Annalisa: «’Bye Bye’, il saluto alle mie insicurezze»
Dopo la sua partecipazione all’ultimo Festival di Sanremo con “Il Mondo Prima di Te”, Annalisa parla del suo disco “Bye Bye” e delle sue nuove consapevolezze – Intervista
Chi segue Annalisa dagli esordi ad Amici nel 2010 si sarà sicuramente accorto che da qualche mese a questa parte è attivo in lei un grande cambiamento, di quelli a cui non importa dedicare frasi su frasi. Un cambiamento che si percepisce dalle nuove parole presenti nell’ultimo album Bye Bye, dai suoni che mai prima d’ora aveva sperimentato, dalla serenità con la quale (finalmente) si racconta. La sua partecipazione all’ultimo Festival di Sanremo con Il Mondo Prima di Te ha sancito pubblicamente questo cambio di prospettiva nei confronti di se stessa e della sua musica.
Hai raccontato che, superati i trent’anni, hai iniziato a chiederti quale fosse il tuo ruolo all’interno della società. Cosa hai capito?
Che è fondamentale fare cose che ti rendono felice. Non voglio più accontentare tutti. Penso molto meno e agisco molto di più. Ho capito che il mio ruolo nel mondo (così come nella mia famiglia) sta cambiando. Prima ero semplicemente figlia: ora inizio a sentire che sta succedendo qualcosa. Non sono più l’ultimo anello della famiglia, ma sono diventata in un qualche modo centrale. Bisogna rendersi conto di quali sono le cose importanti. E bisogna imparare a goderne.
Però immagino che il rischio di voler piacere a più persone possibili sia sempre dietro l’angolo.
Sì, ma è proprio un concetto sbagliato. Non dovresti tentare affatto. Devi essere tu, con tutte le tue caratteristiche che possono piacere o non piacere, senza preoccuparti di essere qualcosa che non sei. Per prima cosa devi accontentare te stesso. Devi accettarti e andare dritto per la tua strada. Nel momento in cui fai tutti questi ragionamenti per piacere a tutti, diventi in realtà qualcosa di indefinito che la gente non riesce nemmeno a capire.
Hai avuto alcune esperienze televisive. Che cosa ti affascina di questo mondo? Ti senti a tuo agio?
Mi piace il fatto che puoi lanciare dei messaggi a tantissime persone. Sia chiaro: la mia casa è il palco. È lì che – mentre canto – rendo partecipe il mio pubblico di quella che è la mia scrittura, di quelli che sono i miei messaggi e il mio modo di vivere la musica. Questo per me è condivisione e liberazione. Però con il mezzo televisivo puoi mandare un messaggio più ampio su di te, dal punto di vista personale e della comunicazione non musicale. Vedo la TV come un social network all’ennesima potenza, con uno sguardo ulteriore sul tuo privato.
Sì, in effetti con i social si possono raccontare tante parti di sé. Ti piace usarli?
Ho sempre cercato di fare attenzione ai miei social. Da un po’ di tempo a questa parte ho capito che la cosa che premia in assoluto è la verità. Piuttosto che farti un selfie impostato e commentare “Ci vediamo nel tal luogo alla tal ora” è meglio fare una foto con un contesto, dove spieghi dove sei, con chi, cosa stai facendo. Ci deve essere verità.
A Sanremo ti sei classificata terza con Il Mondo Prima di Te e hai raccontato che ti ha aiutata il fatto di esserci già stata. C’è stato qualcosa che ti ha comunque stupito?
Il fatto di essere già stata in gara a Sanremo mi ha aiutata da un punto di vista mentale. Sapevo già come si sarebbe svolta la giornata, sapevo come e quando risparmiare energie per l’esibizione della serata. Ma il palco è una cosa che ti coglie sempre di sorpresa. La prima sera ero molto tesa ed emozionata. Quella sensazione è sempre uno shock. Una novità è qualcosa che non si impara.
Nel tuo album Bye Bye compari molto anche come autrice. Come nascono i tuoi brani?
Mi vengono idee continuamente, mentre ascolto la musica di tutti i generi su Spotify, ma non solo. Appena mi vengono in mente concetti e frasi, me li appunto e quando vado in studio cerco di dare un senso ai tanti spunti che mi vengono continuamente e tento di portarli avanti. Poi magari li condivido con altri autori con i quali mi confronto. Così costruiamo insieme una canzone, dall’inizio alla fine.
Siete arrivati a oltre sessanta canzoni ma poi hai dovuto sceglierne solo tredici. Come si crea una tracklist?
Bisogna cercare di capire cosa è giusto in quel momento. Cosa è rappresentativo di te in quel momento. Alcune canzoni non sono entrate nel disco non perché fossero meno belle, ma perché forse non era il momento giusto. Bisogna saper aspettare a seconda di quello che sei tu, a seconda del progetto che porti avanti. È per questo che secondo me è importante un confronto interno: guardarsi da soli allo specchio e capirsi non è sempre facile. Il mio produttore Michele Canova, ad esempio, è stato decisivo nella scelta di cosa inserire e cosa invece tenere in stand-by.
A proposito di questo, quanto è importante oggi per un artista trovare “il produttore giusto”? Come si sceglie?
È importantissimo. Lo comprendi nel momento del confronto, quando ti rendi conto che ci si capisce subito attraverso la musica ma anche umanamente. Quando arrivi a capire quello, sei sulla strada giusta. Sulla tua strada.
Nel brano Un Domani c’è una collaborazione con Mr.Rain. Non è la prima volta che ti confronti con un rapper.
A me piace tantissimo il mondo rap, hip hop, R&B. Mi piace l’uso ritmico delle metriche, mi piace la libertà di raccontare. Nel rap non c’è un argine dentro cui far stare le parole. Di conseguenza amo il fatto che il linguaggio sia così diretto. Non ci sono metafore o immagini alte: c’è tanta prosa. In Un Domani le metriche sono rap, anche se le canto io. La stessa cosa è successa con Bye Bye o Direzione la Vita: anche in questi brani c’è questo tipo di lavoro. Mi piace usare la musica al servizio del racconto e non il contrario. Io volevo assolutamente coinvolgere un rapper in questo disco. Per la scrittura delle canzoni mi sono ispirata molto a questo mondo. Mr.Rain era perfetto: volevo uno ruvido, che andasse dritto al punto ma che allo stesso tempo fosse anche elegante.
Quest’anno canterai nei club e non più nei teatri. Come mai?
Sarà uno show molto rappresentativo di tutto quello che ti ho raccontato. Voglio andare dritta al punto, anche dal vivo. Sarà tutto meno costruito rispetto a quello che magari si fa a teatro (che richiede una scenografia e un’acustica di un certo tipo). Il club ti permette di essere più libero. Io voglio dare un senso di ritorno a quella che ero all’inizio e che in realtà mi assomiglia molto di più di tutti gli esperimenti che ho fatto in questi anni. Voglio andare sul palco, suonare, divertirmi, saltare e creare un’esperienza di serenità e liberazione condivisa.