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Mace con “Oltre” dimostra che si può osare anche per ballare. L’intervista

Esce oggi lo strumentale “Oltre” e mercoledì abbiamo assistito al concerto milanese del producer. Una iridescente liturgia dove multisensorialità e fisicità convivono perfettamente. Abbiamo intercettato il produttore per capire con lui questo suo “stato di grazia”

Autore Tommaso Toma
  • Il27 Maggio 2022
Mace con “Oltre” dimostra che si può osare anche per ballare. L’intervista

Mace, foto di Riccardo Dubitante

È stata una settimana importante per Simone Benussi, in arte Mace. Domenica scorsa la data romana del tour OBE Live – An Out Of Body Experience con il tutto esaurito, mercoledì la tanto attesa data milanese, ovviamente sold out e con tanti amici che si sono presentati sul palco. E oggi l’uscita di un interessante album, Oltre (Island Records / UMI).

Undici tracce strumentali che spaziano liberamente attraverso differenti territori sonori. Mace non eccede in facili manierismi e lascia all’ascoltatore l’impressione di avere all’ascolto un album “made in UK o Germany” di elettronica. Oltre non sfigurerebbe al fianco di alcune produzioni di Caribou, Jon Hopkins, Moderat.

L’album si apre con una suite di 19 minuti che Mace stesso definisce “l’architrave del suo disco” dove il producer ti seduce con richiami alle armonie indiane, all’elettronica di Moments in Love degli Art Of Noise e ci infila un po’ di Jean Michel Jarre.

Il sold out al Fabrique di Milano

Ma facciamo un piccolo passo indietro e torniamo al Fabrique. Lo stage è stato concepito con Mace al centro del palco, sezionato a terrazze per dare maggior funzionalità ai visual e per disporre la band che circonda il producer. Una formazione che vanta due Calibro 35 (Fabio Rondanini alla batteria e Enrico Gabrielli alle tastiere e sax), l’ottimo chitarrista Danny Branzini, Marco Castello (tromba e percussioni), Ricky Cardelli (basso e tastiere) e la coppia Tahnee Rodriguez e Sewit Jacob Villa ai cori.

Le migliaia di ragazzi assiepati in ogni angolo del Fabrique sono continuamente sollecitati dal potente show, tra proiezioni, guest in arrivo, virtuosismi dei musicisti e un Mace sempre controllato e discreto nella sua presenza scenica. Generoso però nel dispensare abbracci al corteo di amici cantanti che sfileranno durante lo show milanese: Venerus, Irama, Izi, Jack the Smoker, Gemitaiz, Joan Thiele, Rkomi, Ernia, Noyz Narcos, Colapesce, Samurai Jay e il gran finale con Salmo.

Nota a margine: pensavamo che dopo la pandemia i grandi locali di Milano si attrezzassero con un potente sistema di areazione e invece dopo aver boccheggiato martedì all’Alcatraz per i Litfiba, anche al Fabrique la temperatura è stata equatoriale.

Incontriamo Mace via Zoom, in completo relax, camicetta sbottonata e un bel paio di occhiali da sole. Quella che leggerete è solo una parte di una lunga chiaccherata che vedrà la luce con altre parti inedite sul prossimo numero di Billboard.

Da sinistra a destra, Colapesce, Mace, Gemitaiz, Salmo e Noyz Narcos, foto di Asia Michelazzo

Un estratto dell’intervista a Mace

È stato molto bello esserci al tuo concerto al Fabrique. Ho voluto stare a livello del pubblico per percepire anche le loro emozioni e i ragazzi mi sembravano dall’inizio alla fine completamente coinvolti. Li hai iperstimolati, dai visual alle canzoni di OBE con un parterre de rois e poi gli episodi più dance di Oltre con Serpente cosmico, Impeto ed Espansione.

Anche io vado sempre in mezzo alla gente quando vado a vedere i concerti altrimenti è come stare con un “piede fuori dalla porta d’ingresso” di una festa! Con questo tour vogliamo creare un effetto di tridimensionalità, con questo schermo semi trasparente ricreo una sorta di “velo di Maya” e in alcune date è stato piazzato addirittura davanti. Abbiamo comunque pensato a diversi set up, c’era una motivazione concettuale ed estetica creando questi diversi livelli di profondità, devo dire che Stefano Polli di Sugo Design ha fatto un lavoro favoloso, ci intendiamo perfettamente anche perché siamo cresciuti assieme sin dai tempi delle scuole medie.

Abbiamo lavorato divertendoci tantissimo per le mie serate RESET! ed è li che Stefano si è fatto le ossa per poi prendere il volo, lavorando anche per David Guetta e Jovanotti. Nei miei progetti amo circondarmi di artisti ai quali affido sempre a loro carta bianca, dopo che hanno ricevuto dei miei input, mi fido del loro percorso creativo.

Ho definito il tuo show un’iridescente liturgia dove tu sei un officiante discreto nella presenza seppur al centro della scena. I tuoi interventi sono controllati e i tuoi messaggi al pubblico detti senza enfasi retorica, i tuoi gesti – oltre al controllo della strumentazione – si limitano agli abbracci ai tuoi guest. Sei, alla fine un timido… sbaglio?

Non sbagli. Io sono fondamentalmente timido e la tua analisi è azzeccata, sono un catalizzatore d’incontri, sono parte di una lunga equazione. Oltre alla timidezza aggiungi il mio percorso di “smantellamento del mio ego” che è in processo da diverso tempo. Per me la musica è un’esperienza corale, è un modo per stare assieme a persone speciali e fare con loro cose speciali. Avere persone così diverse tra loro da Salmo a Colapesce, dai Calibro 35 a Irama, per un unico progetto significa aver raggiunto un bell’obiettivo. E poi la cosa ancor più bella è che tra alcuni di questi artisti che prima non si conoscevano, nascono belle amicizie e collaborazioni.

E poi che musicisti speciali ti affiancano sul palco!

Eh… Sono un rompicoglioni e un perfezionista. Sono tutte persone che mi sono scelto perché sono straordinari esseri umani e musicisti.

E in questo tour, quando sei in “modalità DJ set” cosa fai? Suoni anche le canzoni di OBE?

Mi porto appresso tutta l’esperienza maturata in anni di DJ set. Suonerò come ho fatto ieri sera delle tracce da Oltre ma poi di tutto, dal funk giapponese alla techno. Di sicuro guarderò anche la gente che è presente, cercherò di cogliere lo spirito della serata che sto affrontando ma anche offrirò il mio viaggio cosmico oltre che una esperienza fisica, ballando tutti assieme. Ah oltre alle date ufficiali suonerò nel giardino della Triennale di Milano in occasione della Design Week il 7 giugno!

Un’altra tradizione del felice connubio milanese tra industria e cultura che riprende vita.

Certo,e poi il 26 giugno farò anche un set per gli amici di Radio Deejay alla loro festa all’Arco della Pace.

Chiudendo il discorso sullo show: sei l’unico assieme a Cosmo che da noi propone uno spettacolo dove c’è l’aspetto popolare, con la forma canzone, le incursioni dei guest, il singalong. Ma c’è anche un totale momento clubbing. Certo, Jova fa qualcosa di simile ma è più una grande festa, dove lui s’impone come abilissimo entertainer.

Ho una stima gigante di Cosmo. Mi piace molto il suo approccio, la cosa che non riesco a capire come mai la musica da ballo in Italia prenda spesso questo stigma di “musica per tamarri”, nella comunicazione di massa la discoteca è ancora un luogo con una connotazione svilente. E invece vai altrove e vedi che non è così. Sono da sempre convinto che nella musica da ballo esiste una matrice che spinge verso l’innovazione, verso il futuro. Noi in Italia abbiamo avuto grandi DJ ma non erano ahimè personaggi che volevano cercare messaggi, un pensiero e un immaginario da proporre alle masse. Noi italiani preferiamo la melodia.

Mace al Fabrique, foto di Asia Michelazzo

Il racconto di Oltre

Quando hai suonato Impeto che è in Oltre, con quel beat da techno berlinese, ho visto il pubblico muoversi in modalità club ed è stato bellissimo.

Impeto è un brano dedicato alla forza della natura, un concetto caro ai Romantici no? E tu essere umano sei inerme davanti a tanta potenza e ti si ridimensiona l’ego.

Hai piazzato una suite di quasi venti minuti a inizio album nuovo, sembra una provocazione ma ascoltando Breakthrough suite si apprezza la sua ricchezza…

E perché non posso metterla all’inizio? È la mia traccia preferita del disco, mi rappresenta in pieno: questa suite psichedelica è davvero il racconto di un viaggio che ho fatto. In più dichiaro apertamente che non me ne frega delle logiche del mercato e faccio quello che sento meglio per me.

Molto bella la copertina dell’album.

È legata alle mie esperienze con il Bufo Alvarius, un rospo che vive nel deserto di Sonora in Messico. In un’occasione ho avuto una completa dissoluzione del mio ego ed ero immerso in un magma unico di colore blu Klein. E stata una delle sensazioni più forti che ho provato in vita mia è come se tutti i problemi svanissero e tutto fosse unito e perfetto. E aprire quel velo di Maya, per andare oltre le percezioni sensoriali, la copertina riassume la mia volontà creativa.

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PAOLOOO