Michele Canova è diventato CanovA: «Il pericolo nella musica? La mancanza di rischio»
Il super-produttore da record ha intrapreso un percorso in prima persona con i singoli Sorpresa con Nayt e Benedetto l’Inferno con Gianna Nannini e Rosa Chemical. Ecco un estratto dell’intervista che leggerete sul prossimo numero
La lista degli artisti che hanno lavorato con lui è davvero infinita. Da Jovanotti a Marco Mengoni, da Tiziano Ferro (tutti gli album fino al 2017) a Fabri Fibra. Giorgia, Giusy Ferreri, Biagio Antonacci ma anche Janet Jackson, Alanis Morissette, John Legend, Alicia Keys e la Dark Polo Gang. C’è stato un momento (diciamo tra il 2000 e il 2010) in cui, se qualcosa andava forte in radio in Italia, quasi sempre la produzione era firmata da Michele Canova Iorfida.
Ora in Italia ci sono anche altri nomi di produttori che stanno avendo un successo enorme e hanno firmato in prima persona il proprio lavoro. Di settimana scorsa è X2 di Sick Luke (il terzo debut album più ascoltato al mondo), un anno fa era uscito Mace, nel 2020 tha Supreme. Per non dire quanto il ruolo di produttore in generale sia enormemente cresciuto con i nomi di Charlie Charles e Dardust, giusto per fare due esempi.
Canova ha deciso di mettersi in gioco in prima persona: il suo nuovo progetto si chiama CanovA e vuole assolutamente creare combinazioni sorprendenti e inaspettate. Come quella di Gianna Nannini con Rosa Chemical. Dopo il singolo Sorpresa con Nayt, venerdì 7 gennaio è uscito il singolo che vede i loro due feat., Benedetto l’inferno. E a cadenza piuttosto regolare usciranno i suoi nuovi brani.
E se Michele Canova, classe 1972, precursore di molte tendenze, ha deciso di metterci la faccia ora, non è certo per seguire un’idea di successo. Ci risponde via Zoom da Los Angeles, dove vive stabilmente da più di dieci anni anche se spesso torna in Italia, a Milano. Ecco un estratto dell’intervista che leggerete integralmente sul numero di febbraio di Billboard Italia.
I prossimi singoli che usciranno avranno tutti delle accoppiate così bizzarre come Gianna Nannini e Rosa Chemical?
Non voglio creare così tanto stupore ogni volta come in questo caso! Questa è stata un’idea matta che è venuta a me e ho subito avuto un buon riscontro sia dalla Nannini, con cui collaboro da molti anni, che da Rosa Chemical. A Gianna ho fatto sentire Polka di Rosa Chemical ed è impazzita. Per Manuel, ovvero Rosa (e sua madre!), Gianna è sempre stata un mito, quindi via: in 5/6 ore il pezzo era pronto.
Produrre in pochissimo tempo è una tua modalità consueta?
L’ho imparato qui negli Stati Uniti e ora questo metodo è diffuso anche in Italia. A Los Angeles non ci si dà mai appuntamento prima delle 12, perché prima c’è un traffico incredibile. Poi però si fa tutto in quattro e quattr’otto. È bello perché si raccoglie tutta l’energia che si sviluppa in una stanza: positiva o negativa che sia! L’importante è che si senta qualcosa.
Anche negativa?
Certo, mi è capitato di lavorare con alcuni produttori Disney coi quali si era sviluppata troppa competizione e non c’era affatto un’atmosfera distesa. Però anche se nasceva da una frizione almeno era un sentimento! Perché il nemico numero della musica è la noia e la mancanza di rischio. Per rischio intendo avventurarsi in accordi mai fatti, il parlare di qualcosa di cui non si è mai parlato o mischiare due personaggi che mai si sarebbe immaginato. O anche giocare con concetti estremi come quello dell’inferno, per tornare al mio ultimo singolo. Sappiamo tutti che sulle piattaforme di streaming l’attenzione va catturata nei primi dieci secondi di una canzone. Poi contano anche la copertina e il titolo, ma un suono iniziale dissonante può cambiare tutto.
Cosa pensi delle produzioni super pop che andavano molto soprattutto qualche anno fa, magari in radio?
Penso che stiano tornando ora!
Avrei detto il contrario.
Guarda una come Ariete, che mi piace moltissimo. Nasce come super indie ma il risultato è pop. Oppure l’urban che sta diventando pop, come Ernia. Superclassico sembra un brano di Jovanotti del 1994, quando dal rap ha incominciato a scrivere canzoni. Le canzoni servono sempre, sono fondamentali. Per esempio, la trap per la trap sta un po’ sparendo. Vedi anche Cambiare Adesso della Dark Polo Gang, e non lo dico perché l’ho prodotta io ma perché segna il loro cambiamento. E direi che è andata bene, con più di 70 milioni di stream.
E del ritorno del rock?
Io non lo vedo molto. Anzi, credo che il rock suoni male su Spotify. Posso anche abbozzare una spiegazione tecnica: i produttori rock sono tutti piuttosto anziani. Vogliono tutti la registrazione di strumenti veri e utilizzano tecniche piuttosto antiquate e suoni rimasti agli anni ’70, ’90 al massimo. Tutto ciò, ascoltato con le casse di oggi, risulta moscio! Perciò sono convinto di una cosa: il primo che produrrà rock con i suoni di oggi spaccherà! Come chi inserisce una 808 distorta, per esempio. Ce ne sono: Yungblud, che utilizza suoni molto secchi e tight. Oppure Halsey, prodotta da Trent Reznor e Atticus Ross dei Nine Inch Nails: super interessante.
Come hai vissuto il fatto che abbastanza recentemente siano state interrotte tue collaborazioni storiche come quelle con Jovanotti e con Tiziano Ferro?
Piuttosto serenamente perché loro due si sono trovati davanti degli idoli loro (e miei!) come Rick Rubin per Lorenzo e Timbaland per Tiziano. Cosa avrei potuto dire? È ovvio che ti piacerebbe lavorare con quegli artisti per sempre, a loro non posso recriminare nulla! È come se Robert Smith dei Cure mi avesse chiesto a 20 anni di suonare come batterista per lui. Avrei mollato mamma, fidanzata, amici e ci sarei andato di corsa!