Billie Eilish: intervista a Valeria Sgarella, autrice del nuovo libro sulla bad guy del pop
Per Centuria è uscito Billie Eilish, la bad guy del pop, un volume dedicato alla cantante che ha ridisegnato le regole del pop a colpi di tarantole. Lo ha scritto Valeria Sgarella e le illustrazioni sono di Paolo Moscheni. Ne abbiamo parlato con l’autrice e sono saltati fuori un sacco di argomenti: Britney Spears, i Beatles, TikTok, Hollywood e Napster. Di striscio ci sono pure Rocco Hunt, J-AX e Boomdabash
C’è chi, con i tempi che corrono alla velocità di Marcell Jacobs, potrebbe essersi già dimenticato gli esordi di Billie Eilish. A riportarci a quegli anni, che, spoiler!, non sono poi così distanti è il libro edito da Centauria Billie Eilish. La bad guy del pop, scritto da Valeria Sgarella e illustrato da Paolo Moscheni.
Ogni capitolo del libro è il frutto di una selezione legata agli eventi importanti e alle passioni di Billie Eilish. C’è il riferimento al migliore live performance, al singolo che ha fatto la differenza. Ma anche al video (dai tratti horror), alla sua comunicazione sui social, ai personaggi della sua vita, o da individuare o da colorare. Anzi, più che di passioni nella sua accezione neutra, si tratta di “una serie di geekness di Billie Eilish”, per dirlo con le parole di Valeria Sgarella, con cui ci siamo fatte una chiacchierata in proposito.
Le somiglianze con Stranger Things
Prima, però, di entrare nel vivo, c’è una cosa da dire subito, per creare la giusta atmosfera: sarà il momento, sarà l’età dei protagonisti, le illustrazioni e le storie raccontate in questo volume fanno un po’ da trasfert in un universo che ha tutto il sapore di Stranger Things.
È come se, con un mix di ingredienti simili, per magia, in un certo punto, a una certa ora, per certi allineamenti non ancora spiegabili, ci fosse stato un identico Big Bang da cui sono emersi pianeti pop, musicali o d’immaginario, che hanno ampliato la cosmogonia musicale (e non solo) seguendo regole uguali.
Le coincidenze seriali hanno dato risultati così: l’anno di uscita di Stranger Things è lo stesso che ha incoronato Billie Eilish come nuova stella del pop con la pubblicazione della sua ballad Ocean Eyes (il 2016). La passione per i ragni (e in generale noir) di Billie Eilish ricorda un po’ la stagione 4 di Stranger Things, ma niente spoiler!
La retromania, che in Stranger Things sa tanto di anni ’80, in Billie Eilish sa di Beatles, ovvero delle sue prime cover strimpellate con cui l’artista si è affacciata al mondo della musica e delle piattaforme online.
Passato e presente che si mescolano, senza però parlarsi
E cominciamo da qui, da questa commistione speciale di antico e nuovo, che ha fatto un certo effetto a Valeria Sgarella. «Mi ero intrippata con un pezzo che si intitolava Ocean Eyes. Ho pensato: “Un pezzo di fattura così vecchia, cantato da una ragazza così giovane’”. Era una ballata assolutamente naif e si capiva che non era Selena Gomez».
Tutta la storia di Billie Eilish, in effetti, parla di un passato e di un presente che si mescolano, ma a volte non si parlano proprio. «Sentivo un’intervista che ha fatto a una radio canadese. L’intervistatore le ha dovuto spiegare cosa fosse Napster, perché lei non ne aveva idea. “Ma che piattaforma era?’”, dice lei. E lui risponde: “No, guarda, veramente era tutta piratata”. Ehi, è nata nel 2001: opera in un mondo che noi abbiamo visto e vediamo con tutta una serie di device in più. Ho pensato che è come se le mancasse tutto un tomo di cultura della diffusione musicale. È un’artista di grande calibro, che ha trovato un successo debordante attraverso i canali social, senza Napster, senza la pirateria, senza quello che abbiamo attraversato noi (Valeria Sgarella è del 1973, ndr). Però fa niente, perché lei è quello che è, anche perché l’ha fatto così».
C’è un ingrediente in più, poi, per quel magma anacronistico e contemporaneo e creativo. «Il successo di Billie Eilish è dovuto in maniera egualmente condivisa con il fratello Finneas, che è produttore e musicista di estremo talento. Le loro fonti di ispirazioni sono movimenti musicali di cui noi non abbiamo idea. Billie per l’ultimo album ha come punto di riferimento The Dø. È un gruppo che si è formato a Parigi e che, a detta di lei, le ha svoltato la vita. È una synth band con tutta una costruzione di canzone che a noi non risulta nuova, ma a lei sì. Giustamente. Per esempio, in un’altra intervista ha citato Avril Lavigne, i Green Day, i My Chemical Romance, la scuola elettronica del Nord Europa. Questo anche perché suo fratello ascoltava di tutto. Alla fine sono cresciuti in simbiosi. È un duo».
Valeria Sgarella, a volere vedere le influenze musicali, peraltro, viene da un mondo musicale distante da quello di Billie Eilish. Il suo ultimo libro è Oltre i Nirvana. Sub Pop Records: storia di una casa discografica dal 1988 sull’orlo della bancarotta. E prima ancora aveva scritto Seattle. La città. La musica. Le storie e Andy Wood. L’inventore del grunge. Per dire. Da un certo punto di vista è stato quasi naturale, ricordare il commento di Dave Grohl su Billie Eilish, proprio quando il suo successo era tutto in salita.
Il “the nicest guy in rock” ha dichiarato: “Quando siamo andati a vedere il suo concerto a Wiltern, Billie ha dimostrato di avere lo stesso tipo di connessione con i suoi spettatori che, nel 1991, avevano i Nirvana nel 1991. Il pubblico conosceva ogni singola parola di tutte le canzoni che ha proposto”.
Seguendo il flusso sui Nirvana, Valeria Sgarella ha commentato: «Billie Eilish è stata in grado di tirare una mina in un mondo pop che aveva delle regole coerenti. Lei le ha completamente ribaltate. I Nirvana hanno fatto lo stesso portando la musica alternativa nel mainstream e facendo esplodere un sistema che era già consolidato da tempo. Il percorso di Billie Eilish, però, è stato completamente diverso da quello dei Nirvana perché il suo passaggio da un mondo sotterraneo a un mondo mainstream è stato molto rapido. Inoltre ha avuto dei mezzi che i Nirvana non hanno avuto. Billie Eilish ha pubblicato i suoi primissimi singoli su delle piattaforme online – Badcamp, per dirne una – e si è creata un pubblico fedele, anche se non inizialmente foltissimo. Da lì, è bastato un singolo particolare, che ha girato in modo un po’ diverso, per arrivare al successo».
Billie Eilish e il rapporto con i social
Quando Valeria Sgarella parla del rapporto di Billie Eilish con le piattaforme online, ma vale anche per i social, viene quasi naturale pensare a quello che di recente hanno dichiarato alcuni artisti come Halsey, Charli XCX, FKA Twigs, Ed Sheeran a proposito delle pressioni che ricevono per pubblicare su TikTok.
C’è quindi da chiedersi che cosa Valeria Sgarella abbia visto di sano nella relazione tra Billie Eilish, i suoi social e la musica. «Bisogna andare a scavare nella famiglia. Lei è figlia di due attori di Hollywood, che non sono attori rinomati, ma che hanno vissuto di questo mestiere. Fin da quando era piccola, ha avuto – e questo lo racconto anche nel libro – l’abitudine di riprendere qualsiasi cosa, anche irrilevante. Ha creato una sorta di archivio di home video».
E ancora: «Quando si è trattato di usare l’immagine per condividerla con altri, per lei non è stato un grande problema né una barriera. Come ha raccontato lei, il casino è cominciato quando è diventata famosa e ha dovuto fare i conti con le critiche al suo aspetto e al suo corpo. Per lei il problema non sono mai stati i social, ma gli hater. La necessità di mettere sé stessa sulle piattaforme l’ha sempre avuta, era naturale. Ci sono artiste che fanno fatica a farlo. Per Billie Eilish, invece, either you have a picture or it didn’t happen».
Viene quindi da chiedere a Valeria cosa abbia Billie Eilish che non hanno magari avuto artiste donne o di oggi o del passato. «Spregiudicatezza, l’assenza del timore di non piacere, il fatto di avere abbattuto delle barriere rispetto all’insicurezza sul proprio corpo, come gli ultimi due video che ha fatto (Male Fantasy e Happier Than Ever, ndr). Lizzo o Megan Thee Stallion lo hanno fatto da tempo e si presentano in tutta la loro debordante abbondanza. Non è facile, però, per un’artista bianca. Sembra un aspetto banale, ma facendo la carrellata di artiste donne che sono tra le prime in classifica non trovo un coraggio così. Sono sempre tutte attente a non sgarrare e non dare in pasto alle persone le proprie imperfezioni».
E ancora: «È riuscita a cavalcare delle difficoltà, rendendole pubbliche, vedi la sindrome di Tourette. Con inoltre alle spalle un mondo orrifico, un po’ noir, che rappresentava nelle canzoni e nei video. Una specie di maledettismo. Basti pensare al video di Bury a Friend, in cui una tarantola le esce dalla bocca. Non è una cosa facile».
Valeria Sgarella e le previsioni sul futuro di Billie Eilish
Rimane la curiosità di capire anche quale sia la previsione di Valeria Sgarella su Billie Eilish e sul suo futuro. «Ha avuto un boom e l’apice è stato con When We All Fall Asleep, Where Do We Go?. Ha avuto molti riconoscimenti grazie alle creature del suo primo album. Per dirne una, è stata l’artista più giovane a ricevere un Grammy per Migliore Album dell’Anno. Poi è arrivata la pandemia e nel 2021 ha fatto Happier than Ever, un secondo disco che è completamente diverso, per scelte musicali, produzione, immagine di sé».
«Quel duo di cui fa parte con il fratello Finneas probabilmente sarà lo stesso da cui lei sentirà il bisogno di staccarsi prima o poi. La loro, insieme ai genitori, è una vera impresa familiare. La storia mi insegna che questo meccanismo si spezza, vedi Britney Spears. Non dico che questo debba essere per forza l’epilogo.»
«Ascoltavo questa intervista che ha fatto con Howard Stern l’anno scorso. Era esilarante. C’erano loro due, Billie e Finneas, e i genitori. Howard Stern tirava in ballo i genitori e diceva: “Scusate, ma come si fa tecnicamente (NdR. proprio in termini di scroto e vagina) a concepire due talenti così? Dove eravate? In che posizione l’avete fatto? Che periodo? Insomma, come funziona la fabbrica di geni, nel senso plurale di genio?”. La maggior parte degli artisti, parlando della propria famiglia, si sarebbe sotterrata dalla vergogna. E invece erano lì, tutti e quattro, a discettare di come avessero le gambe in quel momento. L’ho trovato un punto elevatissimo di impresa familiare, perché non è finta, ma è vera».
«Mi chiedo solo quanto durerà questa simbiosi perché lei sarà sempre più grande e vorrà essere sempre più indipendente. Ci sono tanti produttori nel mondo. Chi mi dice che un giorno lei non dica: “Vabbè, mi sono rotta: ora voglio produrre con Mark Ronson, con Diplo, con i Boomdabash”». Magari gli stessi Boomdabash che insieme a Rocco Hunt e J-Ax l’hanno citata nel tormentone estivo Ti Volevo Dedicare. Dicevamo a proposito di Billie Eilish che è entrata nell’immaginario pop in modo repentino? Ah, ecco.
Articolo di Mary Adorno