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Albert, il rapper che ama De André – Intervista

Oggi esce il primo EP di Albert, giovane artista milanese che ha le sue radici nel panorama rap. “Orme” alterna queste sonorità ad altre più pop

Autore Giovanni Ferrari
  • Il27 Aprile 2018
Albert, il rapper che ama De André – Intervista

Albert

Incontro Albert negli uffici della Warner Music. In passato ha fatto molta musica rap, ha vent’anni e una camicia elegante che forse racconta il suo desiderio di non essere etichettato come rapper o chissà cosa. In effetti il suo primo album autoprodotto Alter Ego è un progetto prettamente rap. Ma dopo l’incontro con Warner (e dopo un percorso personale che è ancora in corso), Albert è pronto per proporre al suo pubblico qualcosa di nuovo. Il suo primo EP ufficiale Orme, infatti, esce oggi 27 aprile e contiene sette inediti che, per la prima volta, lo fanno spaziare dall’amato rap a sonorità più pop e di animo cantautorale.

Questa sera alle 21.10 su Real Time andrà in onda il programma “Da qui a un anno” (condotto da Serena Rossi). Nella puntata dedicata al giovane artista milanese, si potrà infatti ripercorrere il suo percorso di quest’ultimo anno, dall’incontro con Warner Music all’uscita del suo progetto Orme. Lo abbiamo incontrato. 

Come sei arrivato a questo disco?

Io ho iniziato a fare musica e scrivere intorno ai 16 anni. Da allora ho fatto praticamente solo quello. Prima facevo calcio, ero super appassionato. Mio padre è scomparso nel 2013 e anche questa cosa mi ha fatto legare ancora di più alla musica. L’anno scorso ho fatto un album autoprodotto che si chiama Alter Ego. È stato un disco molto veloce: avevo un sacco di idee in testa. È andato molto bene e quindi la Warner si è accorta di questo progetto. Sono molto felice. Abbiamo iniziato a ragionare su questo EP che è un’evoluzione di Alter Ego, un passo in avanti. Questo EP ha sonorità e melodie diverse, in certi casi anche più pop, ma mantiene una scrittura che secondo me è migliorata. Invece di mettere tante parole e tanti concetti alla rinfusa, ho sintetizzato il più possibile, dando un valore al testo, molto di più di quanto abbia fatto finora. È un album molto intenso.

Tramite la tua musica vuoi lanciare dei messaggi? Vuoi raccontare la tua quotidianità?

Guarda, io ho notato che in Alter Ego c’erano canzoni come Metro e Bocca di Rosa nelle quali la gente si ritrovava. Molto più che nelle canzoni con argomenti un po’ più specifici. Mi piace sperimentare cose originali, facendolo sia in un’ottica cantata che rap. Il messaggio di questo EP è molto personale. Ognuno ci può rivedere quello che si sente. Le tracce sono diverse fra loro. C’è una traccia più caraibica ed estiva che si chiama Palma. C’è lo storytelling di Strada. C’è Orme, che è la spiegazione del perché esce questo disco. Mi piacerebbe che la gente non conoscendomi possa entrare ancora di più in questo mio mondo. Io mi trovo completamente immerso in questo universo. 

La cover di "Orme" di Albert
La cover di “Orme” di Albert

Tra le tue influenze ci sono Fibra e De André. Cosa significa per te avere esempi a cui guardare nel mondo della musica?

Per me è fondamentale. Così come accade nella vita. Io sono legato a De André e Bennato anche perché erano i cantanti che ascoltavo in macchina in viaggio con mio padre e mio nonno. Quando sei ragazzino e sei più piccolo, magari non riesci a comprenderne al cento per cento il significato. Invece a me ha sempre intrigato molto questa cosa dei cantautori. Io vengo da una generazione particolarmente rap. Mi piacerebbe mischiare sempre di più queste due cose. Io dico sempre che il mio massimo obiettivo sarebbe quello di fare live cantando le canzoni accompagnato dalla chitarra. Ho in testa questo immaginario molto cantautorale. Un ragazzo del ventunesimo secolo che racconta cose che gli appartengono e che vive, con una mentalità un po’ più rétro. 

I brani di Orme sono nati in quest’ultimo anno?

La maggior parte sì. Orme, invece, è un brano che avevo già scritto e che arrivava da influenze precedenti. Però mi piaceva il testo e quindi l’ho adattato alle nuove produzioni. Ma la maggior parte dei brani sono stati scritti quest’anno.

Come ti senti dopo tutto questo percorso? Su cosa ti piacerebbe lavorare?

Sono molto contento di questo progetto. All’inizio c’è sempre un po’ di preoccupazione, ma sono molto soddisfatto perché lo riascolto da un po’ di tempo e ogni volta trovo parti che mi piacciono. Per il futuro mi piacerebbe fare progetti proprio partendo da questo EP. Mi piacerebbe mettere tanta chitarra nel prossimo disco. A me piace e penso che sia uno strumento molto ritmato. Nel rap si legherebbe bene questa cosa. A livello di scrittura non saprei, anche perché mi faccio sfidare da quello che vivo.

Che cosa cerchi facendo musica?

Come ogni cantante, mi auguro che la mia musica piaccia a più persone possibili. Non lo nego. Mi piacerebbe molto – in un’ottica un po’ utopistica – che i ragazzi della mia generazione aprissero gli occhi oltre a quello che è il rap oggi (io sono fan del rap) e mi piacerebbe riportare la bellezza di artisti come De André e Bennato. Oggi magari si è abituati ad ascoltare altro. E poi immagino anche le reazioni delle persone che mi conoscono per Alter Ego…

Hai paura delle reazioni del pubblico?

No. Anche se dovessero esserci reazioni negative, per me sarebbero comunque “positive”, perché ciò significherebbe che la gente ha un’aspettativa nei miei confronti. Che la gente fa affidamento su di me. Io non voglio essere etichettato in un solo genere. Mi piacerebbe trovarlo nel tempo. Sicuramente vengo dal rap, quindi la mia scrittura è quella.  

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