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Giuseppe Anastasi: «Fare musica è inviare un messaggio» – Intervista

Giuseppe Anastasi ha scritto per Arisa, Michele Bravi e tanti altri. Ora pubblica il suo primo album “Canzoni Ravvicinate del Vecchio Tipo”

Autore Giovanni Ferrari
  • Il18 Gennaio 2018
Giuseppe Anastasi: «Fare musica è inviare un messaggio» – Intervista

Ha scritto canzoni per grandi nomi della musica pop italiana (da La Notte e Meraviglioso Amore Mio di Arisa a Il Diario degli Errori di Michele Bravi) e ora è pronto per pubblicare il suo primo album di inediti. Giuseppe Anastasi è autore e compositore ed è docente presso il CET di Mogol. Domani, venerdì 19 gennaio, esce il suo disco Canzoni Ravvicinate del Vecchio Tipo che contiene i singoli 2089 Ricominciare. Ne abbiamo parlato con lui.



Quando hai iniziato a capire che le tue parole potevano diventare parole di altri?

Quello non si capisce mai. Quando scrivo, io lo faccio per me. Poi, se la canzone piace a un interprete (che crede in quello che ho scritto), gliela regalo più che volentieri, come è sempre successo nella mia carriera. In realtà, sai, io scrivo le canzoni per evitare lo psicologo, perché mi aiuta a psicanalizzarmi (ride, ndr). Quando scrivi una canzone, non sai mai che vita avrà. Potrebbe anche restare nel cassetto.

Non è un processo che può dar fastidio?

Le canzoni sono di chi le canta. Non mi è mai successo di provare fastidio per questo motivo. Mi dà fastidio quando la cantano male, quando non la trattano bene. Se bisogna mandare un messaggio non importa chi lo manda, l’importante è che arrivi. Non ho mai avuto questa forma di gelosia.

Il brano a cui sei più affezionato?

Sincerità ha segnato il mio esordio. È una canzone per me importantissima. Poi La Notte, perché fino a quel momento sia Arisa come artista che io come autore eravamo un po’ in bilico. Con quel brano abbiamo fatto entrambi un salto di qualità. Queste due sono quelle a cui voglio più bene.

Come vivi il tuo essere docente al CET di Mogol?

L’insegnamento per me è l’attività principale. È la cosa che mi piace di più. Sia perché sono a contatto con i giovani e poi perché impari tanto. Ora i ragazzi stanno capendo che cantare non basta più. Cercano di appoggiarsi a uno strumento, di scrivere cose loro. È stimolante.

Com’è per un autore come te entrare in una dinamica come quella di “Amici di Maria de Filippi”?

Noi siamo “di supporto” ai ragazzi, cerchiamo di portare la nostra esperienza ai ragazzi. Il talent – insieme alla rete – è una chance per i ragazzi. Ovviamente c’è tanta televisione in mezzo ed è per questo motivo che mi devo abituare.

Come li vedi i giovani di oggi?

C’è un cambiamento totale rispetto al passato. Internet ha cambiato tutto. I giovani hanno a disposizione qualunque cosa ma vivono nell’epoca dell’immagine. È un periodo in cui c’è tanto ego e c’è poco essere. È una generazione confusa, che non sa bene cosa farà da grande. C’è meno rispetto: tutti si sentono in dovere di dire tutto quello che vogliono.

Parliamo del tuo disco Canzoni Ravvicinate del Vecchio Tipo. Perché questo titolo?

Cito uno dei miei film preferiti Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo. Si chiama così perché c’è tanta acustica e pochissima elettronica. Mi sono reso conto solo ora – rileggendo i testi – che ci sono tantissime parole.

Avevi bisogno di raccontare tante cose?

Sì, ho sempre una sorta di logorrea nella scrittura, ma queste sono undici tracce che parlano della mia vita ma anche della vita degli altri, della società. Parlo di tutto quello che sta succedendo un po’ adesso. Oggi c’è la paura dell’anonimato. Ma non possiamo essere tutti dei personaggi. Oggi tutti cercano di essere qualcosa di diverso, qualcosa di più “giusto”.

Il secondo singolo del disco è Ricominciare. Di cosa c’è bisogno per ricominciare?

Questo brano è travestito d’amore ma parla di una persona a me cara che ha perso il lavoro a quarant’anni. È un problema sociale che ho voluto travestire con l’amore. Non volevo essere troppo diretto, ma purtroppo è una storia di tante persone che si trovano in una situazione così dolorosa e difficile. Io da quando sono diventato padre ho cambiato l’ottica della mia vita. Ho ancora più paura del futuro. Con la paternità mi è cambiata completamente la prospettiva e diventa sempre più comprensibile per me avere preoccupazioni.



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