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La nostra intervista a The André: da “Themagogia” all’Extra Factor

The André sarà l’ospite fisso di “Extra Factor”, il late night show post esibizioni del talent show di Sky Uno. Lo abbiamo intervistato

Autore Benedetta Minoliti
  • Il25 Ottobre 2019
La nostra intervista a The André: da “Themagogia” all’Extra Factor

Avreste mai pensato di sentire un medley di Happy Birthday di Sfera Ebbasta, Tutti i Miei Sbagli dei Subsonica e Senza Fare Sul Serio di Malika Ayane? Se la risposta è sì, avreste mai pensato di sentirle cantante tutte insieme dalla voce di De André? Probabilmente no. Ma è quello che è successo ieri sera, giovedì 24 ottobre, a Extra Factor, il “Late Night Show” del talent di Sky Uno.

In questa prima puntata del format condotto da Achille Lauro e Pilar Fogliati, è stato presentato anche uno degli ospiti fissi del programma: The André. Il cantante, che si è fatto conoscere sul web per le sue reinterpretazioni di alcuni brani indie e trap, rivisiterà in solo, o con un artista differente per ogni puntata, una canzone, ovviamente “in modo theandreiano”. La sua voce e la sua scrittura, capaci di omaggiare Fabrizio De André, sono un mezzo per raccontare, non senza un pizzico di ironia, la nuova musica pop.

The André canta con il volto “mascherato”, ma diciamocelo, della maschera ci interessa ben poco. La sua voce e la sua capacità di riarrangiare brani, di qualunque tipo, donandogli una nuova vita, riesce a mettere d’accordo tutti, anche i più scettici. Non è un cantante nato per generare hype intorno alla sua figura. Cantando, racconta in modo allo stesso tempo ironico e introspettivo il mondo musicale contemporaneo, strizzando sempre l’occhio, con tanto rispetto, al grande Faber.

Noi lo abbiamo incontrato qualche giorno prima dello show e gli abbiamo fatto qualche domanda. Da X Factor a Themagogia, il suo primo album di brani riscritti e riarrangiati da lui, dalla partecipazione al programma di Morgan Cantautoradio con Dori Ghezzi e Franco Mussida alle sue oltre 50 date in giro per tutta l’Italia.



Com’è nata la tua collaborazione con X Factor?

Mi hanno contattato tramite l’etichetta con cui lavoro, la Freak & Chic. Visto che quest’anno volevano rivoluzionare il palinsesto, rendendo Extra Factor più simile ad un talk show e meno a un secondo talent, hanno pensato di invitare un po’ di ospiti, tra i quali il sottoscritto. Farò dei brevi interventi durante tutte le puntate del programma e credo che sarà una cosa divertente. Spero che lo sarà soprattutto per le persone che ci guarderanno.

Dopo il medley realizzato per la prima puntata, dalle prossime ti esibirai in duetto con altri artisti. Hai già scelto qualche canzone da cantare?

Credo che la cosa più bella sia cercare di fare un pezzo dell’artista, magari abbastanza conosciuto, per ricreare l’atmosfera di quello che ho fatto fino ad ora, cioè sentire lo scarto tra com’era e com’è rifatta in un altro stile.

Tu ti esibisci sempre con gli occhiali e con il cappuccio. Ti spaventa andare in televisione?

Ho avuto diverse rassicurazioni su questa cosa. Non sarò estremamente visibile. Il motivo del non andare completamente scoperto è che vorrei ricreare la sensazioni che si ha quando mi si ascolta e basta. Non voglio che le persone siano disturbate dal vedere qualcuno di diverso che canta. Voglio creare una suggestione che vada al di là dell’immagine. Comunque questo essere leggermente coperto mi dà modo di poter salire sul palco, punto (ride, ndr).

Quindi per te è anche una questione di sicurezza?

Il cantare coperto non è partito per questo, ma per altri motivi. Poi mi sono reso conto che è molto utile. Infatti, quest’estate ho fatto una data a Codroipo, di mattina, è per me è stato fondamentale avere gli occhiali e il cappuccio. Io mi sentivo perfettamente a mio agio e il concerto è andato veramente bene. Ho capito che la dimensione della poca visibilità mi aiuta anche come performer.

Ti è mai capitato di non sentirti preso sul serio per quello che fai?

Sempre. Ma neanche io mi prendo sul serio. Il progetto è partito come una goliardata, poi man mano è diventata una cosa un po’ più seria. Credo che il non insistere sul fatto che si fa qualcosa di serio permette di apprezzare la serietà che invece c’è in quello che faccio. Io mi prendo continuamente in giro comunque, anche durante le esibizioni. Insieme agli altri che sono con me sul palco facciamo dei mini sketch, delle presentazioni tra un brano e l’altro, che fanno capire che neanche noi ci diamo grande credito.

E sui social? Quali sono le reazioni?

All’inizio ricevevo tanti insulti, soprattutto quando non si capiva bene cosa fosse. È stata una cosa che prima non c’era e poi così, all’improvviso, era lì. Molti fan di De André che mi hanno scoperto all’inizio hanno gridato alla blasfemia. Io all’inizio avevo un senso di colpa sotteranneo che lavorava, però poi dopo aver ricevuto il nulla osta della (santa) Dori Ghezzi mi sono sentito autorizzato a continuare.


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A proposito di Dori Ghezzi: hai partecipato al programma di Morgan Cantautoradio su Rai Radio2. In questa occasione hai cantato insieme a loro e a Franco Mussida. Com’è andata questa esperienza?

È stato molto bello, perché ho cantato con Dori Ghezzi delle canzoni di De Andrè, cosa che in realtà non è successa quasi mai, se non all’inizio, a qualche live. Era una cosa inedita. Morgan è stato molto bravo a condurre e a scegliere i pezzi adatti per cercare di raccontare chi era Faber.

Non era la prima volta che incontravi Dori Ghezzi, giusto?

No, l’avevo già incontrata l’estate scorsa. All’inizio eravamo abbastanza impauriti che, nel momento in cui avesse scoperto tutto quanto, avrebbe detto «Non si può fare, chiudete tutto!». Invece è stata proprio lei, dopo aver saputo quello che facevo, a volermi incontrare. Ci siamo visti alla Fondazione De André e ha dimostrato di apprezzare l’ironia e di capire che non era una cosa fatta con intento offensivo, ma era un mio personale omaggio.

Parliamo del tuo album Themagogia – Tradurre, Tradire, Trappare. Ci sono una serie di brani di “fenomeni del web”, da Truce Baldazzi a Young Signorino, che tu hai riscritto e riarrangiato. Qual è il tuo processo creativo e perché hai scelto questi brani?

Il mio è un lavoro di riscrittura, quindi io prendo il brano, conservo magari il tema generale o qualche parola chiave, e lo riscrivo completamente. Anche perché non sono più testi in metrica rap, ma seguono la canzone popolare. Ho preso brani abbastanza trash che, secondo me, potevano essere reinterpretati in una chiave diversa. Potevano tutti nascondere un messaggio, come nel caso di Vendetta Vera di Truce Baldazzi che è diventato un inno all’amore, o La Canzone dell’Affito (No Pago Afito di Bello Figo) che è diventata una canzone d’impegno sociale. Sono tutte canzoni che potevano dare adito a qualcosa di un po’ più significativo del semplice fenomeno trash.

E dopo tutti questi vari fenomeni trash, abbiamo Madonnina, riscrittura di O Mia Bela Madunina di Giovanni D’Anzi…

Qui ho fatto la stessa operazione, ma per una canzone un po’ più seria, ma molto popolare. Ha la stessa popolarità di un video virale su YouTube. Ho provato a riscriverla, in modo meno goliardico e più introspettivo.



Nel disco c’è anche una riscrittura di un brano della Dark Polo Gang (Britannico) e la cover di Habibi di Ghali. Qualcuno di questi artisti ti ha mai contattato per farti sapere cosa ne pensa del tuo progetto?

Dei trapboy no. Ho avuto contatti indiretti solo con Ghali, perchè abbiamo dovuto chiedere il permesso per inserire la sua cover, che è l’unica dell’album.

Nel disco ci sono anche due inediti: Una Canzone Indie e Originale. Partiamo dalla prima: come vedi la scena indie? È ormai satura o c’è ancora un po’ di speranza? Soprattutto, qual è il messaggio di questo brano?

Sì, credo e spero che ci sia ancora speranza. Con questa canzone volevo sottolineare come ho preso i fenomeni indie. Ho scelto alcune canzoni e ho provato a fare una riscrittura. Quello che è venuto fuori era un po’ una presa in giro, perché essendoci, oltre ai 10 mostri sacri dell’indie italiano, una pletora infinita di altri cantanti, tra cui magari potrei inserirmi anch’io (ride, ndr), per forza di cose i temi sono ripetitivi.

Originale invece è un brano autobiografico…

Sì, esatto. Mi serviva qualcosa per chiudere il cerchio del disco, dopo tante reinterpretazioni. Io continuavo a ricevere degli input per scrivere qualcosa di mio. Allora ho provato a fare questa sorta di dissing, che alla fine è un dissing a me stesso, dove racconto la mia storia. Prometto, è tutto vero!

Nuovi progetti?

Diventare il miglior musicista in Italia. No, scherzo. Da quando è partito questo progetto, ci siamo mossi navigando a vista. Adesso, invece, abbiamo abbastanza margine per dei progetti più complessi e per rendere tutto qualcosa di effettivamente serio. Vorremmo trasformarlo in qualcosa che si può reggere in piedi da solo.

Hai fatto tantissime date quest’estate, oltre 50 in giro per tutta l’Italia. Hai un altro tour in programma?

Sì, il tour è in lavorazione per la prossima primavera.



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