Un tuffo nella “nostalgia liquida” di Cicco Sanchez: «La salute mentale viene troppo sottovalutata»
L’artista torinese ha appena pubblicato l’EP d’esordio per Columbia / Sony Music. Sette tracce, con i featuring di Casadilego e Axos. L’abbiamo incontrato
«Nostalgia liquida, come la pioggia, la vodka, le lacrime. Ho reso il dolore un terreno fertile da cui sono nate e cresciute queste canzoni, come fiori nel deserto, o sui balconi dei palazzi in periferia». È attraverso queste immagini che Cicco Sanchez riassume i sette brani che compongono il suo EP d’esordio, uscito venerdì 3 dicembre per Columbia / Sony Music. Un nuovo approdo per il cantautore torinese dopo un percorso fatto finora soltanto di singoli (alcuni anche di grande successo, come Girasole, certificato disco d’oro). Lo abbiamo incontrato a Milano per conoscere meglio il suo progetto artistico che porta nuovi stimoli al panorama urban pop italiano, anche in virtù dell’approccio “happysad” che orgogliosamente rivendica per sé.
Oggi si dice che la musica è diventata “liquida”: in che modo lo è anche la nostalgia secondo te?
Il titolo nostalgia liquida ha più significati. È liquida perché pervade, perché arriva ovunque. Ma anche perché mi sono accorto di avere nostalgia di cose che non ho vissuto. Soprattutto con la quarantena, che è il periodo in cui ho iniziato a lavorare a questo progetto, mi tornavano dei ricordi che avrei voluto rivivere e altri che avrei voluto cancellare. La nostalgia è ricorrente in tutti i brani.
Hai detto: “Immaginate una parete immensa piena di fotografie. Questo è il mio EP”. Queste foto cosa o chi ritraggono?
Alcune sono foto che non mi hanno scattato. Sono un po’ sprofondato nel mio passato, fra cose che vorrei rivivere e altre meno. Le canzoni secondo me sono delle fotografie che ti riportano in un momento, sia per chi le scrive che per chi le ascolta. Come un profumo che ti riporta a un momento già vissuto.
Lavori abitualmente con il producer Jvli. Che dinamica creativa c’è fra voi due?
Lavoro con lui da marzo 2019. Ci siamo conosciuti a Torino. Girasole è stato il primo pezzo che abbiamo fatto, da lì non abbiamo più smesso di lavorare insieme. Ho lavorato tanto a questi pezzi in quarantena, quindi inizialmente ci si scambiava delle bozze. Lui è sempre stato un punto di riferimento: anche quando ho lavorato con Rocco Rampino o Estremo, lui è andato comunque ad arrangiare i brani per dare un filo conduttore a tutto il progetto.
In nostalgia liquida troviamo i featuring con due artisti di diversa estrazione musicale: Casadilego (Ora o Mai Più) e Axos (Pensieri Brutti). Come sono nate queste collaborazioni?
Molto “happysad” loro, nel senso che sono un po’ i due estremi. Ora o Mai Più era il brano che aveva bisogno di quella parte angelica, celestiale che lei ha portato. In Pensieri Brutti mancava quella “cazzimma”, quella poesia urbana, sporca, che secondo me ci andava. E Axos è il portabandiera di quel mondo. I due featuring sembrano proprio l’opposto uno dell’altro: se nel primo mi lascio andare di più, nel secondo esce più rabbia.
Hai descritto Colpa di Dio come “una psicanalisi lo-fi in cui, più che scrivere, vomito tutto quello che non ti direi”. Quando dici “lo-fi” ti riferisci proprio al genere musicale?
Sì, la produzione ha un tiro molto lo-fi: chitarrina, drum machine molto asciutta. Non abbiamo riempito molto. Il testo è molto autobiografico, ed è una “psicanalisi” perché butto fuori un sacco di cose. Per esempio dico: “Numeri, numeri, numeri, questa cosa mi uccide / A 16 volevo farmi fuori con una 45”. Una roba bella pesante, la volevo dire proprio nel primo pezzo dell’EP. Io porto tutto me stesso a 360 gradi in questo progetto, non ci sono canzoni di un certo tipo e basta.
Quello del lo-fi è un filone che in Italia sta iniziando a muovere i primi passi, penso per esempio a Fudasca…
Sì, lui spacca. In Italia sta arrivando adesso perché siamo sempre in “slow motion”. Un paio di anni fa è esploso anche grazie a TikTok perché hanno unito l’immaginario degli anime e dei manga con questo tipo di sound ed è diventato virale in tutto il mondo. Poi loro sono partiti da SoundCloud e hanno creato una community fortissima: collaborano a distanza anche senza essersi mai visti.
In Sopra di Me dici: “Oggi Torino sembra Londra”. In che modo la tua città fa da sfondo alla tua musica, alle storie che racconti?
È il primo pezzo che ho scritto per l’EP, non sapevo neanche che avrei fatto un EP. Avevo appena preso lo studio e guardavo fuori dalla finestra. Il cielo sembrava quello di Londra. Torino è una città molto fredda, questo pezzo era la perfetta colonna sonora. È un pezzo energico senza essere felice. Torino mi dà molta energia, nonostante non sia una città energica o “calda”.
Alcuni pezzi sono stati scritti in pieno lockdown, che è stato un periodo complesso per chi soffre per esempio di ansia o depressione. Nei tuoi pezzi di fatto parli molto di temi legati alla salute mentale: come l’hai vissuto?
Sì, mi sono accorto che la salute mentale viene molto sottovalutata, a differenza di quella fisica. Non c’è un’educazione al riguardo: un sacco di ragazzi come me, da adolescenti hanno subito dei traumi ma nessuno gli ha detto che avrebbero dovuto superarli in un certo modo, e nessuno glielo dirà mai. Quando lo scopri è troppo tardi. Forse solo adesso si comincia a dare importanza alla cosa.
Furia ha una sonorità molto pop punk, un genere che negli ultimi anni ha conosciuto un deciso revival.
Sì, tanti artisti all’estero l’hanno riportato in auge. Travis Barker ha fatto da “ambassador” producendo un sacco di artisti, come Machine Gun Kelly. In studio mi sono trovato ad ascoltare l’EP con Rocco Rampino, il progetto gli piaceva ma secondo lui mancava un brano che desse dinamica. Ci siamo messi subito su un pezzo che portasse un po’ di energia all’EP.
Spesso giochi con l’idea di “happysad”. Cosa significa per te questo termine? E come si traduce in musica?
È il mio mondo, oltre che il mio collettivo, il team di persone con cui lavoro. È una risposta per quando mi chiedono: “Che genere fai?”. Preferisco identificarmi con un luogo immaginario in cui persone diverse si ritrovano con un unico stato d’animo. La mia musica porta uno stato d’animo, più che un genere. La mia fase creativa e il mio rapporto con la musica sono in continua evoluzione.