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Cioffi: come vede la musica un «ragazzo sognatore di 23 anni»

Il giovane artista salentino Cioffi ha pubblicato il suo primo singolo Anima Fragile. Il titolo è un omaggio a uno dei suoi idoli di sempre: Vasco Rossi

Autore Giovanni Ferrari
  • Il7 Giugno 2020
Cioffi: come vede la musica un «ragazzo sognatore di 23 anni»

Cioffi

Ha dalla sua un timbro profondo e la bellezza della sua età incerta e allo stesso tempo piena di movimento. Cioffi (vero nome Andrea Cioffi) è nato a Galatina, Lecce, il 3 luglio del 1996. E con il suo primo singolo ufficiale, Anima fragile, riesce a dar voce alle domande che riempiono la vita di molti adolescenti. E non solo.

Con una scrittura non banale e con una base di studio di pianoforte e chitarra, Cioffi si è conquistato in questi anni pure l’apertura di live di Fabrizio Moro, Le Vibrazioni, Antonio Maggio e Pierdavide Carone. Lo abbiamo incontrato.

Come è nata Anima fragile? Cosa racconta di te?

Era metà marzo e da qualche mese avevo ultimato Anima fragile. Durante il lockdown mi sono confrontato con il mio team di lavoro e ho espresso la volontà e il coraggio di voler uscire con il mio primo brano per provare a renderlo non più mio ma di chiunque lo ascoltasse. Un discorso intimo tra un ragazzo sognatore di 23 anni e la vita stessa. Anima fragile perché racchiude la totalità del percorso e del messaggio che vorrei esprimere in futuro, la voglia di rincorrere i propri sogni.

Come hai passato il lockdown? Hai scoperto qualcosa di nuovo?

È stato un momento di riflessione soprattutto personale. Siamo stati diciamo “obbligati” a passare più tempo con noi stessi e a confrontarci con quella parte nascosta di noi che a volte mettiamo da parte. Sono contento di aver dedicato del tempo alla mia famiglia e di aver goduto della bellezza delle piccole cose che non è più una cosa ormai così scontata.

In questo brano si percepisce un approccio positivo a ciò che accade, anche quando sembra non esserci nulla per poter essere felici. Come mai? Da dove nasce questa tua attitudine?

Sono di mio un inguaribile ottimista. Credo che ognuno debba avere questo approccio alla vita che deve essere collegato con la voglia di lottare e di perseguire i propri sogni. Non c’è tempo per piangere sul latte versato. E nemmeno per guardarsi indietro con rimorsi. La voglia di sognare ci può portare lontano. La positività e la felicità non devono essere una conseguenza ma la chiave stessa.

Hai detto che con questo brano vuoi parlare ai tuoi coetanei. Che cosa vorresti dire loro? Cosa bisogna ricordare?

Se dovessi parlare a un insieme all’Andrea di qualche anno fa, sicuramente gli direi: lotta per i tuoi sogni, credici e un domani godrai del tramonto più bello di tutti. Non fermarti a causa del giudizio della gente, cerca semplicemente di essere felice. 

Io dietro il collo ho tatuato la frase “we don’t care who sees” (“non ci importa di chi ci giudica”). Non permettete a nessuno di troncare i vostri desideri. Andate avanti sulla vostra strada e raggiungete quello che avete sempre sognato o quantomeno lottate.

Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Chi ascolti? E a chi ti ispiri? Ho notato molto cantautorato italiano ma non solo…

Per quanto riguarda i miei riferimenti musicali ascolto veramente di tutto, dall’hip hop al rock passando per la musica classica. È giusto il sentore che hai: mi piace il cantautorato italiano. Sicuramente è il genere nel quale mi rispecchio di più anche se è un qualcosa di insolito per un ragazzo della mia età. La sfilza di nomi ai quali mi ispiro sarebbe immensa, amo troppi artisti per citarne solo qualcuno, per non fare un torto a nessuno dei miei idoli cito i tre menzionati nella canzone: Vasco, Ligabue e Venditti.

Com’è il tuo rapporto con Fabrizio Moro? Raccontaci un aneddoto su di lui…

Ringrazio Fabrizio perché è stato uno dei primi a darmi la possibilità di condividere con lui un palco importante e aprire i suoi concerti. Un ricordo bellissimo che ho è quello della data di Bari di due anni fa dove – prima del concerto – ci ha tenuto a farmi un in bocca al lupo per il pre-live e a darmi qualche consiglio. 

Ricordo che era la prima volta che parlavo con lui: in quel momento ho percepito una delle cose più belle: il fatto che siamo tutti uguali. Davanti avevo Fabrizio che è l’idolo di un’intera generazione e la sua semplicità e normalità mi ha messo a mio agio e mi ha fatto sentire come se stessi scambiando due chiacchiere con un amico di sempre al bar. Non è così scontato essere prima grandi persone che grandi artisti, lui lo è in entrambi i casi.

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Ho letto che stai lavorando al tuo primo album. Come sta andando questo processo? Su cosa ti stai concentrando?

Stiamo lavorando alla stesura di un album ma più che altro a quello che vorrei fosse il proseguo di un filo conduttore immaginario e un percorso che possa accompagnarmi per tutta la vita. Mi piacerebbe dar voce a quelli che definisco “i ragazzi della gente” (in futuro approfondirò questo concetto). Vorrei alimentare quel fuoco e quella passione dei ragazzi nel vivere la vita e inseguire i propri sogni.

Dar voce a quella parte bambina e sognante che risiede in ognuno di noi e mai se ne andrà. Io racconterò le mie esperienze di vita nella speranza che qualcuno possa rispecchiarsi e rivedere un po’ di sé nei miei brani o magari cogliere sfumature diverse dalle mie. La musica nel momento in cui esce non è più mia: l’io si trasforma in un noi, in un collettivo. Che sia una o diecimila persone non mi interessa. L’importante è costruire emozioni e rapporti veri, sinceri e diretti.

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