, perché magari questo “nuovo Mr. Rain” potrebbe non piacere?
Non penso mai a questo, sinceramente. Odio fare le cose perché devo o per ottenere qualcosa, sono molto libero e faccio quello che mi sento al momento, spesso sbagliando perché sono davvero testardo. Non lo faccio per presunzione, ciò che mostro è sempre la mia visione attuale.
In Fragili torni a lavorare con Annalisa in Neve su marte.
Ero partito con l’idea di non fare featuring perché non sono un fan dei dischi pieni di collaborazioni, li trovo poco personali. Però, quando ho scritto il ritornello di Neve su Marte, mi è venuta subito in mente Annalisa, visto anche il trascorso che abbiamo avuto. Avevo voglia di dare una “parte 2” alla nostra collaborazione, così ci siamo trovati in studio e in pochissimi giorni abbiamo chiuso tutto in modo sincero e genuino.
Hai già pensato ad una dimensione live dell’album?
Assolutamente, stiamo mettendo giù in questi giorni il tour estivo e invernale. Sono stato uno tra i pochi fortunati che è riuscito a fare una data a dicembre 2021, al Fabrique di Milano. Tornare ad esibirmi dopo due anni e mezzo è stato un sogno e quest’anno non voglio assolutamente fermarmi, anche perché ho due album da portare in giro.