Interviste

Bobby Gillespie e Jehnny Beth: frammenti di un discorso (ex) amoroso

I due hanno realizzato un album d’altri tempi, Utopian Ashes, ma con i testi che ci possono riguardare da vicino perché ispirati ai momenti di crisi di una coppia, quando si rende conto che la relazione è ormai giunta al termine

Autore Tommaso Toma
  • Il4 Luglio 2021
Bobby Gillespie e Jehnny Beth: frammenti di un discorso (ex) amoroso

Foto di Sam Christmas

Bobby Gillespie non si ferma mai anche se abbiamo tutti vissuto un periodo forzatamente di quiete. Nella sua casa nel nord di Londra si è concentrato per la stesura definitiva del suo primo libro di memorie, Tenement Kid, che arriverà nei negozi in autunno (confidiamo in una edizione italica). «Tutta un’altra cosa scrivere un capitolo rispetto ai versi di una canzone, sto imparando…», ha sentenziato Bobby. Lì ha condensato la sua vita dai primi giorni di scuola a Glasgow fino al 1991, anno di grazia del mitologico album con i suoi Primal Scream, Screamadelica (a proposito, che annata il ’91…).

Intanto per il primo drop del Record Store Day 21 è arrivata nei negozi una versione “monster” di Riot City Blues (del 2006) e adesso, carico per questa nuova fase creativa, Bobby Gillespie ha deciso di dare alle stampe il suo primo album con il suo nome ma accompagnato dalla presenza della cantante di origine francese Jehnny Beth (già con i Savages).

L’album Utopian Ashes

Diciamolo subito: Utopian Ashes (Sony Music) è un album “per adulti”. Non solo per il sound ma soprattutto per i temi trattati: il logoramento di un rapporto amoroso, le disillusioni di una vita idilliaca. Si tratta di un disco ricco di ospiti al fine di realizzare una certa complessità e ricchezza di suoni e degli arrangiamenti. Ci sono anche i tre inossidabili compari di Bobby Gillespie nei Primal Scream: Andrew Innes (chitarra), Martin Duffy (piano) e Darrin Mooney (batteria). Senza contare un’altra presenza inseparabile (ma per la Beth), il connazionale Johnny Hostile. C’è poi l’importante presenza di un quartetto d’archi, favoloso, capitanato dalle sorelle Langley.

Nel solco di una certa tradizione USA, il suono di Utopian Ashes s’ispira ai lavori di un songwriting drammatico e intimista di stelle come Gram Parsons (amatissimo da tutti i Primal), Tammy Wynette, Lee Hazlewood. Un album che pare risenta l’influenza di quelle famose session a Memphis che i Primal Scream avevano inciso per l’album del 1994 Give Out But Don’t Give Up e che solo due anni fa sono state rese disponibili.

Ecco, tutto questo rimescolamento del passato avvenuto tra la stesura di un’autobiografia e le ristampe con inediti ha dato nuova linfa a Bobby Gillespie, che mai come in questa intervista fatta accanto a Beth è stato tanto loquace. Ecco un estratto dell’intervista che troverete integralmente sul numero di luglio-agosto di Billboard Italia.

Bobby Gillespie e Jehnny Beth - foto di Sam Christmas - 2
Foto di Sam Christmas

Jehnny, partirei da te. Facendo un disco al fianco di questa icona del rock inglese, cos’hai imparato da Bobby Gillespie?

JB Domanda difficile (sorride, ndr)… Vorrei soffermarmi sulla parte vocale del lavoro fatto per questo album, che ovviamente è molto importante. Ecco, è stata una grande ventata di novità nel mio percorso professionale dopo i sei anni di militanza con la mia band, Savages, dove ovviamente avevamo un’estetica sonora e melodica ben precisa. Mi sono sentita libera di esplorare nuovi territori, e non è da sottovalutare il lavoro fatto per le parti backing vocals, di cui peraltro sono una grande appassionata. Ho sempre ascoltato con attenzione i cori e le seconde voci nei dischi rock, per esempio quella di David Bowie in Transformer di Lou Reed… La cosa magnifica con Bobby è che abbiamo da subito trovato la giusta armonizzazione delle nostre parti vocali, anzi è stato un vero shock accorgerci di questa “compatibilità”.

Bobby, mi piace tantissimo il titolo, Utopian Ashes. Teoricamente non vuol dire nulla: mi spieghi che cosa significa?

BG Prima di tutto, quando due persone che si amano decidono di stare assieme, di vivere una vita sotto lo stesso tetto e fare progetti, per certi versi tentano anche di dar forma anche a una dimensione utopistica della realtà, no? Tuttavia può accadere che nel tempo i sentimenti si affievoliscano di intensità, si crei una sorta di atrofizzazione degli stessi. Si danno per scontate tante cose e la fiamma della passione si spegne per diventare, in senso poetico, cenere. Ma ti dico anche, meno prosaicamente, che mi piaceva il titolo pensando a una persona che andrà in un negozio di dischi. Se io vedessi un album con un titolo simile ne rimarrei colpito, mi stimolerebbe il desiderio di saperne di più. Insomma si spera in una reazione come quella che hai avuto tu! (Ride, ndr)

Il fatto di lavorare con due francesi ha reso il lavoro più “europeo” rispetto ai tuoi dischi con i Primal Scream?

BG Mmm… Capisco cosa dici. Probabilmente gli arrangiamenti orchestrali possono far pensare a una sensibilità più francese, a Brel, Gainsbourg… Ma in generale ci sono tante influenze americane nel disco. Che dici, Jehnny?

JB Sì, concordo con Bobby, non saprei cosa aggiungere. Forse c’è stato un leggero contrasto nei punti di vista nella fase di interpretazione dei brani. Ma io sono rimasta profondamente colpita dalle influenze di Bobby, che ha portato in questo lavoro tanta America di grande qualità come riferimenti. E poi devo dirti che oramai per me è difficile dire cos’è francese o no nella mia musica. Vivo da tanti anni in Inghilterra e canto in inglese!

BG Se tu canti in francese, per esempio English Town diventa subito una sorta di classica “chanson”. A proposito, per questa canzone mi ero dimenticato di dirti che ci siamo ispirati alla stupenda Shifting Sands della The West Coast Pop Art Experimental Band… Ma ascolta, Jehnny, puoi cantarci la seconda strofa?

JB (Sorridendo e con un tono di voce melanconico, ndr) “Je veux m’envoler…”

BG Senti? Potrebbe essere una canzone francese, anche se si intitola English Town!

JB (Sorride, ndr) Ovviamente! Ma questa canzone avrà sempre quel potere di connettere tutte quelle persone che scoprono il mondo al di là di un contesto di grigiore che li circonda. Mi vengono in mente quei ragazzi che ascoltavano Bowie nella città delle province inglesi e sognavano i colori evocati da David.

Domanda a bruciapelo: con chi ti sarebbe piaciuto duettare tra gli artisti di quel passato che evochi nel nuovo album?

BG Oh mio Dio! Laura Nyro di sicuro. Scusa ma non vuoi chiedere anche a Jehnny con chi le piacerebbe duettare tra le stelle del passato?

Certamente, anzi scusa…

JB Senz’altro David Bowie!

Bobby, so che non è “la tua tazza di tè” preferita ma che ne pensi del fatto che quest’anno ha vinto l’Eurovision un gruppo italiano che ha affermato al momento della vittoria “rock’n’roll never dies”? E questo sì che ti riguarda! (Questa intervista è avvenuta alla fine di maggio, ndr)

No, no, no aspetta… Dobbiamo rispettare l’Eurovision, son venute fuori delle grandi canzoni e io da ragazzino ero incollato alla TV. Non voglio fare il paraculo ma non ho seguito le ultime due edizioni. Me li ascolterò, i Måneskin. Dimmi, sono validi?

Sì, sono state nostre cover star in tempi non sospetti e li ho visti a Milano. Ti piacerebbero anche per il loro look!

Li ascolterò, promesso! Io ho davvero un sacco di ricordi ottimi di Milano. È passato troppo tempo dall’ultimo concerto che ho tenuto lì. Era all’Alcatraz e c’era un pubblico fottutamente sexy.

Ascolta Utopian Ashes di Bobby Gillespie e Jehnny Beth in streaming

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