Jovanotti su “Non voglio cambiare pianeta”: «Tutorial della Fase 2?»
Nel corso di una videoconferenza su Zoom, Jovanotti ha raccontato il docu-trip sul suo viaggio in bici in Sud America, disponibile da venerdì su RaiPlay
Una strada lunga dove non si intravede la fine, circondata solo da un paesaggio quasi desertico e dalle montagne in lontananza, con la luce abbagliante tipica del Sud America. È quello che Lorenzo Jovanotti ha avuto (spesso) come sfondo per la sua avventura in bicicletta tra gennaio e febbraio di questo anno e che ha anche scelto come backdrop per la videoconferenza di oggi con i giornalisti italiani.
Il suo documentario Non voglio cambiare pianeta, dove ha raccontato questo – bisogna dirlo – meraviglioso viaggio, sarà disponibile su RaiPlay, canale sempre più ricco di contenuti, a partire da venerdì 24 aprile. L’instancabile cantautore ha scelto di raccontare queste 15 puntate di 15 minuti (più una: il ritorno) con la modalità che tutti utilizziamo ogni giorno per le call di lavoro o con gli amici. Su Zoom.
Da Santiago del Cile a Buenos Aires: 4mila chilometri attraverso le Ande (ha superato anche i 5mila metri), i deserti, le coste oceaniche, i parchi, le pampas, i villaggi sperduti e la grande città. Immagini che colpiscono come non mai in un momento in cui viaggiare è vietato e siamo costretti a stare a casa.
«Dopo l’incredibile bagno di folla nei mesi precedenti del Jova Beach Party ho deciso di prendere e partire per stare sulla strada», ha raccontato Lorenzo, «non avevo pensato subito a RaiPlay ma pochi giorni prima di prendere il volo li ho contattati e mi sono messo d’accordo. Del resto, potevo riprendere tutto facilmente con la GoPro, dato che si possono fare viaggi pazzeschi rimanendo molto leggeri». Il tutto poi è stato montato da Michele Lugaresi e ideato insieme a Federico Taddia.
«Questo potrebbe essere il tutorial della Fase 2 di cui si sta tanto parlando in questi giorni», ha scherzato (ma non troppo) Jovanotti, «perché mostra come una persona possa mantenere la distanza mentre si muove. Presenta grandi panorami e la possibilità di fantasticare».
La colonna sonora
Tutto il lavoro sulla colonna sonora è stato fatto in questi giorni di lockdown. «È stato veramente divertente e sono riuscito a farmi passare le giornate. Mi mettevo a comporre con la mia chitarra e poi mandavo i file a Fresco (il produttore Leonardo “Fresco” Beccafichi ndr) che li mixava».
La poesia
Ma in Non voglio Cambiare Pianeta ci sono anche tante riflessioni esistenziali e tanta poesia. «Leggo sempre sul finale al cellulare una poesia: Sepùlveda, Neruda, Primo Levi, Borges, Erri De Luca, Jorge Carrera Andrade, Antonio Machado e altri». Anche il titolo del docu (docutrip?) sono dei versi tratti da Il Pigro di Pablo Neruda.
Gli incontri
Ed è ricco ovviamente di incontri umani, di quelli che si possono fare meglio quando fatichi tutto il giorno in bicicletta e sei da solo (Lorenzo è stato raggiunto dall’amico Augusto di Forlì solo nella difficile tappa delle Ande dove hanno superato insieme i 5mila metri, con la conseguente scarsità di ossigeno). «Ho incontrato Jorge, per esempio, in un paesino del Cile. Ho visto quest’uomo di origine libanese che era come il mio babbo in miniatura! Mi ha fatto fare un giro nei dintorni. E poi ci siamo messi a cantare Nicola di Bari, Modugno, la Pausini, Lisa dagli Occhi Blu: è stato bellissimo».
Scoperte musicali
E anche di scoperte musicali di Jovanotti. «Seguo da anni la musica sudamericana, anche se adesso ciò che si ascolta lì, come nel resto del mondo, è solo il reggaeton. Però io lo dico da tempo che è un genere che va considerato perché è un mix incredibile di hiphop e sensualità, quindi era abbastanza normale che avrebbe trovato tutto questo successo (anche se ci sembra a volte di non sopportarlo più!). Poi ho scoperto questo folk argentino che parla di guachos e pampas e ha persino dei testi interessanti. E poi mi piace – ma questo da tempo – il rock argentino con artisti come Luis Alberto Spinetta».
Il futuro della musica
Lorenzo ha riflettuto anche sul futuro. Dopo aver dribblato in fretta la domanda sul festival di Sanremo e su un suo presunto coinvolgimento da parte di Amadeus e Fiorello («Chissà dove saremo nel febbraio 2021!») ha osservato che le dirette streaming non potranno mai sostituire i concerti reali. «Se devo pensare alla musica live che possa essere solo quella suonata con chitarra su Instagram mi viene male! Anche se penso alla musica nei drive-in non mi consola per niente).
Un 25 aprile diverso
Qualcuno gli fa notare se è una coincidenza il fatto che il suo documentario esca proprio il giorno prima del 25 aprile. «È una coincidenza. Ma si sa le coincidenze non esistono. Questo è un 25 aprile importante. Sono tutti importanti ma questo un po’ di più. Ci mette in contatto con una parola importante: liberazione. Perché questa è la festa della Liberazione non della libertà. Noi stiamo esercitando la nostra libertà in maniera anomala: ci stiamo fidando di ciò che ci dicono. Dobbiamo festeggiare: La Liberazione non muore mai».
I messaggi Jovanotti/Muccino
Infine, il racconto di uno scambio di battute tra amici che meglio di ogni altra cosa può spiegare lo spirito di Jovanotti. «Un giorno ho mandato una foto a Gabriele Muccino e lui mi ha risposto: “Sei un pazzo. Vivi come un ventenne”. Io gli ho mandato uno smile. Poi, però ci ho pensato: io non ho vissuto quel viaggio come un 20enne. Ha 20 anni il viaggio ha un senso – importantissimo – d’iniziazione ma a 53 ha un significato completamente diverso. Io cerco di vivere quello che voglio vivere per crescere ancora come persona. Certo sfrutto dei privilegi che ho. Quando ero piccolo non avrei potuto fare questi viaggi. Ora sì, sono fortunato e lo posso fare. Ai ragazzi comunque dico una cosa importante: leggete e viaggiate».